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Marco Melis

PREMEE MOHAMED, LA MIGRAZIONE ANNUALE DELLE NUVOLE, TRADUZIONE DI LUCREZIA PEI, 160 PAGG, MOSCABIANCA EDIZIONI, 2023, €16,90 (CARTACEO), €5,99 (EBOOK)

È stata pubblicata lo scorso ottobre per conto di Moscabianca il romanzo hopepunk La migrazione annuale delle nuvole, scritto dall’autrice e scienziata canadese Premee Mohamed, e tradotto in italiano da Lucrezia Pei. L’autrice è stata vincitrice del premio Nebula con una novella nel 2021, e finalista in altri premi del settore negli ultimi anni.

In un futuro imprecisato ma non troppo lontano, in cui la catastrofe ambientale ha messo fine alla civiltà come la conosciamo, la giovane Reid Graham vive con la madre all’interno di una comunità autosufficiente. Entrambe convivono con una malattia ereditaria generata da un fungo: il Cad, un parassita che vive all’interno degli ospiti e ne altera il comportamento, specie nelle situazioni di pericolo.

La vita di Reid subisce una svolta quando riceve la preziosa lettera di ammissione alla Howse, la prestigiosa università che risiede in una delle cupole. Le cupole sono quelle bolle di civiltà in cui il mondo non sembra essere finito per davvero, in cui le istituzioni, i saperi e le tecnologie hanno resistito al tracollo e permettono ai propri abitanti una vita meno rudimentale rispetto a quella che vive Reid all’interno della sua comunità.

La gioia per l’ammissione si sovrappone però in Reid ai sensi di colpa all’idea di dover abbandonare la comunità, o peggio di lasciar sola sua madre, privando entrambe di forza lavoro e di un affetto che nessun altro potrebbe sostituire.

A una prima occhiata l’ambientazione potrebbe ricondurci al classico modello postapocalittico a cui siamo stati abituati negli ultimi decenni: il mondo è finito e i pochi gruppi di persone rimasti vivono di sussistenza, razionando cibo e altre risorse, raccattando i detriti della civiltà perduta. Tuttavia, la comunità in cui vive Reid non dà un’idea di disperazione, di precarietà sì, ma tutto sommato non se la passa nemmeno male a livello di sussistenza. I suoi membri occupano un vecchio Centro di Scienze Biologiche; si insegna, si coltiva e si caccia. Esistono delle perturbazioni atmosferiche che possono mandarli in difficoltà, ma il motivo per cui Reid vuole partire risiede nella sua ambizione, nella sua voglia di conoscere il mondo (anche quello perduto, sì), per cui la comunità inizia a starle troppo stretta e senza possibilità di crescita.

A innescare questo desiderio è il luogo stesso in cui vive:

Scalinate sudicie, cemento e mattoni, ogni cosa imbrattata dal tocco fuggevole di migliaia di persone, odora di corpi sporchi e della polvere che viene da fuori e si infila ovunque. Ma anche di quello che non vuole svanire, di libri, di prodotti chimici, di campioni, di inchiostro, di vecchio. Forse, di dignità.
Che quell’odore resista ancora oggi ci fa pensare che siamo parte, e non solo testimoni, di quello che è venuto dopo, di una qualche superba, persino nobile catena di studio e conoscenza, ininterrotta da tempo immemore; ma la verità, ovviamente, è che quella catena si è spezzata. E non una volta sola, ma ancora, e ancora; e non soltanto quella della trasmissione del sapere dall’istruito all’ignorante, ma dal genitore al figlio, dal vecchio al giovane, da Paese a Paese, in ogni modo che si possa immaginare. Noi viviamo negli anelli sparsi che restano.


Vivere negli anelli. È questo ciò che fanno le società solarpunk (o hopepunk, se vogliamo). Il mondo è andato in frantumi e la società non esiste più: esistono le comunità, grumi di persone che si riorganizzano, ma anche città e cittadine in cui la cultura e la tecnologia viene preservata:

È nelle cupole che si erano rifugiati i ricchi quando il mondo aveva incominciato ad andare in pezzi.


Potrebbe venirci spontaneo immaginarci le cupole come delle zone in cui i ricchi superstiti continuano a tenere in piedi lo stesso tipo di società che ha distrutto il mondo. In realtà nemmeno Reid sa molto di queste cupole, anche se qualcosa può dedurla dal tipo di carta di cui è composta la lettera che ha ricevuto, un materiale che la sua comunità non riuscirebbe a produrre. Certamente lei vede nelle cupole un’opportunità, un luogo in cui è stato tramandato il sapere, una risorsa per lei ancora più preziosa di tutto il resto, e che la induce a voler intraprendere il viaggio, anche a costo di allontanarsi da sua madre e dal suo amico Henryk.

Non credo si tratti di uno spoiler specificare che la storia non si basa sul viaggio, ma sulla scelta del viaggio. La forza antagonista che vuole persuadere Reid a rimanere ferma nel suo nido è generata dalla madre stessa. D’altronde, la sussistenza della comunità si basa sullo sforzo di ogni singolo individuo, ma il desiderio di Reid è molto più nobile e meno egoistico di quel che si possa pensare.

Scarni gruppi di individui in una condizione di scarsità postapocalittica generano caos e rapacità, la lotta alle risorse. La riorganizzazione di decine o centinaia di individui in una comunità inizia un nuovo processo di stabilità, che può anche protrarsi nel tempo, ma la tappa successiva, che precede il fine ultimo del solarpunk (ovvero la creazione di un mondo migliore), prevede la congiunzione degli anelli: la comunicazione, lo scambio dei saperi, la condivisione delle risorse, nonché la collaborazione tra comunità, che stanno alla base di una nuova e stabile rinascita umana. Effettivamente è ciò che ha portato anche allo sviluppo della società odierna, ma ciò che le rende diverse è il sistema di valori.

A meno di un eventuale sequel, non possiamo sapere se Reid raggiungerà mai la cupola, se si troverà a suo agio o se i ricchi al suo interno si serviranno del sapere degli studenti per ricreare lo stesso mondo di prima. Ciò che ci fa ben sperare, è il fatto Reid non voglia lasciare quel sapere solo agli altri.

Bocconi prelibati cadono da fauci in rapido movimento, sotto di loro i porcellini corrono avanti e indietro per rovistare a terra. Silenzio. Il vento che passa tra i rami, il tenue rigonfiamento delle gemme. Bisogna credere che presto spunteranno le foglie. Bisogna credere che quel che è nero e morto possa tornare alla vita. Perché al momento gli occhi ci dicono che non succederà. E i maiali pensano: Aspettavamo le foglie, e ora ecco del cibo. Strano.


Marco Melis

Premee Mohamed è una scienziata indo-caraibica che vive a Edmonton, Canada; è laureata in genetica molecolare nel 2002, e ha conseguito anche una laurea in scienze ambientali. Ha esordito nella scrittura con Beneath the Rising nel 2016, e da allora suoi racconti sono apparsi in molte riviste e antologie. La migrazione annuale delle nuvole ha vinto l’Aurora Award 2022 come miglior romanzo.

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