di Isaijah Johnson, da The journal of sustainability education, traduzione dall’inglese di Silvia Treves; si può leggere la prima parte a questo link

Terza parte

Conclusione: solarpunk come pedagogia

Per i giovani di oggi c’è una minaccia persistente e strisciante. Questa minaccia, paradossalmente, non è il cambiamento climatico, ma il dolore climatico. Cioè, una società ben organizzata e consapevole potrebbe facilmente affrontare il problema del cambiamento climatico nei prossimi decenni, passando alle energie rinnovabili, riducendo drasticamente i consumi e allontanandosi da un sistema economico che glorifica la crescita senza limiti.

Tuttavia, una società che crede che il cambiamento climatico sia inevitabile – che “le cose non possano essere altrimenti” – è una società condannata. Mi vengono in mente le prime righe del Discorso sul colonialismo di Césaire:

Una civiltà che si dimostra incapace di risolvere i problemi che crea è una civiltà decadente.
Una civiltà che sceglie di chiudere gli occhi sui propri problemi più cruciali è una civiltà compromessa.
Una civiltà che usa i propri principi per l’inganno e l’imbroglio è una civiltà moribonda. (Césaire, 1972, p. 9)

Césaire, 1972, p. 9

Queste parole potrebbero anche essere state scritte specificamente per la questione del cambiamento climatico, anzi, il fatto che siano state scritte per il colonialismo serve a sottolineare la relazione tra i due. Ciascun momento in cui il cambiamento climatico non viene combattuto, con ogni strumento disponibile, è un momento in cui noi, ovvero quelli del Nord del mondo, anteponiamo la convenienza alla giustizia. Affrontare il cambiamento climatico come ineluttabile – cedere al dolore per il clima – significa rinunciare alla causa della giustizia proprio quando ci viene imposta in modo più cruciale. Sebbene non ci siano proiettili d’argento per combattere la crescente rassegnazione nichilista del dolore climatico, ci sono buone ragioni per credere che il solarpunk sia una parte importante della lotta.

Come narrativa speculativa interessata nell’immediato all’ecologia, la letteratura solarpunk si trova all’intersezione tra l’educazione alla sostenibilità e l’ecocritica. In parole povere, l’ecocritica si riferisce allo studio della letteratura attraverso una lente ambientale o ecologica, con particolare enfasi sulla rappresentazione della “natura” nel testo (Cohen, 2004; Glotfelty, 1996; Howarth, 1995). Nel suo testo fondamentale di ecocritica, William Rueckert (1978) infonde principi ecologici nella critica letteraria, sostenendo che la creatività della letteratura è “parte dei percorsi energetici che sostengono la vita” (p. 108). Proprio come l’energia del sole scorre attraverso gli ecosistemi, dagli organismi fotosintetici ai predatori apicali (e viceversa), così anche il coinvolgimento con la letteratura consente all’energia creativa di fluire attraverso la comunità umana. L’energia creativa della letteratura è “il sole da cui dipende la vita nella comunità umana”, la forza che ispira il pensiero e rende possibile l’azione (p. 109). L’ecologia letteraria di Rueckert traccia una connessione diretta e letterale tra pedagogia, critica letteraria e armonia ecologica. Egli spiega:

“La letteratura in generale e le opere individuali in particolare sono uno dei tanti soli dell’umanità. Noi abbiamo bisogno di scoprire modi di usare questa fonte di energia rinnovabile per mantenere quell’altra fonte di energia finale [il sole]… che scorre nella biosfera. Dobbiamo fare dei collegamenti tra la letteratura e il sole, tra l’insegnamento della letteratura e la salute della biosfera… Uno dei motivi per cui l’insegnamento e la scuola sono così importanti (per la letteratura, comunque) è che intensificano e continuano questo processo [di circolazione dell’energia] fornendo l’ambiente in cui l’energia immagazzinata della poesia può essere rilasciata per portare avanti il ​​suo lavoro di creazione e comunità”.

Rueckert, pagg. 109-111

Se oggi è “più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, allora il solarpunk mira a immaginare il bel futuro che la catastrofe climatica minaccia di portarci via.

Rueckert ci incoraggia a considerare l’insegnamento della letteratura come un meccanismo attraverso il quale disperdere l’energia creativa all’interno di una comunità (la classe scolastica), allo scopo di produrre cambiamento all’interno e all’esterno di quella comunità. I mondi solarpunk sono intrisi del tipo di energia di cui parla Rueckert: non solo l’empatia che ispira un mondo migliore, ma anche visioni delle soluzioni pratiche che lo rendono possibile. Il genere solarpunk è forse la massima manifestazione di “una poetica ecologica”, una visione letteraria per il futuro del rapporto umano-ambiente (p. 114).

L’educazione alla sostenibilità cerca, tra le altre cose, di incoraggiare lo “sviluppo di conoscenze, abilità, valori e atteggiamenti necessari per la transizione verso una società più sostenibile e giusta per tutti” (Evans, 2019, p. 11). Che questa possa essere considerata la missione dello stesso solarpunk non è un caso. La fantascienza è stata spesso citata come fonte di ispirazione per le nuove tecnologie e gli sviluppi sociali, dai “robot” di Asimov alla figura sempre più identificabile del cyborg (Haraway, 1991; Idier, 2000). In effetti, la promessa della narrativa prefigurativa non è semplicemente che possa predire il futuro, ma che lo produrrà. Proprio come qualcuno ispirato dagli uomini meccanici nelle storie di Asimov può perseguire la robotica, le tecnologie, le società e l’architettura sostenibili del solarpunk possiedono il potenziale per ispirare la loro stessa esistenza.

In questo modo, la narrativa solarpunk può essere considerata pedagogica: attraverso la rappresentazione e stimolando l’immaginazione, la conoscenza, le abilità e la creatività necessarie per produrre un futuro ecologico si fanno strada nei cuori e nelle menti dei lettori. Questa è una virtù che può essere messa in luce sia leggendo narrativa solarpunk sia scrivendola: in effetti, scrivere solarpunk richiede agli studenti di considerare quali aspetti della struttura socioeconomica contribuiscano al danno ambientale e di immaginare come possano essere superati o migliorati. Allo stesso modo, l’enfasi sulla giustizia climatica che è insita nel genere promuove i valori e gli atteggiamenti specifici necessari per una transizione verso la sostenibilità, in parte perché questa è la ragion d’essere del solarpunk.

Come scrive Ursula Le Guin (1974), “se la fantascienza ha un grande dono da offrire alla letteratura, penso sia proprio questo: la capacità di affrontare un universo aperto. Aperto fisicamente, aperto psichicamente. Nessuna porta chiusa” (pp. 24-25). I mondi solarpunk lasciano aperta la porta fisica (cioè economica e tecnologica) verso la sostenibilità, illuminando i lettori con le conoscenze e le abilità dei loro abitanti; e lasciano aperta la porta psichica (cioè etica e culturale) verso la sostenibilità con il loro impegno per la giustizia razziale, di genere e climatica. Le Guin sottolinea il modo in cui la fantascienza insegna ai lettori a considerare la totale possibilità che hanno di fronte: il fatto che del futuro non si è ancora parlato. In questo senso, la fantascienza fornisce un terreno fertile per l’insegnamento letterario o l’analisi che altera l’immaginario sociale dei suoi lettori. Come spiega Buckles (2018), “l’immaginario sociale è la comprensione comune che rende le pratiche sociali possibili e legittime” (p. 16). Come spiegato prima, la fantascienza ha la capacità di alterare il panorama di ciò che i lettori credono sia possibile, tecnologicamente o socialmente. Il solarpunk porta avanti con orgoglio questa tradizione pedagogica, contribuendo esso stesso alla produzione di un “immaginario sociale ecologico”, cioè “basato su una visione globale, orientata al futuro ed ecocentrica del mondo” (Buckles, 2018, p. 125).

Il solarpunk ci arriva come un “messaggio dal futuro”, come storie [narrate] dal punto di vista di persone che sono riuscite a mobilitarsi contro il cambiamento climatico. In quello che sarà inevitabilmente considerato un pezzo fondamentale e politicamente importante della narrativa solarpunk, “Un messaggio dal futuro con Alexandria Ocasio-Cortez“, una Ocasio-Cortez più anziana spiega come appaia il futuro e come ci siano arrivati ​​(Ocasio-Cortez & Lewis, 2019). Il video descrive il ruolo della ridistribuzione della ricchezza, i cambiamenti fondamentali nell’occupazione, nello stile di vita, nella pianificazione, ecc.; in breve, offre una tabella di marcia per un futuro solarpunk. Il fotogramma con cui termina il video mostra la didascalia “possiamo essere qualunque cosa abbiamo il coraggio di vedere”, riflettendo la relazione tra narrativa piena di speranza e giustizia climatica.

Dietro la didascalia c’è un gruppo di persone razzialmente e culturalmente diverse in una città verdeggiante e dotata di pannelli solari. Questa combinazione di speranza, giardini, diversità e trasporto pubblico di alta qualità è decisamente solarpunk. Poiché il solarpunk viene dal futuro, rompe l’illusione che le cose non possano essere così. Se oggi è “più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, allora il solarpunk mira a immaginare il bel futuro che la catastrofe climatica minaccia di portarci via. Forse, facendo il lavoro pesante di immaginare il futuro per noi, il solarpunk può cambiare la formulazione, può rompere il nostro coma autoindotto e spronarci all’azione. Come afferma Strazds (2019), “quando ispiriamo speranza, ispiriamo azione e vediamo il cambiamento”.

La narrativa può insegnarci quale potrebbe essere il futuro mostrandoci che, contro “l’inganno e l’imbroglio” che rendono difficile immaginare un mondo migliore, le cose possono davvero cambiare. La narrativa offre visioni del mondo (o del suo possibile futuro) che sono nuove, che non sono mai state espresse prima. In questo senso, la narrativa offre un nuovo vocabolario per comprendere il presente e il futuro. La narrativa solarpunk è “uno strumento per fare qualcosa che non avrebbe potuto essere considerato prima dello sviluppo di un particolare insieme di descrizioni, quelle che essa stessa aiuta a fornire” (Rorty, 1989, p. 13). Coloro che non vedono un futuro di successo nella lotta ai cambiamenti climatici probabilmente non adotteranno le misure per arrivarci. L’ansia climatica emerge non di fronte al cambiamento climatico, ma di fronte alla nostra riluttanza collettiva ad agire su di esso. Per evitare la trappola del dolore climatico nichilista, dobbiamo comprendere in modo genuino e profondo che possiamo e vogliamo fare i cambiamenti necessari.

Il solarpunk, con la sua bella estetica e la sua visione commovente, dimostra che i cambiamenti richiesti a coloro che vivono nel Nord del mondo non devono essere sacrifici, che il futuro riserva più meraviglia se è solarpunk piuttosto che se resta il mondo pseudo-cyberpunk in cui viviamo oggi. Se la resistenza all’azione sui cambiamenti climatici deriva dalla paura di perdere il proprio tenore di vita, il solarpunk dimostra che questi cambiamenti ne valgono la pena, dal punto di vista della giustizia e del benessere. Gli impegni del solarpunk nei confronti della giustizia, dell’amore e della bellezza sono incoraggianti. È un antidoto al dolore climatico; è il tipo di energia che può spingere l’azione. Come cultura, non siamo “in grado di chiarire esattamente ciò che [vogliamo] fare prima di sviluppare il linguaggio in cui [riusciamo] a farlo” (Rorty, 1989, p. 13). Se quel linguaggio è qualcosa, è il linguaggio estetico e narrativo del solarpunk.


Letteratura solarpunk consigliata

Letteratura solarpunk consigliata

  1. Ecotopia di Ernest Callenbach
  2. Glass and Gardens: Solarpunk Summers curato da Sarena Ulibarri
  3. Sunvault: Stories of Solarpunk and Eco-speculation curato da Phoebe Wagner & Brontë Christopher Wieland
  4. The Fifth Sacred Thing di Starhawk
  5. Suncatcher: Seven Days in the Sky di Alia Gee

3 — fine

traduzione di Silvia Treves

Isaijah Johnson è uno studente dell’Università della California, Los Angeles, dove studia storia e filosofia: una vasta gamma di argomenti, dai modelli e dalle strutture del colonialismo all’analisi dei media digitali.


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