Nella nazione di Nastia la società evolve, accogliendo al proprio interno la diversità e la mescolanza fra generi ed etnie. Ma Sibilla, governata da forze ultraconservatrici, si dichiara Provincia Autonoma e rifiuta la tolleranza di Nastia, accanendosi in particolare contro le donne.

La provincia autonoma è controllata da un potere fortemente antifemminista e razzista rappresentato dal Primo Ministro Devius che possiede tutti i canali televisivi e che – con l’appoggio del Presidente e del Pontefice – ha fondato una vera e propria videocrazia. Il suo controllo sulla popolazione, che viene perennemente monitorata attraverso una infinità di telecamere, è totale;  gli spettacoli delle sue segretarie, trasmessi a tutta Sibilla, mandano un chiaro messaggio: a questo servono le donne.

“Alle sue spalle appaiono una schiera di ministri, tutti uomini dal primo all’ultimo e vestiti da capo a piedi, e un’infinità di segretarie e sottosegretarie, tutte donne nessuna esclusa e semisvestite. Al gesto sapiente di Devius due ragazze in minigonna e camicetta trasparente sui seni nudi e abbondanti emergono dal gruppo compatto per esibirsi nel balletto coreografico…”

La vicenda entra nel vivo in un momento cruciale per Sibilla, quando è appena stata approvata la legge D7, che vieta alle donne di parlare in luoghi pubblici. Devius liquida le proteste seguite e le domande di un giornalista rispondendo che le donne sono isteriche, non c’è alcun motivo perché parlino:

“– Una femmina non ha bisogno di parlare. È il suo corpo a parlare per lei”.

E chiude l’intervista con una pioggia di insulti volgari dedicati alle donne che hanno deciso di abbandonare Sibilla per vivere nella comunità di Città Libera. 

Tra le iniziative che peggiorano la vita delle donne vi è, come spiega con entusiasmo il Primo Ministro:  

“L’abolizione dell’aborto, fermamente voluta dal Sommo Plinius XXVIII e votata dal mio gruppo parlamentare, è stato il primo passo importante verso la salvaguardia della vita e della salute delle donne”.

Un tema che porta chi legge immediatamente con i piedi per terra, ricordando gli stati Usa nei quali l’interruzione di gravidanza è stata vietata e i tanti Paesi del mondo nei quali l’aborto è proibito.

Pandora, la giovane protagonista del racconto, decide di rinunciare al diploma e di abbandonare la scuola dove impara unicamente a superare le selezioni per entrare a far parte degli spettacoli di Devius. Così, lascia Sibilla e si dirige verso Città Libera. Il viaggio è rischioso ma la ragazza possiede talenti molto utili: è in grado di stornare da sé l’attenzione altrui, soprattutto se si tratta di sguardi maschili, e “vede”, grazie a ciò che lei chiama “L’Occhio del Futuro”. cose a cui non sa dare un nome:

“Oso vedere cose che nessuno schermo intende mostrare, non può essere tollerato dai governanti di Sibilla né dalla gente che mi circonda”.

Il suo viaggio verso Città libera è accompagnato da ricordi del suo breve passato: la madre che – come tutte le donne, dal momento del parto in poi – è stata allontanata una volta al mese per partecipare a misteriosi esperimenti… i libri, merce ormai rarissima, che gli operai e gli immigrati, gli unici a sapere ancora scrivere senza errori, distribuivano quando li trovavano.

La guerra che Sibilla conduce in ogni modo contro le donne si concretizza in molti modi: tenute sempre più in disparte, obbligate a tacere perché i corpi parlano per loro, ormai hanno difficoltà a “pronunciare frasi di senso compiuto in pubblico”. Anche molti uomini, però, si accontentano di esprimersi “in mugugni senza senso”. Bastano le immagini, insomma, e questa è un’altra vittoria della videocrazia.

Il viaggio si conclude in un luogo privo di telecamere e sicuro, perché a Devius la foresta sperduta in montagna non interessa, spopolata da secoli com’è. Nella solennità silenziosa degli alberi, Pandora trova un nuovo inizio. Il corpo degli alberi, le viene spiegato,

“è il corpo psichico e sociale della nostra comune di donne. Viviamo con la foresta ed essa vive con noi e dentro di noi”.

Di fronte alla perplessità della ragazza, alla sua incapacità di spiegare i talenti che possiede, Emery la rassicura: “Avrai tutte le parole che vuoi”.

Da qui in poi, la vicenda si svolge su due piani, quello della meditazione e della maturazione psicologica della ragazza, dell’addestramento collettivo per combattere contro i soldati che Devius prima o poi invierà, del dialogo continuo con le altre donne della comunità:

“Ancora non so di vivere attimi che vanno oltre la divisione del tempo, attualizzando il futuro nel riemergere del passato”

e quello delle spiegazioni che, sparse fra i dialoghi e le esperienze di vita, guidano lei e chi legge a comprendere meglio la storia recente di Sibilla.

Con stupore, Pandora si rende conto di quanto il governo della Provincia autonoma l’abbia impoverita, rimandandole l’immagine di una società certamente assurda ma impedendole persino di supporre

“che le cose potessero essere sovvertite o che un altro mondo fosse possibile, immaginando ad esempio che i sessi non fossero necessariamente soltanto due”.

Pandora, in conclusione, è una storia a più livelli, che comincia mettendo in scena una società resa ottusa da spettacoli idioti, immiserita dalla mancanza di parole, tenuta – tutta, le donne come gli uomini – sotto il tacco di una ignoranza colossale, e prosegue suggerendo il sogno di un possibile futuro, lontano ma non impossibile.

Da segnalare il lavoro attento dell’autrice sulle parole, sui suoni e sui nomi; un esempio per tutti: Devius, in latino significa “che esce dalla retta via”, “sregolato”, e la sregolatezza sboccata è senz’altro la sua caratteristica principale.

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