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Franco Ricciardiello

Sostengono Charlotte Kukowski e Emma Garnett della Cambridge University che le politiche e gli approcci psicologici alla transizione ecologica spesso enfatizzano eccessivamente l’iniziativa individuale, trascurando il modo in cui le disuguaglianze socioeconomiche possono limitare l’accesso alle alternative a basse emissioni di carbonio.

Le nazioni e le popolazioni meno ricche, come pure gli abitanti delle periferie delle città, hanno meno possibilità di acquisire in futuro uno stile di vita sostenibile: ad esempio, la mancanza di una rete capillare di trasporto pubblico costringe a usare un’auto privata per il lavoro, l’efficientamento energetico delle abitazioni richiede un investimento economico, e un’alimentazione sostenibile ha costi (in denaro ma anche come investimento di tempo) fuori portata per una parte della popolazione.

Spesso si sostiene che per ridurre a zero le emissioni di carbonio è essenziale la collaborazione di tutti, dal primo all’ultimo abitante del pianeta: ma per essere fatto in fretta e con efficienza, è necessario che il peso economico della transizione sia ripartito in maniera più equa, perché oggi ricade soprattutto sui meno abbienti. Ma come?

L’eonomista Lucas Chancel della Paris School of Economics, specializzato in diseguaglianze e in politica ambientale, insieme ai suoi colleghi, sostiene che il metodo è a portata di mano: occorre tassare i multimilionari.

Con un prelievo annuale tra 1,5% e 3% sui 65.000 patrimoni superiori a 100 milioni di dollari, in tutto il mondo, si può finanziare il cambiamento climatico nei paesi in via di sviluppo: un contributo sopportabile, ma che permetterebbe a milioni di persone di attutire le conseguenze della crisi ambientale.

Esattametne il contrario di quanto sostengono le teorie economiche neoliberiste.

Franco Ricciardiello

Fonti

Nature Climate Change

Sito personale di Lucas Chancel

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