recensione di Franco Ricciardiello
Kim Stanley Robinson, The Ministry for the Future, ed. Orbit 2020, 576 pagg., ISBN 9780316300131
Vedrà mai la luce una traduzione italiana di The Ministry for the Future di Kim Stanley Robinson, uscito negli Usa il 6 ottobre 2020, e subito divenuto il nuovo riferimento per quel particolare filone della letteratura, la climate fiction, che racconta il pericolo di una catastrofe climatica globale? Delle cinque opere che Robinson ha dato alle stampe negli ultimi dieci anni, due sono apparse da Fanucci (Luna rossa e New York 2140) e le altre tre sono ancora intradotte, benché di tutte esistano edizioni in spagnolo, francese e tedesco. La possibilità di un’edizione italiana rimane quindi un’incognita, ed è un vero peccato perché attualmente nessun autore al mondo, e non molti scienziati o economisti, sono in grado di fare una proiezione altrettanto realistica su come sarà possibile evitare un apocalisse ecologico e sociale. Sarebbe l’ideale quindi che della pubblicazione nel nostro paese si incaricasse un grande editore non di genere.
La brutta notizia è che se Robinson ha ragione, per una rivoluzione sostenibile non sarà assolutamente sufficiente la volontà della maggioranza dei popoli attraverso i governi delle nazioni, perché ci saranno forze che vi si opporranno con ogni mezzo.
The Ministry for the Future è ambientato nei prossimi decenni. I governi dei paesi più sviluppati si rendono contro del pericolo di una catastrofe ecologica e fondano, sulla base degli accordi di Parigi sul clima (2015), un ente internazionale chiamano Ministero per il Futuro con il compito di fare da “avvocato” per le generazioni che ancora devono nascere, e che rischiano di venire al mondo in un ambiente irreparabilmente compromesso. La responsabilità del Ministero viene affidata a una cinquantenne irlandese, Mary Murphy, con una passato in organizzazioni internazionali.
Ma quali poteri ha in concreto il Ministero? Cosa può fare contro l’inerzia dei governi, il disinteresse delle banche centrali, l’ostilità di tutti coloro che dipendono dallo sfruttamento di combustibili fossili, e che non sono solamente le multinazionali del petrolio ma anche intere nazioni?
La storia inizia con un evento fortemente drammatico: un’onda anomala di calore colpisce l’Indostan causando la morte di milioni di persone, intere regioni spopolate da una temperatura così alta da rendere impossibile la vita, e da causare anche il collasso elettrico di qualsiasi condizionatore. La tragedia provoca macro-effetti e micro-effetti: innanzitutto il governo nazionalista dell’India si dissolve, e il nuovo governo decide, contro il parere del resto del mondo, di spargere nel cielo del subcontinente un aerosol che riflette la luce solare impedendo un nuovo aumento di temperatura. Contro la maggior parte delle previsioni, e delle minacce di guerra dei paesi confinanti, la soluzione funziona. Allora, c’è chi finalmente prende coscienza di quanto accaduto e delle responsabilità dirette; nascono i Figli di Kali, un’organizzazione che ha l’obiettivo di vendicarsi individualmente sulle persone fisiche responsabili del surriscaldamento del pianeta, naturalmente con metodi terroristi.
La trama segue anche, a capitoli alterni, i micro-effetti della tragedia indiana: uno dei protagonisti, Frank May, volontario di un’organizzazione umanitaria scampato per caso all’ondata di calore, cerca a sua volta una vendetta individuale ma è respinto dai Figli di Kali. Deciso a agire comunque, sequestra per una sera Mary Murphy, minacciandola perché l’istituzione che lei presiede non sarebbe sufficientemente incisiva nel combattere il cambiamento climatico. Questo provoca in Murphy una progressiva presa di coscienza, e le fornisce probabilmente l’impulso per ampliare l’azione sui diversi attori energetici e aumentare la pressione, con qualsiasi mezzo.
Il romanzo alterna a lunghi capitoli il cui i protagonisti sono Mary e Frank, a capitoli più brevi scritti in una varietà di stili diversi — trascrizioni di conversazioni o dibattiti ufficiali, rapporti e relazioni, racconti di prima mano, confidenze, memorie — che offrono quel ventaglio di situazioni provenienti da tutto il modo che un plot classico non riuscirebbe a coprire. Robinson sposta il baricentro della fiction dagli Usa, che come dice esplicitamente sono un freno al cambiamento, verso l’Europa, nella quale individua l’epicentro tra i paesi in via di sviluppo e il primo mondo, il punto dove il cambiamento avrà inizio. La sede del Ministero per il Futuro è stabilita in Svizzera, a Zurigo — città che l’autore conosce bene perché visse qui due anni, dove la moglie seguiva un dottorato in tossicologia ambientale.
The Ministry for the Future contiene una quantità di idee pratiche su come potrebbe avvenire una rivoluzione sostenibile nel tempo che ancora rimane prima che il disastro diventi inevitabile, e mostra anche come l’operazione non sarà per nulla indolore, dal momento che malgrado ogni ragionevolezza ci saranno fortissime resistenze da parte di chi preferisce un vantaggio personale immediato a una situazione di equilibrio di lunga durata.
Molte idee messe in campo dall’autore possono essere valide suggestioni per gli esperti, specialmente in campo economico; altre sono più fiction, ma è dalla congiunzione di tutti questi elementi che il futuro si assesta su un nuovo binario. Riporto alcune di queste idee:
- l’emissione di carbon coins effettuata dalle banche centrali dei paesi più avanzati, per retribuire il sequestro di carbonio dall’atmosfera o la rinuncia ai combustibili fossili; la valuta viene sostenuta attivamente da banche centrali e governi per impedire speculazioni, anche con interventi di dissuasione decisamente drastici; l’idea di quantitative easing contro il cambiamento climatico non è certo nuova, ma la fiction consiste nel fatto che invece di limitarsi a imporre una tassa su chi inquina, si emette una valuta nuova che sostituisce poco per volta euro e dollaro negli scambi internazionali; più avanti, nelle parole dell’autore, maggiori dettagli;
- l’assunzione di responsabilità diretta, da parte delle banche centrali, non solo sulla politica monetaria e la disoccupazione, ma anche sul contrasto alla catastrofe climatica;
- il contrasto allo scioglimento dei ghiacci antartici con la riconversione di impianti d’estrazione di combustibili fossili, destinati al pompaggio di acqua dall’oceano ai ghiacciai, in modo che si ri-congeli;
- la creazione di “habitat corridors” sempre più estesi, per il ripopolamento animale, a partire dal Nordamerica e poi agli altri continenti;
- la diluizione nel mar glaciale artico, ormai privo di ghiacci permanenti, di una soluzione colorante per aumentare l’albedo del pianeta e impedire un ulteriore innalzamento della temperatura globale;
- la diffusione di consapevolezza individuale grazie a organizzazioni come la 2.000 Watt Society che insegna agli aderenti a vivere con un massimo giornaliero di consumo energetico procapite;
- l’emissione dell’equivalente di passaporti Nansen alle migliaia di rifugiati che dalle zone di catastrofe ecologica migrano illegalmente in Europa, con relativa possibilità di circolazione e integrazione;
- esperienze di lavoro in aziende di proprietà cooperativa che appartengono alle varie comunità locali, anche recuperando tradizioni consolidate di produzione non capitalista;
- lo smantellamento dell’aviazione civile come mezzo di trasporto su lunga distanza, a causa di due ondate di attacchi terroristici con droni, virtualmente inarrestabili, che provocano migliaia di vittime: solo velivoli a propulsione elettrica vengono risparmiati;
- la trasformazione della propulsione del trasporto navale, anche qui a causa di ripetuti affondamenti con armi impossibili da rilevare, e il conseguente frazionamento dei trasporti su tonnellaggi molto più limitati, a propulsione elettrica e a vento;
- la creazione di un servizio segreto del Ministero, delle cui operazioni neppure Murphy è a conoscenza, e che potrebbe essere responsabile di sabotaggi a stabilimenti inquinanti e persino omicidi mirati; da questo punto di vista, neppure gli avversari del cambiamento sostenibile vanno per il sottile, Mary Murphy stessa è oggetto di un attentato, e una delle sue più strette collaboratrici viene assassinata.
La differenza di prospettiva tra The Ministry e un altro romanzo che racconta la transizione tra il nostro mondo e il mondo nuovo, Walkaway di Cory Doctorow, è nel fatto che mentre l’autore canadese mette in scena una vera e propria guerra tra i privilegiati e le avanguardie della sostenibilità, Robinson sceglie di raccontare una trasformazione ottenuta con azioni sui poteri suscettibili di cambiamento, banche centrali e governi.
Riporto qui di seguito stralci da un’intervista a Kim Stanley Robinson che ho tradotto dal sito Resilience a cura di Vicki Robin del Post Carbon Institute.
Franco Ricciardiello
Cosa potrebbe ancora andare bene?
Sono Vicki Robin, presentatrice di What Could Possibly Go Right?, un progetto del Post Carbon Institute. Oggi ho il privilegio di parlare con l’autore di uno dei libri più importanti, a mio modesto parere, nel campo della sostenibilità, The Ministry for the Future. Kim Stanley Robinson guida il suo romanzo attraverso quella serie di forze, minacce e opportunità, buone idee e oscure possibilità che rappresentano la nostra situazione oggi qui sulla terra. Traccia un percorso abbastanza credibile indicando come la civiltà potrebbe passare attraverso la cruna dell’ago della sopravvivenza e voltare pagina, invertendo la marea intorno al 2050. Non sarà piacevole. Non sarà facile. Non avverrà senza una massiccia dislocazione, ma [Robinson] insiste nell’ipotizzare rimedi che possono ancora funzionare. Il campo delle previsioni future va dall’adattamento a ciò che non possiamo cambiare, alla mitigazione a ciò che possiamo cambiare, e fondamentalmente alla negazione, come se non ci trovassimo già in quel film. Sembra un po’ una situazione da Alcolisti Anonimi, ma [l’autore] insiste sul fatto che abbiamo ancora tempo e non possiamo rinunciare a provare ad abbattere le molte barriere psicologiche, sociali e istituzionali per fare ciò che sappiamo essere giusto, anche se sembra impossibile.
[…]
Benvenuto a What Could Possibly Go Right, apprezzo davvero che lei abbia accettato di parlare con noi in questo podcast. Dirò solo che il suo libro inizia con una crisi travolgente e una stretta via d’uscita. Un’ondata di caldo letale colpisce l’India, e un ministero delle Nazioni Unite di nuova costituzione, in virtù dell’Accordo sul clima di Parigi, rappresenta i diritti di chi ancora deve nascere e di tutti gli esseri viventi. Una delle cose che amo è che in tutto il libro, troviamo tanti temi di attualità; politica e contestazione, eco-terrorismo, economia, cambiamento dello stile di vita, geoingegneria e molto altro, tutto in qualche modo coinvolto in un cambiamento adeguato a evitare il collasso. Intreccia spiegazioni di psicologia e psicologia sociale e dai voce al solare. È come se quasi tutti avessero una parte in questa storia. Ed è, infatti, la storia che stiamo vivendo, in cui ognuno ha un ruolo. […] Comunque, eccoci qui, e arriviamo alla mia domanda di base, Stan, che è: di fronte a tutto ciò che sta succedendo, cosa potrebbe andare bene?
Kim Stanley Robinson – Bene, grazie per tutto, Vicki. Apprezzo l’opportunità di parlare soprattutto delle cose che potrebbero andare bene se volessimo, perché davvero concepisco il mio lavoro come scrittore di fantascienza utopico. L’ho concettualizzato in questo modo. Ci sono arrivato da molte angolazioni diverse, risalendo a circa trenta anni fa e ispirato dalla mia maestra e amica Ursula LeGuin, la grande romanziera utopica della generazione prima di me, e dal mio collega scozzese, Ian Banks. È un gruppo piuttosto ristretto di persone che fanno fantascienza utopica. Ora è diventato uno strumento di pensiero necessario per determinare la nostra strada da seguire; per provare a decidere cosa fare, come individui e come società, aiuta molto avere un’immagine di ciò che vogliamo e di cosa sia possibile. Quindi lo faccio da molto tempo. Ma ora, penso di aver combinato la consapevolezza dei pericoli derivanti dal cambiamento climatico, dal riscaldamento globale e dalla distruzione dell’habitat, e in aggiunta lo schiaffo in faccia della pandemia, e la consapevolezza che siamo in una civiltà planetaria, che la biosfera è importante, che le cose possono velocemente andare storte, e che è necessario un delicato atto di riequilibrio, un coordinamento di tecnologie e sistemi sociali che lavorano insieme in un modo improvvisato che attualmente non è ben diretto da alcun tipo di, diciamo, governo o coordinamento mondiale. Abbiamo l’ONU,e voglio dire che tra le ispirazioni per questo mio ultimo libro, il Ministero per il futuro, che è solo il più recente risultato di questo sforzo, c’è l’accordo di Parigi firmato nel 2015, un traguardo monumentale e un evento importante nella storia del mondo perché costituisce la base per discutere su come andare avanti nell’affrontare tutte queste crisi. Così ho deciso di basare il mio romanzo sull’Accordo di Parigi come principio organizzativo e su un ente internazionale. Poi ho anche iniziato ad accettare il fatto che non possiamo permettere che la temperatura della Terra diventi molto più alta di adesso, senza creare ondate di calore mortali. Questa cosiddetta temperatura di bulbo umido, “bulbo umido 35”, è un indice di calore. È una combinazione di calore e umidità assoluti. Quando si arriva a una combinazione di calore e umidità sufficientemente alta, è semplicemente fatale per gli esseri umani che non hanno l’aria condizionata. Questo è un fatto nuovo, puoi prendere la macchina del tempo e tornare a cinque o sette anni fa, e la gente non ne parlava. Un bel po’ di intellettuali, economisti o esperti di scienze umane, tutti parlavano di adattamento, che semplicemente non saremmo stati in grado di mantenere l’aumento a 1,5°, o anche a 2°, e che gli umani sono duri, gli umani sono adattabili, si sarebbero semplicemente adattati, avremmo fatto il necessario. Non si rendevano conto che in effetti non possiamo adattarci a certe temperature che in questo momento sono molto vicine.
Quindi ci sono in ballo due cose. Siamo in una situazione di emergenza, è un decennio che stiamo con le mani in mano. Dall’altra parte abbiamo questa organizzazione, abbiamo questo accordo, l’Accordo di Parigi, che ha il diritto di istituire comitati permanenti. Quindi io faccio istituire il comitato permanente del Ministero per il Futuro, e il mio romanzo è costruito attorno a questo. Questo è lo scenario, e ho cercato il problema più grande che potrebbe presentarsi su questa via. Abbiamo enormi poteri scientifici. Abbiamo poteri tecnologici. Probabilmente, la civiltà è più potente ora di quanto non lo sia mai stata in termini di grandezza. Ma non siamo ancora riusciti a decarbonizzare abbastanza velocemente. Allora qual è il problema? Bene, ho deciso che è fondamentalmente una questione di denaro, di economia, è il capitalismo neoliberista che in questo momento è l’ordine mondiale, è il sistema economico di questo mondo (anche Cina e Cuba fanno parte del capitalismo neoliberista); si premia in termini di profitto e valore per gli azionisti. Ma questo significa guadagnare in un modo differente. Il profitto è un indice diverso, che rivela che hai ottenuto più valore di quanto ne hai investito. E va bene sfruttare le persone, va bene sfruttare la biosfera in modi non sostenibili — se puoi realizzare un profitto, va bene. Ed è proprio l’unica regola che governa tutti noi, l’unica regola che ci lega.
In un tale sistema, il capitale punta sempre al più alto tasso di rendimento. E il tasso di rendimento più alto potrebbe essere qualsiasi cosa, ma il capitale non perseguirà altro. Così che se ci fosse qualche pratica distruttiva che ti dà un ritorno dell’8% sul tuo investimento, e qualcosa in realtà molto vantaggioso per la biosfera e per le persone del futuro, che ti dà solo un ritorno del 6% sul tuo investimento, i soldi andrebbero all’8%. È un algoritmo. Non è una legge di natura, ma è una legge della civiltà attualmente in vigore, giusto?
Di conseguenza siamo un po’ condannati, perché siamo in un sistema economico che non ci pagherà per fare le cose giuste. Non è una diagnosi originale per me, sono più giornalista di quanto non sia un pensatore originale, ma ho visto che questo è un argomento convincente, che siamo in guai terribili. Poi ho pensato, beh, non semplicemente potrai rivedere tutte le regole della civiltà quando ne avrai bisogno, nei prossimi cinque anni. Dunque, cosa nel sistema attualmente esistente potrebbe essere utilizzato per rovesciare quel semplice algoritmo di profitto? E qui sono arrivato al quantitative easing, e ancora una volta, sto solo recuperando che le idee di una certa piccola fetta del mondo dell’economia politica, ferocemente discusse. Ma tutti abbiamo visto il quantitative easing nel 2008, dopo il grande crollo del settore immobiliare, e poi l’anno scorso con la pandemia, e poi la scorsa settimana, con il gigantesco disegno di legge del Congresso degli Stati Uniti, e le stesse cose erano state in corso nell’Unione europea: è creazione di nuova moneta. E ciò che è interessante quando aggiungi la parola carbon al quantitative easing, è che il nuovo denaro è specificamente designato, innanzitutto alla decarbonizzazione. Dopodiché, lo spendi in cose buone e fluisce nell’economia come qualsiasi altro denaro. È un mezzo di scambio, d’immagazzinamento di valore. Ma è la prima spesa creata dai governi – dovrei aggiungere qui, perché è davvero importante dire che questa non è una criptovaluta. Questa non è una valuta privata come Bitcoin, che è fondamentalmente una truffa e, in effetti, un film horror di una truffa in quanto brucia un sacco di carbonio per creare qualcosa che è fondamentalmente prezioso come i tulipani. In altre parole, è solo una bolla speculativa. Ma sto parlando di valuta legale, denaro creato dai governi e sostenuto dalle banche centrali. Quindi, se le banche centrali si unissero e dicessero che creeremo, per il bilancio annuale, un paio di trilioni di dollari all’anno, che vanno direttamente al lavoro di decarbonizzazione e pagano le cose necessarie a salvarci dalle temperature “bulbo umido”, questo comincerebbe ad abbassare la temperatura, risucchiando il carbonio dall’atmosfera. E impedirebbe di bruciare più carbonio attraverso i combustibili fossili, e anche i combustibili fossili stessi dovrebbero essere considerati una sorta di risorsa bloccata per le nazioni che controllano i combustibili fossili tra cui gli USA: e ci sono una decina, o una dozzina di importanti stati petroliferi che hanno bisogno di sapere che le loro finanze non saranno rovinate mantenendo sottoterra quel carbonio che hanno già ceduto. Questi accordi finanziari assomigliano a quello che John Maynard Keynes dovette fare dopo la prima guerra mondiale, dopo la depressione, e dopo la seconda guerra mondiale: iniziare a usare i poteri del governo per le risorse da spendere per fare le cose giuste. Sappiamo quali sono le cose giuste. Quindi è davvero una questione di spendere per esse.
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