Dopo sei mesi di attività (il primo post risale al 15 gennaio 2021), ci prendiamo il piacere di riassumere, durante questo mese di agosto, i post pubblicati per ora, suddivisi per argomento: pubblichiamo periodicamente degli indici ragionati per guidare i lettori nella grande quantità di materiale finora apparsa su Solarpunk Italia. Il primo indice è dedicato agli interventi sulla natura e le caratteristiche del solarpunk, e agli interventi tradotti da altre lingue.

Franco Ricciardiello
riflessioni sul solarpunk a cura di Silvia Treves - botanical minded city by kamikaye deviantart

Riflessioni sparse sul Solarpunk

Silvia Treves, repost da Esercizi di dubbio

La partecipazione all’antologia Assalto al Sole, prima antologia solarpunk di autori italiani, mi ha spinto a interrogarmi sulle caratteristiche e sui molteplici significati e obiettivi del solarpunk, che non è una semplice diramazione della fantascienza ma un vasto movimento, una visione del mondo, una riflessione sul futuro.

Solarpunk è la fantascienza (e l’alternativa sociale alla catastrofe)

Domenico Gallo, repost da Pulp Libri

Volendo superare la distopia in cui viviamo, oltre alle lotte diffuse di natura sindacale e individuale, è necessario un lavoro collettivo di costruzione dell’immaginario, di tessitura culturale e di riconoscimento e integrazione delle reti che si oppongono al capitalismo.

Decorare i pannelli solari è un crimine?

Elvia Wilk, traduzione da e-flux architecture di Silvia Treves

Il Solarpunk intende strappare la fantascienza sia dalle fantasie magico-tecnologiche dello Steampunk sia da quelle sulla tecnologia deviata del Cyberpunk. “Siamo in un romanzo distopico, ma un noioso romanzo distopico scritto da uomini bianchi”.

Solarpunk, o come essere radical-ottimista

Jennifer Hamilton, traduzione da The Conversation di Silvia Treves

A un primo passo, il Solarpunk sembra capovolgere il principio centrale del punk. La sua attività è immaginare il futuro. Inoltre, se esegui una ricerca di immagini online per il termine “solarpunk” troverai metropoli colorate e verdeggianti, abbigliamento comodo di foggia neo-contadina e  forse, un bimbetto in piedi accanto a un pannello solare di fronte a una yurta.

Oltre il cyberpunk, verso un futuro solarpunk

Steve Lord, traduzione da Tales from the Dork Web di Silvia Treves

Viviamo in un mondo definito dal paradosso di risorse finite e dall’illusione di un’infinita crescita economica. Siamo bombardati da messaggi che lavorano contro di noi. Ci viene detto di continuare a comprare, continuare a spendere, e continuare a condividere. Scatta un selfie, continua a dire apertamente alle persone che sai quanto bella è la tua vita. Non lasciare che il terrore esistenziale prenda piede. Non lasciare che il terrore esistenziale prenda piede. Non lasciare che il terrore esistenziale prenda piede…

Solarpunk come infrapolitica anarchica

Conor Owens, traduzione da Solarpunk Anarchist di Giulia Abbate

Il solarpunk è futurista, ma di un futurismo radicato e pratico. Fonda le sue visioni di vite alternative su tecnologie, costumi e modi di essere che già esistono nel presente, ma vi estrae ciò che è liberatorio ed ecologico in questo momento e lo sposta dalla periferia dell’ordine mondiale verso il suo centro. È simile in modo notevole al metodo dell’anarchismo sociale: estrarre  il liberatorio da ciò che già esiste.

“Città di Luce”: antologia solarpunk gratuita della Arizona State University

Andrew Liptak, traduzione da TOR-COM di Franco Ricciardiello

Da diversi anni ormai, il Center for Science and the Imagination dell’Arizona State University esplora l’intersezione tra scienza e fantascienza, utilizzando la narrativa come un modo per immaginare come potrebbe essere un futuro plausibile. Il Center ha pubblicato questa settimana una nuova antologia, Cities of Light: A Collection of Solar Futures, con racconti di Paolo Bacigalupi, S.B. Divya, Deji Bryce Olukotun, Andrew Dana Hudson, insieme a saggi di supporto e di saggistica. L’antologia è gratuitamente online.

Perché il solarpunk, non il cyberpunk, è il futuro di cui abbiamo bisogno adesso

Pat Riley, traduzione da OneZero di Silvia Treves

Le nostre opere di fantascienza preferite stanno diventando una realtà che impatta sulla nostra vita quotidiana. I recenti eventi ci hanno messo un po’ a un bivio. Abbiamo davanti a noi l’opportunità di continuare su questa strada, o usare questa crisi come un campanello d’allarme per orientare il nostro futuro verso un mondo che sia più equo, sicuro e responsabilizzante per tutti. Siamo, proprio ora, gli eroi del nostro viaggio.

Tecnologia indigena come strumento di resilienza climatica: “Lo-TEK”

Julia Watson, traduzione dalla Harvard University School of Design di Giulia Abbate

Il settore del design è a un punto di svolta. Deve sfidare il suo repertorio, ripensare la tecnologia e iniziare a vedere la biodiversità come un elemento costitutivo degli ambienti urbani. “Lo-TEK” indaga il movimento attraverso una base di conoscenze comprovate: più di 100 innovazioni indigene da 20 paesi. Sono divise per ecosistema – montagne, foreste, deserti e zone umide – il che sottolinea il legame tra le tecnologie e gli ambienti e le comunità che le hanno originate.

Questa scintillante confluenza di magia e tecnologia

Rhys Williams, traduzione da Open Library of Humanities di Silvia Treves

Il solarpunk è un sottogenere emergente della fantascienza e del fantastico ampiamente caratterizzato dall’immazione di futuri sostenibili dopo la transizione energetica. In particolare, racconta futuri in cui la transizione energetica non è solo una questione di innovazione tecnologica, ma anche di cambiamenti nelle relazioni sociali e dei sistemi di valore. Accanto alla profusione di tecnologia solare, le comunità di piccole dimensioni o le eco-città-stato egualitarie sono un obiettivo più comune delle nazioni, la proprietà comune è spesso la norma, e gli ideali di comunità, l’attenzione e l’umiltà, in particolare per quanto riguarda il rapporto dell’umanità con l’ecosistema, sono privilegiate al di sopra della crescita economica o della competizione.

Il solarpunk sta sviluppando un nuovo splendido mondo nelle crepe di quello vecchio

Carin Ism e Julien Leyre, traduzione da Singularity Hub di Silvia Treves

A cosa somiglierà? Che odore, suono, sapore avrà? Cosa sembrerà il futuro? E perché sulla Terra – e altri pianeti – queste sono questioni rilevanti, soprattutto considerando il caos che sta accadendo nel mondo, proprio qui e ora? In poche parole: perché quelle esperienze sensoriali del futuro saranno la prova finale per capire se abbiamo superato questa difficile era. Finché saremo esseri incarnati, che elaborano il mondo attraverso i nostri sensi, non ci sarà un Graal più santo che assicurarsi che quel che i nostri sensi registrano sia piacevole. In sostanza, se ciò che esiste nel nostro mondo, sia bello sia doloroso, possa essere compreso in termini estetici.

Distopia vs solarpunk: una riflessione

Carmine Treanni, repost da Fantascienza.com

Quando un nuovo filone della science fiction si affaccia nel panorama editoriale internazionale, comincia a consolidarsi nella mente dei lettori e nelle recensioni dei critici e sgomita per farsi strada nell’affollato e variegato mare magnum dei sottogeneri della speculative fiction, è quasi naturale che si cominci a paragonarlo con altri sottogeneri, per individuare differenze e/o similitudini, sotto tutti i punti di vista. Si inizia a cercare anche eventuali precursori, in termini di racconti, romanzi e scrittori; oppure si delineano percorsi letterari o sociali che hanno portato alla nascita di quel genere di narrativa. Si avvia, in definitiva, un processo che tende a legittimarlo.

Che fare se il mondo non finisce?

Sarena Ulibarri, traduzione da Strange Horizons di Franco Ricciardiello

Molto prima di concepire la coltivazione di orti nelle pianure post-apocalittiche del Wyoming, mia madre immaginava un diverso tipo di futuro: quello in cui regnavano l’amore e la pace. Al college era una figlia dei fiori – non una hippie, come dice a ragione – parte di un gruppo di spiriti liberi che si opponevano al conformismo in cui erano stati allevati, chiedendo un mondo senza guerra e odio. Il movimento è iniziato a San Francisco, ma mia madre viveva in Oklahoma, a mezzo continente dall’epicentro.

Utopia e conflitto

Giulia Abbate

Eccoci dunque a parlare di conflitto, per chiarire una questione meno spinosa di quel che sembra, e per dare a chi vuole scrivere solarpunk qualche strumento di riflessione, discussione e lavoro in più. Nell’accostamento tra “conflitto” e “utopia”, ci sono due equivoci di base, uno per ognuna di queste parole. Parlando di “utopia”, l’equivoco sta nel pensare che l’utopia debba mettere su carta un mondo perfetto sotto ogni punto di vista. Non è così: l’utopia è piuttosto “un mondo migliore del nostro sotto alcuni punti di vista”. E già così apriamo tantissimi fronti di lavoro, ad esempio chiedendoci: quale punto di vista?

Nice Fictions: Francia e solarpunk

Franco Ricciardiello

Solarpunk, hopepunk… Uscire dal racconto delle distopie o delle guerre interstellari e scrivere una fantascienza positiva, portatrice di speranza e umanità. Cosa raccontare? Vi proponiamo un atelier di riflessione attiva per immaginare situazioni, nuovi universi, temi, intrighi, trame e inventare un racconto alternativo di fantascienza d’anticipazione.

L’utopia che vuole esistere

Romina Braggion e Franco Ricciardiello, originariamente apparso sulla rivista Robot

Il solarpunk non è solo un sottogenere della letteratura di fantascienza. È un movimento estetico e intellettuale che si coniuga in varie arti. Risponde alla netta richiesta di speranza nel futuro, e rappresenta una reazione delle nuove generazioni alla distopia; si concretizza in un immaginario futuribile non acriticamente positivo, ma per lo meno migliore del presente, sostenibile, democratico; in una parola, solare.

Infrastruttura visionaria: illuminazione stradale solare di comunità

Shane Brennan, traduzione di Silvia Treves

Alla base del pensiero solarpunk ci sono la ricerca di alternative concrete e sostenibili al nostro presente e la convinzione che i germogli di un futuro migliore esistano già, qui e ora. Questi germogli vanno trovati, accuditi e raccontati affinché possano rafforzarsi e generare speranza. L’esperienza raccontata in questo articolo è un germoglio. Shane Brennan ne ha studiato lo sviluppo partendo dal concetto di infrastruttura, qualcosa che si vede soltanto in particolari momenti, tanto che il corpo sociale quasi ne dimentica l’esistenza. Ma a un livello più profondo e condiviso, l’infrastruttura può divenire visione e indicare la direzione di un futuro possibile e migliore, proprio com’è accaduto ad Highland Park con il progetto Soulardarity.

In morte della distopia

Franco Ricciardiello, repost da Pulp Libri

C’era una volta l’Utopia: il nessun-luogo dell’umanesimo rinascimentale, Thomas More che prendeva la Repubblica di Platone e la metteva sull’isola di Atlantide — da essa tutte le utopie prendono oggi nome, non solo quelle che vennero dopo, come La città del Sole di Tommaso Campanella, ma persino quelle che la precedettero cronologicamente come la Cité des Dames di Christine de Pizan. La stessa strada fu percorsa da molti altri. Nelle loro intenzioni portava a una società migliore, rigenerata, perfetta. La parola utopia è divenuta sinonimo di mondo ideale, il migliore dei mondi possibili si dirà in seguito — e per i detrattori, o per i realisti pragmatici, la parola acquisì anche un significato denigratorio, un bel sogno irrealizzabile per incorreggibili idealisti: ma questa è utopia!

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