Ridateci la memoria del nostri crimini


Scaricalo qui: I giorni delle meraviglie e dei miracoli, Delos Digital

Nuova Atlantide è la collana Delos Digital che raccoglie l’eredità delle precedenti Futuro Presente e Atlantis.

Sotto la direzione di Giulia Abbate e Elena Di Fazio, dal 2016 al 2023 la collana Futuro Presente ha pubblicato 63 titoli in ebook, racconti mensili per emozionarsi e pensare, senza discostarsi dal suo programma: “Guardiamo al futuro per capire il presente”. Poco più di un anno fa, la collana è stata messa in pausa dalle due editor.

Atlantis è nata nel 2021 con il proposito di raccontare il futuro con sguardo ottimista: storie di anticipazione, redenzione, riscatto, sostenibilità, senso del meraviglioso, solidarietà, arte, tecnologia, scienza, energia, democrazia, utopia anche ambigua… In totale sono apparsi 32 numeri in ebook e tre antologie (nella collana Atlantis Collection) che raccolgono la gran parte dei racconti singoli.

Tra le due collane ci sono sempre stati una stretta collaborazione, qualche passaggio di testi e la consapevolezza di una fondamentale unità di vedute editoriali. Nuova Atlantide si rivolge al pubblico di lettori di entrambe, con l’ambizione quindi di diventare punto di riferimento per la fantascienza sociale, l’utopia e il solarpunk

La collana è a cura di Franco Ricciardiello e Giulia Abbate.

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Stefano Carducci
I giorni delle meraviglie e dei miracoli

La Storia è scritta dai vincitori, ma il tempo può corrodere la memoria del passato, soprattutto se scompare ogni testimonianza documentale. Kurt, laureando in archeologia con tesi sulle civiltà mesopotamiche, si imbatte in un riferimento incomprensibile a una non meglio specificata “strage di vite innocenti”che avrebbe insanguinato l’Europa centrale durante la Seconda guerra mondiale. Perché sarebbe in riferimento diretto alla nascita dello stato di Israele? Quando Kurt si reca in biblioteca alla ricerca di chiarimenti, si scontra con un muro di gomma: risposte fuorvianti, libri mutilati di alcune pagine, consigli di desistere dalla ricerca. Intanto, in una stanza spoglia, un vecchio supersite è stanco di lottare contro la mistificazione della memoria; e allora un giovane della generazione successiva gli propone un patto dal sapore faustiano, con l’aiuto di una tecnologia scientifica avanzatissima, per impedire alla sua voce di tacere per sempre. E in un silenzioso bosco non distante da Varsavia, dove un tempo sorgevano pietre incise con migliaia di nomi, oggi si gira un film con scene di massa; poco distante, le forze dell’ordine trattano con violenza un gruppo di contestatori. Rimane a terra uno striscione calpestato con uno slogan: “Ridateci la memoria dei nostri crimini”.

L’autore

Stefano Carducci è nato a Mestre nel 1955. Informatico di professione, critico e traduttore, ha pubblicato novelle e racconti. Insieme ad Alessandro Fambrini ha pubblicato il romanzo Ascensore per l’Ignoto con Mondadori e La breve estate della follia per Delos Digital. Fra i principali autori tradotti, Sturgeon, Vonnegut, Priest, Moorcock, Shepard, K.S. Robinson, Aldiss, Watson, Bishop. Ha pubblicato due racconti lunghi nella collana Atlantis, scritti a quattro mani con Alessandro Fambrini, e sempre con lui è apparso nelle antologie solarpunk All’aurora nelle splendide città e Assalto al sole.


L’incipit

Gli alberi si accalcano fitti, ma non c’è sottobosco. Camminare è facile, piacevole. Non ci sono sentieri, l’erba è bassa e morbida. Le grida degli uccelli sono soffocate, non c’è fruscio d’animali. Il mondo è lontano.
D’improvviso, si arriva a una frattura nel bosco, un taglio diritto che si perde in lontananza. L’erba è uniforme e non calpestata, anche su questa striscia artificiale di terra. Il bosco ha già ripreso ad abitarla, alcuni piccoli e sparsi alberelli vi si sono inoltrati e fanno sperare in una prossima chiusura della ferita.
Sembra che questa freccia nel bosco non indichi nulla, se non un sentiero verso il silenzio.
l radi rumori si fanno sempre più lontani, il bosco s’immobilizza. Non ci si accorge di camminare in una radura finché non si incontrano pietre, invece di alberi.
La radura si apre lentamente, sembra protetta dagli alberi intorno, che ne impediscono la vista dall’esterno e fermano i rumori. Nessuno ci può arrivare per caso, bisogna volerci andare e pochi, ormai, vogliono o devono.
La radura è molto grande, di forma irregolare, palesemente artificiale, ma senza alcun segno della sua originaria funzione. Il manto erboso è uniforme, ma non c’è alcun segno che il bosco voglia riappropriarsene.
Pietre la ricoprono da un capo all’altro.
Pietre, grandi, piccole, di ogni forma, provenienti dai luoghi più diversi e più lontani del mondo, pietre portate con dolore e disperazione in quel bosco silenzioso. Pietre incise con la vita di migliaia di persone, di nomi di paesi e città. Non c’è ordine, né significato. Hanno occupato la radura. Per trattenere la terra e i morti che vi sono sepolti.
La più grande, più alta di una persona, è verso il centro, un po’ isolata.
Arrivarci, attraversando la radura cosparsa di pietre, leggendo i nomi sulle pietre, è il solo modo per capire.
Su quella grande pietra è scritto:
WARSZAWA


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