Fandango Libri, Roma, 2021 (prima edizione: Editori Riuniti, Roma, 1978)
Nel 1976, tra Meda e Seveso, nella Brianza industriale, si verifica una fuoriuscita di diossina dalla fabbrica chimica Icmesa: non è il primo incidente industriale di questo tipo, ma è molto grave. La nube tossica avvelena i dintorni, costringe la popolazione a sfollare e danneggia gravemente la salute delle persone, degli animali, delle piante e della terra, con pesanti conseguenze anche le per generazioni a venire. “Una lepre con la faccia di bambina” è un documento importante per capire meglio la vicenda, e trarne insegnamenti che sono validi e necessari anche oggi.
Laura Conti è infatti tra le prime ad accorrere dopo il disastro. Figura politica di primo piano, Conti fu partigiana, medica, deputata, ecologista, comunista, femminista: ha unito l’attività politica nelle istituzioni a una incessante militanza per i diritti delle donne, delle classi lavoratrici e dell’ecosistema, e ha intrecciato tutti questi aspetti insieme, denunciando il modello capitalista come causa sistemica, affermando la necessità di “collocarsi” senza usare la “scienza” come strumento di dominio, e insegnandoci con il suo lavoro politico e culturale che si può agire a un livello senza dimenticare gli altri, ma anzi producendo benefici generali e non solo settoriali.
Così è stato anche per Seveso. Conti vi ha tratto due testi, che l’hanno resa celebre a livello internazionale, e da lì ha iniziato una battaglia politica, culminata con una vittoria: la Direttiva Seveso del 1982, con cui l’Unione Europea impose agli stati membri di dotarsi di politiche comuni per la prevenzione dei rischi industriali. “Una lepre con la faccia di bambina” è quindi anche un tassello di questa battaglia, un romanzo divulgativo che ha emozionato i contemporanei per molto tempo e che è oggi riproposto, con la cura di Marco Martorelli, suo caro amico e custode dei suoi scritti per sue volontà, grazie all’editore Fandango Libri (che sta ridando alle stampe diversi importanti lavori di Conti, una grande oggi dimenticata perché forse mai ascoltata a fondo).
Noi non c’eravamo e gli uomini erano andati ad ammazzare tutte le bestie. Chissà come si erano spaventate, povere bestie, chissà che fracasso avevano fatto le galline.
È in sprazzi come questo che emerge il dramma emotivo di un ragazzino che non ha le parole per rappresentarsi quello che vive, sia dal punto di vista esteriore, che, soprattutto, interiore. Immergendosi nel punto di vista del dodicenne Marco, Laura Conti dipinge una realtà culturalmente gretta e deprivata, che, pur rendendosi capace di una difesa contro i poteri più grandi, allo stesso tempo disarma i propri figli, rifiuta loro la verità e li lascia vivere in castelli di menzogne, condannandoli a rubare scampoli da conversazioni spiate, un po’ come animali domestici in attesa di briciole che cadano dal desco.
Capivo delle cose nuove, ma subito c’erano altre cose che non capivo. Però non domandavo niente a nessuno, di certe cose potevo parlare solo con Sara (…)
Marco è figlio di un piccolo imprenditore brianzolo, e abita nella ”Zona A“, quella più vicina alla fuoriuscita, come la sua amica Sara, che appartiene a una famiglia di emigrati meridionali poveri e comunisti. Grazie alla sua maggiore conoscenza delle cose, Sara guida Marco alla scoperta di molte verità: la tossicità della nube, la sorte degli animali, l’ingiustizia della politica e dei padroni, ma anche lo sviluppo femminile e la gravidanza… come controcanto, ci sono le continue bugie degli adulti, davanti alle quali Marco si sente dapprima indifeso, poi ribelle quando è con Sara, ma per lo più smarrito e quasi disperato.
Durante i lunghi mesi di permanenza in albergo, senza scuola e senza la libertà campestre lontana dagli adulti, Marco ci racconta anche i suoi sogni, nei quali tutto si sovrappone simbolicamente in una frenetica ricerca di senso: gli animali, le persone, i veleni, gli affetti… con visioni mostruose di gattine morte, amiche arrabbiate, lepri-bambine evocanti i paurosi labbri leporini dei contaminati da diossina.
Continuavo a pensare a quella storia, che non potevo capire le cose dell’Assuntina perché ero un uomo. Cosa c’entra la diossina col fatto di essere uomo. A furia di pensare poi mi è venuto in mente che l’Assuntina forse aveva una malattia di donne, forse la diossina faceva venire le malatie delle donne, forse era per questo che le donne ci mandavano via dal loro soggiorno quando parlavano della diossina. Ma chissà che malattie sono, ho continuato a pensarci fino a che mi sono venute in mente quelle zingare, le femministe, e quelle fotografie di bambini con il muso di lepre. Allora ho capito…
Con gli occhi e la mente di Marco, Laura Conti si concentra gradualmente su un tema in particolare: il dramma delle donne, i cui corpi sono terreno di scontro ideologico. È la sorella maggiore di Sara, Assuntina, a essere il simbolo e la vittima di questo scontro, con la sua gravidanza fuori dal matrimonio, improvvisamente minacciata dalla “nuvola”, sballottata tra famiglia, preti, medici, giornalisti, femministe… fino a una conclusione amara, che fortunatamente trova nei paratesti (alcuni scritti a corredo, proprio da Conti) una cornice più ampia, grazie al racconto di una lotta politica e culturale che è andata avanti.
Questo breve romanzo di Laura Conti ci restituisce una vicenda che potrebbe essere accaduta ieri, con pagine a tratti un po’ troppo didascaliche, ma più spesso emozionanti, con un interessante lavoro sul linguaggio (definito dall’autrice stessa “linguaggio di sottostima”) e ottimi interventi a corredo. Non si parla “solo” di Seveso, ma di ecologia, di rapporti di potere, di collusioni politiche, di lavoro, di ignoranza nazionalpopolare, di educazione sessuale, di oppressione ai danni delle donne, di guerra (la diossina era stata usata dagli statunitensi in Vietnam)… questioni che oggi sono ancora vive e forse si sono aggravate, perché affrontate con molta meno lucidità di quella di Laura Conti, che dalla sua aveva il rigore della scienziata e la pietas di chi cura e si cura dei più deboli.
Per chi voglia iniziare ad approfondire la figura di Laura Conti, ecco un’ottima bussola per orientarci.
Per un omaggio a Laura Conti ho chiamato Flora Conti la protagonista del mio racconto “Il libro di Flora”, incluso in “Assalto al sole”, AA.VV., a c. Franco Ricciardiello, Delos Digital 2020.
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