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Riccardo Muzi
Trama:

A McKinley, piccola cittadina di agricoltori, arriva la Global, grande compagnia nel campo dell’energia. Steve Butler e Sue Thomasson vengono inviati dall’azienda fra le maglie della popolazione locale per convincerla a vendere il terreno così da poter trivellare liberamente alla ricerca di gas naturale. Già che il gas sia “naturale” dovrebbe essere una cosa buona; c’è qualcosa di meno buono da far digerire all’eventuale venditore: la Global per l’estrazione intende utilizzare la tecnica della fratturazione idraulica che comporta rischi per l’ambiente. Però, Steve ha origine contadine e sa come parlare con la gente del posto e le indagini in loco non hanno registrato “presenze ambientaliste”. Apparentemente i due della Global dovrebbero avere vita facile, ma l’apparenza inganna anche in questo caso.            

Recensione:

Non è tutto “green” quello che è ambientalista. Promised Land ci mette in guardia da un’illusione molto spesso cavalcata da chi ha soldi e vuole fare profitto a tutti i costi: mimetizzare i propri appetiti finanziari fra le migliori intenzioni di parti della nostra società, è un’arma molto efficace. Quali sono i mezzi che un colosso dell’energia può mettere in campo per accaparrarsi ciò che gli serve per fare business? Molto denaro e promesse di grandi guadagni. Chi può resistergli? Pochi: idealisti, sognatori o romantici aggrappati ancora a uno straccio di sana visione del futuro.

Nella piccola cittadina agricola di McKinley, forse è presente una solo persona capace di raggruppare profili umani così alti, per il resto c’è gente ancorata alla terra perché la lavora da sempre, famiglie che ultimamente non riescono più a sbarcare il lunario agevolmente. Il gioco sembrerebbe fatto. Così va il mondo: vendere, per sopravvivere. Promised Land invece prova a scrivere un capitolo a parte rispetto all’andazzo generale.

Gus Van Sant firma un’opera di denuncia “all’americana”. Ovvero: ti racconto che il mondo è marcio (le multinazionali la fanno da padrone e perseguono scelte immorali) ma nel nostro grande paese, chi è davvero determinato, può farcela da solo, in barba ai poteri forti. Come un novello Davide contro Golia. Malgrado la banalizzante retorica a stelle e strisce, Promised Land mostra i tratti di alcune anomalie contemporanee che servono quanto meno da monito. I soldi non solo comprano cose e persone ma incutono terrore: Butler, a un certo punto, sussurra ad un’attivista per spaventarlo “Siamo una società da 5 miliardi di dollari!”. Cioè: attento, facciamo presto a spianare le tue proteste da anima bella. E sempre il Butler tenta la strada dell’empatia mentre parla alla comunità agricola per convincerla a mollare l’osso:  afferma che anche la sua famiglia aveva una fattoria. Una fattoria da verniciare ogni anno perché, diceva il nonno: “chi altro dovrebbe farlo: è la nostra fattoria”. Nostra. Di proprietà. Ci si prende cura delle cose di cui si ha il possesso e che, una volta diventate infruttuose o obsolete, possono essere vendute al miglior offerente. Come la terra. La terra difesa esclusivamente perché appezzamento di qualcuno. La modalità “bene comune”, non è minimamente contemplata, avulsa da qualsiasi meccanismo mentale. Questo è il sottotesto (forse non proprio voluto) che si fa testo. È questa la vera trama: una storia triste e svilente. Un film nato per descrivere e condannare le malefatte di un’azienda leader nel campo dell’energia ma che in realtà si ritrova a raccontare i mali congeniti (senza condannarli) della società statunitense e di conseguenza del mondo occidentale. Da semplici spettatori ci dobbiamo accontentare di un Gus Van Sant dedito ad un cinema più tradizionale ma con un paio di colpi scena ben riusciti. Senza dimenticare due comprimari eccezionali: Frances McDormand, fresca di Oscar per Nomadland come migliore attrice, e Hal Holbrook che interpreta l’unico portatore sano di resistenza e ambientalismo. Ma è anziano, i giovani orientati al successo lavorano per la Global.

Crediti:

Titolo originale: Promised Land (USA 2012); Durata: 106 min; regia: Gus Van Sant; soggetto: Dave Eggers; Sceneggiatura: Matt Damon, John Krasinski; cast: Matt Damon, John Krasinski, Frances McDormand, Rosemarie DeWitt, Hal Holbrook.

Riccardo Muzi

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