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Ben Valentine

A sentire le ultime notizie, c’è da vedere nero sullo stato del nostro pianeta: un’altra specie animale scompare, una tempesta eccezionalmente violenta devasta un’altra città impreparata, e condizioni meteorologiche inconsuete hanno ormai superato un nuovo record. Scienziati e politici sono scoraggiati e la nostra coscienza collettiva si rivolge verso narrazioni apocalittiche, piuttosto che a racconti di riscatto. Benvenuti nell’Antropocene, il periodo durante il quale l’attività umana è diventata influenza dominante sul clima e sull’ambiente terrestri, e il risultato è terrificante.

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Il solarpunk è il primo movimento creativo che risponde in maniera cosciente e positiva all’Antropocene. Quando nessun luogo sulla Terra è esente dall’edonismo dell’umanità; il Solarpunk propone che gli umani possano imparare di nuovo a vivere in armonia con il pianeta.
Il Solarpunk è un movimento letterario, un hashtag, una bandiera e una dichiarazione di intenti sul futuro che speriamo di creare. È immaginare che tutti gli esseri umani vivono in equilibrio con l’ambiente, dove le comunità locali prosperano, la diversità è apprezzata e il mondo è una bellissima utopia verde.
La scrittrice Rebecca Solnit[1] riflette sul Guardian, a proposito dell’impatto disomogeneo dei cambiamenti climatici sulle comunità più povere di tutto il mondo:

Il cambiamento climatico è violenza su scala globale, contro i luoghi e le specie, nonché contro esseri umani. Una volta che lo chiamiamo con il suo nome, possiamo iniziare una vera discussione sulle nostre priorità e valori. Perché la rivolta contro la brutalità inizia con una rivolta contro il linguaggio che mantiene nascosta quella brutalità.

Se il cambiamento climatico è una lenta violenza contro il sud del mondo, allora il Solarpunk rappresenta la pace.

“È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”

Mark Fisher

Una disposizione solare

Il prefisso “solare” in solarpunk è sia una definizione che una metafora dell’impegno del movimento per un’utopia accessibile a tutti gli esseri umani, nonché a tutte le forme di vita del nostro pianeta. Nessuna singola impresa può catturare e privatizzare la luce solare per accumularla da sola o venderla. È uno dei pochi beni accessibili universalmente. I futuri del solarpunk prevedono un mondo di energia pulita distribuita, disponibile e vantaggiosa per tutti.
“La ridistribuzione del potere, sia essa politica o elettrica, è al centro della mia storia”, dice l’autrice solarpunk Alia Gee a Hopes&Fears. “Prendere in considerazione l’aspetto del potere è l’unico modo in cui credo che ci possa essere un futuro migliore per tutti. (metto l’accento su per tutti, non solo maschi bianchi o cisessuali[2] o forme di vita antropomorfe.)”
In questo modo, il Solarpunk si concentra su emarginati e gruppi sociali discriminati. Occorre ascoltare con attenzione coloro che nel paradigma politico odierno minore accesso al potere, se il sogno Solarpunk vuole diventare realtà. Perché se sostenibile deve essere, sarà essenziale distribuire energia e infrastrutture anche alle comunità indipendenti.

Tradizionalmente, i futuri immaginati dalla fantascienza — come la maggior parte della narrativa — hanno glorificato gli eroi; uomini orgogliosi, intelligenti e fisicamente forti. La letteratura post-apocalittica, in cui chiunque sia portatore di differenza o abbia qualche difficoltà è apertamente considerato un peso morto, è in gran parte di natura discriminatoria. Quindi, mentre il solarpunk a prima vista si concentra su tecnologie che aiutano a creare utopie verdi, la parte più importante del movimento sta affrontando le vere sfide della convivenza su questo pianeta.
Ciò è probabilmente dovuto alla convinzione solarpunk che la tecnologia di cui abbiamo bisogno per l’utopia esista già nel presente; semplicemente non abbiamo trovato la volontà politica di metterla in atto. Come la scrittrice solarpunk Claudie Arseneault ha detto a Hopes&Fears, ciò che rende il solarpunk così potente è  che “funziona con tecnologie esistenti, da cose che già sappiamo possibili”. Arseneault ritiene che il solarpunk sia “un genere che dice sia ecco l’aspetto che deve avere il futuro, sia ecco come possiamo arrivarci. Questo è fantastico.”
Il fiorente movimento si posiziona all’opposto della cupa fantascienza apocalittica estremamente popolare oggi, offrendo invece un futuro luminoso. Il suffisso punk, ovviamente, fa riferimento ai due generi letterari che lo precedono, steampunk e cyberpunk. Invece di guardare indietro nel tempo e fare affidamento su tecnologie obsolete come l’energia a vapore, il solarpunk si avvale delle migliori tecnologie disponibili oggi. E, invece di immaginare futuri distopici di criminalità e sorveglianza totale, Solarpunk poggia su una società esistente tutt’ora.

Cosa c’è di così punk nell’abbracciare gli alberi?

Dunque, qual è il punk nel Solarpunk? “È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, afferma Mark Fisher, autore di Realismo capitalista[3]. Per citare Frederic Jameson, Non ci sono alternative? Fermarsi oppure navigare in cerchio intorno alla ricca nave che affonda è quasi impossibile, e questa è una precisa sfida per maggior parte dei gruppi ambientalisti. Le persone più potenti del mondo fanno affidamento sullo status quo. Combattere contro l’inerzia del momento e il denaro che viene investito nella distruzione dell’ambiente è la battaglia più grande che si possa immaginare. In altre parole, è super punk.
La battaglia già infuria. Sono in corso guerre legali che bloccano le tecnologie sostenibili. Il governo conservatore della Florida sta combattendo contro i cittadini che scelgo nodi  nascondersi ai controlli di rete, l’Australia sta minando i benefici del solare domestico e la Spagna sta cercando di “tassare il sole”. Gli attivisti ambientalisti Usa vengono persino etichettati e trattati come terroristi.
Mentre ogni persona razionale dovrebbe ammettere che stiamo riscaldando il pianeta, molti sono in disaccordo sui dettagli. Le informazioni sulla tempistica variano drasticamente, è un peccato che le notizie siano immancabilmente diverse, e si dibatte molto su cosa si debba fare per invertire rotta. Alcuni affermano che “possiamo assolutamente invertire questa tendenza”, mentre altri credono che lo slancio apocalittico sia così forte da essere inarrestabile. Molti scienziati ritengono che parlare di quanto sia grave lo stato del mondo non sia nemmeno produttivo. Inoltre, quando finalmente si decidono a parlarne, vengono messi ripetutamente a tacere.

Gran parte della fantascienza di oggi è distopica; non riusciamo a immaginare di creare una società stabile in cui siamo in pace gli uni con gli altri o con il nostro pianeta. “È giunto il tempo del solarpunk” dice la scrittrice solarpunk Sheryl Kaleo a Hopes&Fears, “ha la capacità sia artistica che letteraria di spingersi oltre la nostra cultura da giorno-del-giudizio e farci credere di nuovo nel futuro”.
In Occidente siamo cresciuti così a nostro agio nel consumismo da non riuscire neppure a immaginare come potrebbe essere la nostra vita in una società a emissioni zero. È più facile per noi immaginare di ripartire da capo, un crollo, un grave disastro naturale o un’ecatombe piuttosto che una stabile transizione verso la sostenibilità. È vero che può essere importante raccontare anche questo tipo di storie, ma il filosofo solarpunk Adam Flynn ritiene che sia pericoloso immaginare unicamente un futuro apocalittico. “Lasciano che il lettore torni al suo quotidiano senza alcuna necessità imperativa per impedire che ciò accada.” Flynn teme che le persone semplicemente si arrendano.

Le narrazioni solarpunk mostrano ai suoi lettori che è possibile e anche logico concepire una civiltà senza inquinamento, spreco e riscaldamento globale”.

Gerson Lodi-Ribeiro

Cos’è un pianeta senza un piano?

La vera domanda che l’umanità deve affrontare oggi è come nutrire, proteggere e organizzare una vita per oltre sette miliardi di esseri umani che sia al tempo stesso confortevole e sostenibile. I pessimisti dicono che è impossibile. Questo senso di una comunità globale, in cui trattiamo tutte le creature viventi come vicini, non viene naturale; forse la letteratura e l’arte possono aiutare. Il solarpunk, aggiunge Flynn, “riguarda la costruzione del senso di un’entità più grande oltre il sé e la cancellazione di una percezione del mondo che ci circonda come qualcosa di separato da noi, che è là fuori per essere sfruttato”. Ha lo scopo di ispirare e mobilitare tutti per l’azione, oggi.
Diversi libri possono rientrare nel genere solarpunk, ma il termine precede qualsiasi movimento letterario o artistico concreto. A parte alcuni Tumblr Solarpunk, la pubblicazione più degna di nota è un’antologia disponibile solo in portoghese[4]. L’editor, lo scrittore di fantascienza Gerson Lodi-Ribeiro, han dichiarato a Hopes&Fears che “È difficile immaginare la sopravvivenza dell’umanità per i prossimi cento anni senza passare dai combustibili fossili alle fonti di energia rinnovabile”.
Finora, il solarpunk è più un immaginario politico o una dichiarazione di intenti che un concreto corpus di opere. Tuttavia, come Rebecca Solnit, il solarpunk crede nel potere delle parole. Il termine solarpunk è un appello per una visione utopica verde e per combattere la lenta ma inesorabile violenza globale che Solnit denuncia. Allo stesso modo, continua Ribeiro, “Le narrazioni solarpunk mostrano ai suoi lettori che è possibile e anche logico concepire una civiltà senza inquinamento, spreco e riscaldamento globale”.
Sempre nuove opere si aggiungono al solarpunk e si preparano progetti sempre più grandi. Flynn sta lavorando per andare oltre la fase concettuale e sta già pianificando un qualche tipo di pubblicazione solarpunk nel prossimo futuro. Si sentono vibrazioni di un possibile editoria solarpunk, che ha iniziato ad accettare proposte. Arseneault ha appena annunciato di curare un’antologia solarpunk sui draghi[5].
Donna Haraway, che ha pubblicato anche su questioni ambientali, scrive che l’imperativo ora è favorire luoghi in cui tutti gli animali possano trovare riparo. Haraway scrive: “il nostro compito è di rendere l’Antropocene il più breve e sottile possibile… In questo momento, la terra è piena di rifugiati, umani e non, senza possibilità di rifugio”. Il movimento solarpunk può creare una narrazione letteraria ed estetica che può trasformarsi in un rifugio fisico per tutti i rifugiati, umani e non umani di oggi e di domani? Il solarpunk può essere un tale rifugio?

tratto da Hopes&Fears, traduzione di Franco Ricciardiello

Illustrazione di Nícolas Guimarães Vieira, Brasile
Ben Valentine

Americano, scittore free-lance dal 2008, Ben Valentine attualmente risiede in Cambogia. Ha pubblicato tra gli altri su Art Asia Pacific, The New Inquiry e Los Angeles Review of Books, e lavorato come redattore per Hyperallergic e il San Francisco Arts Quarterly. Ha organizzato mostre in tutto il mondo, incluso il Museum of the Moving Image di New York, il de Young Museum di San Francisco, SAIC e YBCA. IL post divulgativo qui tradotto è apparso sul sito di scienza e cultura Hopes&Fears.


Note

[1] Scrittrice Usa impegnata contro il cambiamento climatico, nel campo dei diritti di genere e delle minoranze.

[2] “Nell’ambito degli studi di genere, che, chi percepisce in modo positivo la corrispondenza fra la propria identità di genere e il proprio sesso biologico” (vocabolario Treccani)

[3] Mark Fisher, Realismo capitalista (Capitalist realism, 2009), traduzione di Valerio Mattioli, Produzioni Nero 2018, ISBN 9788880560050

[4] AA.VV., Solarpunk, Histórias ecológicas e fantásticas un um mundo sustentável, a cura di Gerson Lodi-Ribeiro (Editora Draco, 2012): la prima antologia mondiale del Solarpunk, autori brasiliani; esiste anche la versione in inglese: Solarpunk. Ecological and fantastical stories in a sustainable world, World Weaver Press 2018

[5] AA.VV., Wings of Renewal: a solarpunk dragon anthology, a cura di Claudie arseneault, CreateSpace ind. Publ.


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