Antonio Ippolito

Il grattacielo, fin dai tempi della Torre di Babele simbolo della sfida prometeica dell’uomo contro i limiti posti da Dio o dalla natura (e della sua inevitabile conclusione?), è oggi un indiscusso simbolo di prestigio nazionale: le capitali delle nazioni emergenti sembrano fare a gara ad averne ognuna il più alto del mondo, dalle Petronas Towers al Shanghai Financial Tower, dalla Taipei 101 al Burj al-Khalifa; costruzioni che sfidano la “mile-high tower” di Frank Lloyd Wright, visto che la Torre di Gedda, ancora nei piani, dovrebbe raggiungere il chilometro.

Eppure proprio questi vertici dell’ingegneria rischiano di diventare anche il simbolo di altro: del danno che si fa a progettare individualmente, un pezzo alla volta, anziché con un approccio sistemico; e degli effetti imprevedibili delle grandi trasformazioni. E proprio in una delle città dove nacquero.

Nessuno dei mille grattacieli di Manhattan ha mai avuto problemi strutturali degni di nota; eppure, tutti insieme, stanno compromettendo la struttura stessa, o matrice, che li sorregge tutti. La grande isola che, come ci spiegavano da bambini, è costruita su solida roccia (“Milano invece su terreno alluvionale, quindi non ci possono essere grattacieli”: che poi non era così vero, visto lo sviluppo verticale degli ultimi vent’anni…), sta sprofondando in blocco di diversi millimetri all’anno: fino a quattro.

Se l’entità sembra ridotta, si consideri che non solo procede costantemente negli anni, ma anche che si somma a un aumento di pari entità del livello dell’oceano su cui Manhattan si affaccia. Insomma, un bradisismo indotto, che sembra avverare la metropoli acquatica di “New York 2140”, capolavoro idraulico-finanziario-immobiliare di Kim Stanley Robinson. Bradisismo dalla velocità oltre tutto differenziata da quartiere a quartiere, perché se la suddetta solida roccia resiste meglio, altre zone argillose o sedimentarie risentono molto di più della compressione; sarà un problema per la rete di servizi sotterranei della metropoli basati su tubi, dagli acquedotti alla metropolitana?

Non è l’unico caso di sprofondamento di una città sotto il proprio stesso peso (non metaforico ma reale!). È in realtà molto più drammatico il caso di Giacarta, altra megalopoli costiera da 15 milioni di abitanti. Da diversi anni sprofonda anche di 30 cm l’anno nei quartieri vicini al mare; in questo caso la responsabilità è attribuita in prima battuta al prelievo incontrollato di acqua di falda (la maggioranza degli abitanti non è servita dall’acquedotto centrale, ma usa pozzi privati per lo più clandestini, che ormai devono raggiungere i 150 m di profondità per evitare il “cuneo salino”), e in seconda battuta al suo mancato ripristino: piogge e inondazioni cadono su terreno ormai impermeabilizzato e scivolano direttamente in mare.

La soluzione proposta dal governo, finora, non sembra di ampie vedute: abbattere abbastanza foresta nel Borneo in modo da potervi trasferire l’intera capitale… (un po’ quanto si sta facendo in Egitto con il Cairo).

Sono in definitiva esempi significativi di come i problemi globali richiedano una mentalità globale anche solo per essere rilevati: non basta moltiplicare per un milione di volte il problema di un individuo, ma è necessario adottare una scala di osservazione inusitata per individuare comportamenti che appaiono solo a quella scala; quella che permette per esempio di osservare come la Groenlandia, “alleggerita” ogni anno da centinaia di chilometri cubici di ghiaccio sciolti dal cambiamento climatico, si stia misurabilmente sollevando. La più grande isola del mondo, quasi un continente, che si solleva.

Antonio Ippolito

Fonti:

Wired
National Geographic

Frank Lloyd Wright, “Mile High Tower”

New York affonda. E non è la sola

Matt Simon, da Wired 23 maggio 2023, traduzione di Antonio Ippolito

Sommate il milione circa di edifici di New York, e otterrete qualcosa dell’ordine del miliardo di tonnellate di peso che grava a terra: e questo senza ancora contare tutta l’infrastruttura, come strade e marciapiedi. Tutto quel pesto sta deformando il terreno, come palle da bowling su un materasso a memoria di forma, e causando un tipo di sprofondamento conosciuto come subsidenza, quando il suolo si comprime lentamente.

Nuove ricerche dimostrano che, in media, i tassi di subsidenza a NY sono tra 1 e 2 millimetri l’anno, ma in alcuni luoghi arrivano a 4 millimetri. Questa cifra può non sembrare preoccupante, ma cumulata anno dopo anno è un affondamento significativo che raddoppia l’aumento del livello del mare relativo alla metropoli.

“Abbiamo tra 1 e 2 millimetri circa di livello del mare che va su, mentre abbiamo in media tra 1 e 2 millimetri di abbassamento”, dice Tom Parsons, geofisico del Servizio Geologico degli USA, coautore di un saggio che descrive la ricerca. “È un problema comune a molte città nel mondo”. Sembra che ci sia un legame preciso tra urbanizzazione e subsidenza”.

Parti di Giacarta, in Indonesia, per esempio, stanno affondando di quasi 30 centimetri l’anno. L’Area della Baia di San Francisco potrebbe perdere fino a 420 chilometri quadrati di costa a causa di una combinazione tra mari in ascesa e subsidenza. E proprio il mese scorso un altro gruppo di ricercatori ha riferito di aver trovato subsidenza in vari punti della Costa Orientale, fino a 10 millimetri l’anno in parti del Delaware.

Il modo principale per causare un affondamento spettacolare è la sovraestrazione di acqua dal terreno, come avviene a Giacarta; le falde acquifere prosciugate crollano come bottiglie d’acqua vuote. Ma a NY la subsidenza dipende dalla composizione del suolo sottostante. Molto tempo fa quell’area veniva raschiata da ghiacciai, che depositavano sedimenti. Si formavano anche laghi, depositando ulteriori sedimenti. Quindi la metropoli è costruita su una complessa miscela di materiali come argilla, limo, e riempitivi artificiali, più inclini alla subsidenza; così come su sabbia e ghiaia, che tendono a resisterle.

“Più morbido è il suolo, più è probabile che sotto carico si comprimerà”, dice Parsons. “Anche se non ci costruisci sopra, affonderà comunque sotto il suo stesso peso. Ma se ci costruisci sopra, di sicuro affonderà parecchio”.

Parsons e i suoi colleghi hanno calcolato i tassi di subsidenza a NY prima sommando tutto il peso urbano, poi combinandolo con dati geologici sulla composizione dei diversi depositi. Hanno anche raccolto dati satellitari che misurano minuscoli cambiamenti di elevazione per mostrare quali aree finor sono affondate e quali sono state relativamente stabili.

I grattacieli di Manhattan sono forse i più pesanti edifici della città, ma sono ancorati alla roccia sottostante, quindi non sono un grande problema per la subsidenza. Il problema è soprattutto lungo la costa, dove materiali spugnosi come argilla e riempitivi artificiali sono particolarmente inclini alla compressione, e dove i livelli dell’acqua marina stanno salendo.

La subsidenza è una vulnerabilità nascosta delle città costiere: i modelli che proiettano l’innalzamento dei livelli marini in una data area non ne tengono ancora conto. Entro il 2050 i livelli marini medii negli USA saliranno di trenta centimetri, e a quella data il 70% della popolazione mondiale sarà urbana, in aumento rispetto al 56% di oggi. Nelle città costiere l’aumento di popolazione esaspererà il problema, perché più persone avranno bisogno di estrarre più acqua dal sottosuolo e avranno bisogno di più edifici e strade, che a loro volta aumenteranno la pressione sui sedimenti.

“Se quella migrazione costiera si correlerà con la costruzione di nuova infrastruttura lungo la costa, è molto probabile che vedremo un cambiamento di elevazione del terreno”, dice Manoochehr Shirzaei, esperto di sicurezza ambientale alla Virginia Tech, riferendosi al precedente studio della subsidenza nella Costa Orientale (non è stato parte di questo gruppo di ricerca ma ha revisionato il loro saggio per la rivista specializzata).

Una grossa preoccupazione per le aree costiere, dice Shirzaei, è la deformazione delle pianure alluvionali. “Un’area deve avere una certa forma perchè, in caso di forti precipitazioni, l’acqua si scarichi a valle. Ma se ci sono strutture che creano subsidenza localizzata, la pendenza della pianura alluvionale temporaneamente cambia. Il che significa che l’acqua può rimanere lì per un tempo più lungo”. Questo essenzialmente crea una grande concavità che una forte pioggia riempie, con possibile allagamento di strade ed edifici. Peggio ancora: il cambio climatico sta già causando piogge più violente e uragani, insieme a fronti tempestosi che spingono muri d’acqua verso l’entroterra.

Ci sono diversi modi per ridurre il rischio di cumulare l’aumento dei livelli marini con una subsidenza aggiuntiva. Per cominciare, i responsabili del settore idrico delle aree costiere devono stare attenti a ricaricare l’acqua che stanno estraendo dalle loro falde. Poi, i costruttori devono eseguire studi geologici prima dei lavori, per determinare se i sedimenti locali siano inclini alla subsidenza. “In alcuni casi, decine di metri di sedimento sciolto e terreno devono essere rimossi”, dice Shirzaei. Poi un edificio può essere ancorato alla roccia sottostante, come i grattacieli di Manhattan. “Chiaramente, restringere l’edilizia alle zone con sedimenti sottostanti meno inclini alla subsidenza aiuta”, aggiunge Shirzaei.

Su una scala più vasta, ripristinare le aree umidi costiere può aiutare. Quando le aree umide sono sane, ricevono limo dai fiumi, che ricostituisce il sedimento. Le aree umidi agiscono anche da difese costiere naturali, assorbendo l’impeto delle tempeste ed evitando che inondino le città. Ripristinare questi ecosistemi servirà al tempo stesso a potenziare la biodiversità e a trasformare le aree costiere da punto debole a strumento per adattarsi alle minacce gemelle: subsidenza e livelli marini in ascesa.

Ma in molti luoghi tali sforzi di mitigazione faticheranno a tenere il passo delle costruzioni sulle coste. “Molta gente per ovvie ragioni vuole vivere sulle coste, dove ci sono opportunità”, dice Parsons. “La crescita della popolazione significa crescita della costruzione e dell’utilizzo della falda, quindi probabilmente vedremo questi fenomeni accelerare”.

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