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Devo ridefinire l’utopia. Non è il prodotto perfetto dei nostri desideri, se la definissimo così meriteremmo il disprezzo di coloro che sghignazzano sarcastici al sentire quella parola. No. L’utopia è il processo di creare un mondo migliore, il nome di una delle strade che la storia potrebbe imboccare, un processo dinamico, tumultuoso e straziante, che non ha mai fine. Uno sforzo perpetuo.

La costa del Pacifico, p. 121

Esce finalmente in Italia, nella collana da edicola Urania Jumbo, l’ultimo volume della cosiddetta serie Tre Californie di Kim Stanley Robinson, tradotto da Francesca Noto. I primi due, La Costa dei Barbari e La Costa delle Palme (ma le tre storie sono molto indipendenti l’una dall’altra, unite solo dall’ambientazione, la contea californiana di Orange, e da un personaggio, Tom, che vive naturalmente vite diverse in ogni romanzo) erano già apparsi per Interno Giallo e poi per Mondadori, nel secondo caso sempre in Urania Jumbo, “grandi romanzi in edizione integrale”.
Il  sottoscritto, che ha letto il romanzo in inglese poco dopo la sua uscita (nel 1988 negli USA), e ora lo ha riletto in traduzione, lo considera non solo il migliore dei tre, ma anche un perfetto esempio di quella ricerca del conflitto narrativo anche nell’utopia, sulla quale Robinson lavora da parecchio tempo — vedere per esempio il suo intervento Utopia e conflitto: le soluzioni della fiction, che Silvia Treves ha tradotto per Solarpunk Italia.
Infine, La costa del Pacifico è senz’altro da annoverare tra i precursori del Solarpunk che stiamo cercando di individuare nel nostro lavoro.

Franco Ricciardiello

Quella che segue è una raccolta di recensioni estere.

copertina di Maurizio Manzieri

Tre Californie

Robinson ha scritto tre romanzi tutti ambientati in un futuro abbastanza prossimo, il 2065, e tutti ambientati a Orange County, in California. Tre futuri possibili, tre modi in cui il mondo potrebbe essere, tre angolazioni dello stesso luogo, con un personaggio ricorrente e alcuni temi e motivi ricorrenti: La Costa dei Barbari (The Wild Shore, 1984) è post-nucleare, La Costa delle Palme (The Gold Coast, 1988) è cyberpunk e La costa del Pacifico (Pacific Edge, 1990) è utopico. Tutti iniziano con i personaggi che dissotterrano reliquie del ventesimo secolo. (Jo Walton su Tor.com)

Il romanzo

La costa del Pacifico (Pacific Edge, 1990) […] è ambientato a El Modena, nella contea di Orange [California] nel 2065. Per essere un romanzo utopico è insolito, perché […] non presuppone una tabula rasa su cui erigere un’utopia ecologica, ma dà per scontati edifici, città e infrastrutture del nostro passato e del nostro presente. Un aspetto importante del libro è il modo tutto ciò viene modificato per diventare “verde”. La costa del Pacifico è anche realistico nella misura in cui i conflitti tra interessi divergenti giocano un ruolo importante. Nel 2065, si tratta principalmente di conflitti tra i Verdi e i Nuovi Federali, i principali partiti politici, sulla possibilità acquistare l’ultimo angolo di natura selvaggia della zona e svilupparlo economicamente; ma anche di conflitti a livello personale: ad esempio Kevin, il protagonista, instaura una relazione sentimentale con l’ex ragazza del sindaco.
Dal punto di vista della critica letteraria, sono interessanti le ampie descrizioni della natura e del paesaggio, così come le riflessioni sul rapporto tra scrittura di futuri utopici e lavoro politico pratico. La costa del Pacifico ha vinto il John W. Campbell Memorial Award nel 1991. (Wikipedia in lingua inglese)

La trama

La costa del pacifico racconta un’estate nella vita di Kevin Clayborne, giovane restauratore di case appena eletto nel consiglio comunale di El Modena. Kevin si trova in contrasto con il sindaco della città, Alfredo Blair, sia dal punto di vista personale che professionale. Sul piano personale, l’ex fidanzata di Alfredo, Ramona Alvarez, ha appena rotto con lui e sia Kevin che Alfredo si contendono il suo affetto. Sul piano professionale, Alfredo è interessato al denaro di alcune aziende e cerca di trasformare la destinazione d’uso dell’ultima collina vergine della città per uno sviluppo commerciale. (Wikipedia in lingua inglese)

Nel 2065 il mondo appare molto diverso da quello a cui siamo abituati. Le insostenibili pratiche economiche del passato sono state severamente limitate ponendo limiti alle dimensioni delle aziende e al reddito personale, oltre ad altre misure altrettanto drastiche. Il protagonista Kevin, un architetto che a giudicare dalle descrizioni progetta belle case sostenibili, vive in una zona della California in cui la crescita della popolazione e l’attività economica sono attentamente moderate per assicurarsi che non superino la sostenibilità dell’ambiente locale. Recentemente Kevin è stato convinto ad accettare un seggio nel consiglio comunale per il partito dei Verdi. Una decisione di cui si pentirà. Durante la sua prima riunione del consiglio comunale, il sindaco cerca di far passare un losco accordo. Non ci riesce, ma è l’inizio di una lotta politica che Kevin non aveva previsto quando ha accettato l’incarico.
Il secondo personaggio su cui si concentra il romanzo è Tom, il nonno di Kevin, l’unico che compare in tutti e tre i libri. Dopo la morte della moglie, Tom è diventato una specie di recluso, che vive sulle colline fuori città. Anche Kevin lo vede solo di tanto in tanto. Finché non viene tirato fuori dal suo isolamento da una vecchia conoscenza in visita. Negli anni della giovinezza Tom viveva per la politica, come scopriamo da frammenti dei suoi scritti risalenti all’anno 2012 (nell’imminenza della rivoluzione, credo). (Val’s Random Comments)

Gli eventi del tempo di Kevin sono intervallati da brevi sezioni in prima persona, […] ambientati nel 2012, in un mondo che sta scivolando verso il collasso a vari livelli: ambientale (un clima impazzito), politico (guerre fuori controllo, infrastrutture paralizzate dal terrorismo) ed etico (il sogno di William F. Buckley diventato realtà, le persone sieropositive sono state radunate e lasciate morire in campi di segregazione). Mentre la moglie è bloccata all’estero da quella che sembra essere una sospensione duratura dei viaggi aerei internazionali, Tom se ne sta a casa a combattere il suo crescente senso di colpa e impotenza. Ma per quanto grande sia il problema, non riesce ad accettare l’impotenza come risposta: “Uno dei peggiori segnali di pericolo”, osserva, “è non riuscire a immaginare la strada da qui all’utopia”. Perciò, sognando l’Europa – Robinson è un liberal – si mette a scrivere una soluzione. (da Eve’s Alexandria)

«Marcuse: uno dei peggiori segnali di pericolo è non riuscire a immaginare la strada da qui all’utopia. Non si riesce ad arrivarci.»

La costa del Pacifico, p. 185

Il conflitto narrativo

Ho spesso detto che Pacific Edge è l’unico romanzo utopico che funzioni, che mostri il mondo, che un bel posto in cui vivere, e che funzioni anche come storia. Il problema delle utopie è che non cambiano, e poiché nella fantascienza il mondo inteso come ambientazione è un personaggio, il mondo deve cambiare. […] La trama tipica dell’utopia è la storia di un visitatore che viene condotto in giro, e anche se ci sono variazioni interessanti (Woman on the Edge of Time [di Marge Piercy], Venere più X [di Theodore Sturgeon]) di solito è piuttosto noiosa. Quello che Robinson fa con La costa del pacifico è raccontare una storia su piccola scala – una lotta per preservare la cima di una collina, una storia d’amore, il softball, l’architettura – e inserire al suo interno, sotto forma di diario, la storia di come il mondo è arrivato da qui a lì. […]
Ciò che rende utopico La costa del Pacifico non è il fatto che le multinazionali siano state sciolte e che l’economia sia su piccola scala, socialista, verde e tranquillamente high-tech (c’è persino un atterraggio su Marte osservato dalla Terra, come in Fire on the Mountain di [Terry] Bisson, il che mi fa chiedere se questo sia ormai un ingrediente obbligatorio in un’utopia di sinistra). Il fatto è che nel conflitto principale del romanzo, le due alternative sono lasciare la montagna come natura selvaggia e parco, o costruire una zona commerciale con ristoranti e parco. Anche l’opzione peggiore è davvero sorprendentemente bella. Pure nel conflitto personale, quello tra Kevin e Alfredo, entrambi innamorati di Ramona, la risoluzione è sorprendentemente pacifica e di basso profilo. Quando Kevin parla dell’intensità del sentimento perduta nella vita in comune, ha ragione. (Jo Walton su Tor.com)

Il modo di governare una comunità descritto in La costa del pacifico è qualcosa che si ritrova anche nei suoi romanzi successivi. Molti degli esperimenti sociali descritti nella sua trilogia di Marte, ad esempio, sono su scala molto ridotta, con progetti che richiedono maggiori risorse gestiti da cooperative. Per certi versi è l’esatto contrario di ciò che sta accadendo nel mondo in questo momento, dove la spinta all’espansione perpetua delle aziende non sembra rallentare minimamente. Nel libro il punto di svolta si colloca da qualche parte negli anni 2010. Finora ci sono pochi segni che questa previsione si stia avverando. Una previsione che sembra azzeccata è la descrizione della lotta del giovane Tom con i servizi di immigrazione svizzeri e statunitensi. Ci sono alcune figure politiche molto influenti che sostengono pratiche non dissimili da quelle descritte nel libro e, francamente, lo trovo molto inquietante. (Val’s Random Comments)

L’utopia

Non credo di aver mai letto un libro solare come La costa del Pacifico, la calda e saggia lettera d’amore di Kim Stanley Robinson alla California e alle sue speranze di un domani migliore. C’è un ottimismo elegiaco che si sprigiona da ogni pagina, s’infonde in personaggi dal cuore grande e dalle buone intenzioni e conferisce un colore ricco e caldo a ogni descrizione di questo magnifico paesaggio (e, poiché Robinson chiaramente adora il mondo naturale con ogni fibra del suo essere idealista e smaccatamente liberale, ce ne sono molte). […]
Tom fa eco al risveglio di Kevin dal solipsismo alla consapevolezza di sé quando ci dice che non esiste un’utopia tascabile, perché è definita dal modo in cui la creiamo. Non c’è buona vita senza impegno comune e completa uguaglianza; nessuna vita può essere veramente buona se coesiste con l’ingiustizia. Qualsiasi sistema che dipenda dalla sofferenza degli altri, da individui che misurano il loro successo e la loro felicità in base a quanto hanno in più dei loro simili, non potrà mai produrre utopia. (da Eve’s Alexandria)

Il nucleo centrale del romanzo è Tom, che collega passato e presente, come pure tutti e tre i libri. Nel passato Tom meditava sull’utopia e sulla speranza, e sui modi per raggiungerle. L’infelicità di Tom nel campo di internamento, in un futuro americano che sembra più vicino ora di quanto non lo fosse nel 1990, è la base dell’ottimismo delle sezioni utopiche. Al centro di ciò che Robinson sta facendo c’è una meditazione sulla sua infanzia californiana degli anni Ottanta, sul crescere nell’utopia, di un paese libero e pieno di opportunità, ma un’utopia che si basava sullo sfruttamento del Terzo Mondo e sull’inquinamento del pianeta. La frase chiave, mentre giura di lavorare per un mondo migliore, è: “Se il mondo intero raggiunge l’utopia, il sogno California diventerà una premonizione e la mia infanzia sarà riscattata”. In poche parole, è il senso di colpa imperialista, ma in questo libro, con i suoi piccoli problemi di acqua in California e le partite di softball, ci viene costantemente ricordato che il resto del pianeta è lì, in un modo piuttosto insolito nella SF anglofona. (Jo Walton su Tor.com)

Robinson crea un’utopia che ha bisogno di molta manutenzione. È chiaro che il mito della crescita perpetua e il fascino dell’espansione non sono stati definitivamente sconfitti. Il modo in cui Robinson utilizza la situazione problematica di fornire acqua pulita a così tante persone è davvero molto interessante. Intreccia abilmente nella storia una situazione che già era un problema quando questo libro è stato pubblicato (1990). Le sue descrizioni della situazione giuridica nel 2065 sono affascinanti e in genere ci vuole una buona dose di abilità per rendere queste cose interessanti e ancora di più per renderle comprensibili a chi proviene da un paese con una tradizione giuridica molto diversa. (Val’s Random Comments)

Non si tratta di una fantasia rurale, dove la tecnologia è scomparsa.  Le persone vivono in habitat spaziali e c’è una colonia sulla Luna.  È in corso l’allestimento di una spedizione per un viaggio su Marte.   KSR non ha creato una cultura completamente low-tech, ma una cultura che decide quando e dove applicare la tecnologia.  Le automobili esistono ancora, ma nella piccola città di Kevin le persone si spostano a piedi o in bicicletta. (da Fred’s Place)

Traduzioni di Franco Ricciardiello
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