Marco Melis
Sebbene i viticci del solarpunk sembrino essersi avviluppati attorno al mondo della narrativa, dando vita a una produzione propulsiva e in continua evoluzione, ci sono altri campi dell’arte, come quello del cinema e della musica, in cui le radici di questo movimento stanno ancora cercando di germinare.
Per quanto riguarda il cinema non abbiamo ancora una vera e propria opera d’esordio conosciuta, ma nell’attesa, a noi di Solarpunk Italia piace trovare tracce di questa narrazione anche in opere non dichiaratamente solarpunk, o addirittura precedenti alla nascita del movimento. Come saprete, Riccardo Muzi segnala film “a tema” all’interno del sito, mentre Franco Ricciardiello e Antonio Ippolito fanno lo stesso con la narrativa.
Molto più raramente invece si parla di musica. Non è certo scontato che un sottogenere fantascientifico debba per forza contagiare anche l’ambito musicale (al contrario di come accade tra il cinema e la letteratura), ma il solarpunk è innanzitutto un movimento globale, un’istanza sociale e ambientale che ha l’assoluta necessità di farsi sentire. Si può decidere di etichettarsi o meno come solarpunk, ma è certo che molte persone al mondo fanno (e sono) solarpunk anche senza saperlo. E magari hanno la sensazione che le proprie voci, o grida, non vengano ascoltate da nessuno, come accade ai nativi del nord e sud America. È qui che entra in gioco il vero valore del solarpunk: stringere parentele, non solo tra umani e non umani, ma anche tra umani fisicamente e culturalmente molto lontani tra loro, che tuttavia lottano per gli stessi princìpi.
Se è vero che anche la musica può portare al pubblico una narrazione più impegnata, io credo che possa dimostrarsi un ottimo mezzo anche per parlare di ambiente, di minoranze e repressione. Sporadicamente lo fa già, certo, ma non esiste un movimento musicale che si occupa di queste cose in maniera omogenea.
Tutto ciò non significa che artisti indipendenti nel mondo non stiano già lavorando alla composizione di brani musicali solarpunk; anzi, sperimentazioni sono già in atto e si trovano facilmente nella rete. Potremmo senz’altro dedicare loro spazio in altri articoli, tenendo conto che la maggior parte dei musicisti ora si sta concentrando sulla ricerca di un sound solarpunk, cosa che trovo importante e legittima.
C’è tuttavia il rischio anche qui di limitarsi a una musica “utopica”, che rimanda ai suoni di ambienti naturali, come quelli che si possono ascoltare su Youtube per rilassarsi mentre si sta facendo yoga in un palazzo di centro città pervaso dallo smog. La musica può e deve ammaliare, certo, ma c’è un motivo se si chiama solar-punk. È con le parole che si può denunciare, si può graffiare (e il solarpunk ha tanto bisogno di graffiare in questo momento), legandosi e rinforzando le richieste di aiuto e di intervento che una grossa fetta di popolazione mondiale lancia da anni, con scarsi risultati.
Ci auguriamo che anche in Italia si riesca a produrre pezzi nuovi da questo punto di vista, e che riescano ad avere un certo rilievo. Andando a pescare in ambito internazionale, vorrei proporre come spunto un brano che possiede tutte le carte in regola per potersi definire una canzone solarpunk, sebbene risalga al 2010. Si tratta di “Latinoamérica“, un’opera dei Calle 13 in collaborazione con Totó la Momposina, Susana Baca, María Rita e Gustavo Santaolalla.
René Pérez, il cantante principale e rapper dei Calle 13, detto Residente (Eduardo Cabra è l’altro membro del duo, suo fratellastro, che si occupa della composizione), canta le strofe, mentre i ritornelli spettano rispettivamente alle autrici Totó la Momposina, Susana Baca e María Rita. Se volete, prima di leggere il testo potete ascoltare e gustarvi il video.
La canzone rivendica i diritti e gli sfregi (ambientali, civili…) del sud America, con rime evocative e di un’incisività rara. Leggiamo il testo con la traduzione:
Soy, soy lo que dejaron
Soy toda la sobra de lo que se robaron
Sono, sono quel che hanno lasciato
Sono l’avanzo di ciò che hanno rubato
Un pueblo escondido en la cima
Mi piel es de cuero por eso aguanta cualquier clima
Un paesino nascosto nella cima
La mia pelle è di cuoio per questo resiste a qualsiasi clima
Soy una fábrica de humo
Mano de obra campesina para tu consumo
Sono una fabbrica di fumo
Manodopera contadina per il tuo consumo
Frente de frio en el medio del verano
El amor en los tiempos del cólera, mi hermano
Fronte di freddo nel mezzo dell’estate
L’amore nei tempi del colera, fratello mio
El sol que nace y el día que muere
Con los mejores atardeceres
Il sole che nasce e il giorno che muore
Con i migliori tramonti
Soy el desarrollo en carne viva
Un discurso político sin saliva
Io sono lo sviluppo in carne viva
Un discorso politico senza saliva
Las caras más bonitas que he conocido
Soy la fotografía de un desaparecido
Le facce più belle che ho conosciuto
Sono la fotografia di un desaparecido
La sangre dentro de tus venas
Soy un pedazo de tierra que vale la pena
Il sangue dentro le tue vene
Sono un pezzetto di terra che vale la pena
Una canasta con frijoles
Soy Maradona contra Inglaterra anotándote dos goles
Un cestino di fagioli
Sono Maradona contro l’Inghilterra segnandoti due gol
Soy lo que sostiene mi bandera
La espina dorsal del planeta es mi cordillera
Sono ciò che sostiene la mia bandiera
La spina dorsale del pianeta è la mia cordigliera
Soy lo que me enseño mi padre
El que no quiere a su patria no quiere a su madre.
Sono ciò che mi ha insegnato mio padre
Chi non ama la sua patria non ama sua madre
Soy América latina
Un pueblo sin piernas pero que camina (Oye)
Sono l’America Latina
Un popolo senza gambe però che cammina (Oye)
(ritornello)
Tú no puedes comprar al viento
Tú no puedes comprar al sol
Tu non puoi comprare il vento
Tu non puoi comprare il sole
Tú no puedes comprar la lluvia
Tú no puedes comprar el calor
Tu non puoi comprare la pioggia
Tu non puoi comprare il calore
Tú no puedes comprar las nubes
Tú no puedes comprar los colores
Tu non puoi comprare le nuvole
Tu non puoi comprare i colori
Tú no puedes comprar mi alegría
Tú no puedes comprar mis dolores
Tu non puoi comprare la mia allegria
Tu non puoi comprare i miei dolori
Tengo los lagos, tengo los ríos
Tengo mis dientes pa′ cuando me sonrío
Ho i laghi, ho i fiumi
Ho i denti per quando mi sorrido
La nieve que maquilla mis montañas
Tengo el sol que me seca y la lluvia que me baña
La neve che trucca le mie montagne
Ho il sole che mi asciuga e la pioggia che mi bagna
Un desierto embriagado con peyote un trago de pulque
Para cantar con los coyotes
Un deserto ubriaco di peyote un sorso di pulque
per cantare con i coyote
Todo lo que necesito
Tengo mis pulmones respirando azul clarito
Tutto ciò di cui ho bisogno
I miei polmoni respirano azzurro
La altura que sofoca
Soy las muelas de mi boca mascando coca
L’altezza che soffoca
Sono i denti della mia bocca, masticando coca
El otoño con sus hojas desmayadas
Los versos escritos bajo la noche estrellada
L’autunno con le sue foglie svenute
I versi scritti sotto la notte stellata
Una viña repleta de uvas
Un cañaveral bajo el sol en cuba
Una vigna piena di uva
Un canneto sotto il sole a Cuba
Soy el mar Caribe que vigila las casitas
Haciendo rituales de agua bendita
Sono il mare dei Caraibi che sorveglia le casine
Facendo rituali di acqua benedetta
El viento que peina mi cabello
Soy todos los santos que cuelgan de mi cuello
Il vento che pettina i miei capelli
Sono tutti i santi che pendono dal mio collo
El jugo de mi lucha no es artificial
Porque el abono de mi tierra es natural
Il succo della mia lotta, non è artificiale
Perché il fertilizzante della mia terra è naturale!
– segue ritornello, prima in spagnolo (qui lo ometto), poi in portoghese: –
Não se pode comprar o vento
Não se pode comprar o sol
Não se pode comprar chuva
Você não pode comprar o calor
Não se pode comprar as nuvens
Não se pode comprar as cores
Não se pode comprar minha alegrea
Não se pode comprar minha doloris
(Vámos caminando)
(Vámos caminando)
(Camminiamo)
(Camminiamo)
(Vámos caminando)
(Vámos dibujando el camino)
(Camminiamo)
(Disegniamo il cammino)
No puedes comprar mi vida
Mi tierra no se vende!
Non puoi comprare la mia vita
La mia terra non si vende!
Trabajo bruto pero con orgullo
Aquí se comparte, lo mío es tuyo
Lavoro duro, ma con orgoglio
Qui si condivide, ciò che è mio è tuo
Este pueblo no se ahoga con marullos
Y si se derrumba yo lo reconstruyo
Questa cittadina non affoga con le grandi onde
E se si distrugge io la ricostruisco
Tampoco pestañeo cuando te miro
Para que te recuerdes de mi apellido
Non batto ciglio quando ti guardo
Per far sì che ti ricordi il mio cognome
La operación cóndor invadiendo mi nido
¡Perdono pero nunca olvido! (Oye)
L’operazione Condor che invade il mio nido
Perdono ma non dimentico!
(Vamos caminando)
Aquí se respira lucha
(Camminiamo)
Qui si respira la lotta
(Vamos caminando)
Yo canto porque se escucha
(Camminiamo)
Io canto perché si ascolti
Aquí estamos de pie
¡Que viva La América!
Qui siamo in piedi
Viva l’America!
No puedes comprar mi vida
Non puoi comprare la mia vita
Il testo di questa canzone è intensissimo. Ogni verso evoca un elemento specifico che va a comporre un mosaico rappresentativo dell’America latina. Mi limito ora a evidenziare le frasi più emblematiche, che ci interessano da un punto di vista solarpunk:
Sono, sono quel che hanno lasciato
Sono l’avanzo di ciò che hanno rubato
Mano d’opera contadina per il tuo consumo
Sono un pezzetto di terra che vale la pena
Una vigna piena di uva
Un canneto sotto il sole a Cuba
Lavoro duro, ma con orgoglio
Qui si condivide, ciò che è mio è tuo
Questa cittadina non affoga con le grandi onde
E se si distrugge io la ricostruisco
Camminiamo, disegniamo il cammino (il futuro)
Qui si respira lotta
Tu non puoi comprare il vento, il sole, la pioggia, il calore, le nuvole, i colori, le mie gioie e i miei dolori, ma soprattutto, come recita la chiusa: Non puoi comprare la mia vita.
E poi il legame con la terra. Alla fine del secondo ritornello Totó la Momposina lo pronuncia con decisione: La terra, non si vende.
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