di Giulia Abbate
“Brutalismo più piante più graffiti è solarpunk. In altre parole, più le persone (e altri viventi) e tutti i modi disordinati con cui si appropriano degli spazi.”
Andrew Dana Hudson, Rappresentare ciò che è vivente
Voglio parlarvi di un posto che vive nel cuore di Milano, cioè in una sua periferia. Nel Nord della città , un’area industriale improvvisamente dismessa si è trasformata lentamente in un bosco selvaggio, mentre un quartiere “ai margini” si è fatto centro di un progetto di cura comunitaria.
Il Bosco La Goccia è situato tra i quartieri di Villapizzone e Bovisa. Il primo nei secoli scorsi era una tana di famosi briganti, il secondo nasce come quartiere operaio intorno a stabilimenti chimici.
Il Bosco La Goccia nasce sulle macerie del complesso industriale dell’Union des Gaz parigina, che nel 1905 apre la sua fabbrica, costruisce binari con un disegno a goccia e porta il gas (cioè luce, acqua calda, fornelli) nelle case dei milanesi. Alla fine degli anni Settanta, gli stabilimenti vengono chiusi e l’area recintata viene dismessa e completamente abbandonata.
Da allora, è la foresta a regnare sovrana. Il Bosco la Goccia consta di 42 ettari dove ci sono più di 2000 alberi di alto fusto, alcuni vecchi di diversi decenni, e una ricca fauna selvatica. Ci sono anche aree inquinate, con rifiuti tossici lì abbandonati, ma grazie a una mappatura (fatta dal Comitato che difende da anni il Bosco) si può sapere che le aree sono circoscritte e che la gran parte del parco è sicura.
C’è bisogno di specificare quanto sia preziosa l’esistenza di un posto simile?
Si tratta di un’area verde grande come il Parco Sempione, un polmone per una città con l’aria tra le peggiori d’Europa. Inoltre, la proliferazione delle piante che si sono riprese spazio è oggetto di vero e proprio studio da parte di botanic*, biolog* e naturalist*. È praticamente uno scenario urbano postapocalittico!
Ciò nonostante il Bosco è minacciato da anni da progetti di lottizzazione che hanno in prima fila il Politecnico di Milano. L’ateneo possiede parte del terreno, e dopo aver aperto la sua sede alla Bovisa ora ha in mente di costruire nuovi uffici, aule, dormitori, insomma un complesso di edifici proprio sul terreno della foresta.
Per questo è nato un Comitato di quartiere che si batte per difendere e preservare il Bosco: lo ha mappato, lo ha esplorato, ha tracciato sentieri. E ha fatto di più: ha disseminato il Bosco di sculture e opere d’arte che artisti e artiste hanno ideato per lasciarle alla collettività . Alcune di esse sono state distrutte o danneggiate: le hanno riparate o modificate di conseguenza, in una relazione dinamica tra l’opera e il mondo. Il Bosco, naturalmente, con la sua solitudine e i suoi muri aggirabili, attira frequentazioni di molti tipi, non tutte augurabili; per questo il Comitato di quartiere cerca di esserci, di popolarlo con escursioni e gite di studio, in una presa in carico che ricorda molto da vicino la pratica di cura dei commons, i beni comuni, prefigurata ad esempio da Silvia Federici in “Reincantare il mondo”.
È in una di queste escursioni che anche io, insieme alle mie due figlie, sono entrata per la prima volta nel Bosco la Goccia. Insieme a una delegazione del Comitato, che ci ha guidati con grande attenzione e competenza tra strade invisibili, alberi antichi e opere d’arte; con un nutrito gruppo di persone del quartiere, alcune delle quali già conosciute e qui ritrovate per caso; e con una banda di ottoni che si è messa alla testa del corteo, scavalcando le transenne di cemento e alzando un concertino itinerante all’ombra del gigantesco gasometro.
Dall’ingresso lato stazione Bovisa, ci siamo inoltrati in un percorso che è passato per gabbiotti della sorveglianza ingoiati dai rampicanti; capannoni cavi e silenziosi; reti di ferro letteralmente ingoiate dalla corteccia; strade asfaltate bucate come colabrodi da pioppi neri e tigli… inoltrandosi nella parte più selvaggia che dal muro della ferrovia porta al Bosco di Sculture, con opere da materiale di riciclo che spuntano come miraggi tra gli intrichi di fronde… fino a uno spiazzo con un grande albero di noce, sotto il quale abbiamo aperto coperte e asciugamani e ci siamo seduti gli uni accanto alle altre, in un grande pranzo comune.
Ci siamo divisile nostre pietanze e abbiamo mangiato enormi pizze regalateci da un forno del quartiere che sostiene il Comitato La Goccia. Tra biciclette lasciate nel verde, bambini mescolati e musichette di ottoni, un pezzo di un quartiere di periferia si è trasformato in una sorta di allegro sabba diurno.
È stato bellissimo, e ragionandoci più tardi mi sono accorta che è stato anche molto solarpunk.
Ecco qualche foto che ho scattato quel giorno. Scorrete fino in fondo, dove c’è una notizia molto importante.
Il Bosco La Goccia ha bisogno di una bonifica dai rifiuti e la collettività ha bisogno del Bosco La Goccia. Il Comitato, composto di cittadin* che sono anche agronom*, urbanist*, architett*, ha proposte molto concrete per il Bosco La Goccia, che però è minacciato: dai progetti del Politecnico, e dalla tracotanza di un Comune che ignora sistematicamente le richieste del Comitato e nel frattempo tappezza la città di orrendi manifesti fluo con scritto “Milano green – la transizione ecologica è qui!”.
Dopo anni di azioni e petizioni, il Comitato ha promosso la creazione della Rete dei Comitati della Città Metropolitana di Milano, unione di realtà e associazioni cittadine attiviste. Ha intentato un ricorso al Presidente della Repubblica. E ha iniziato una serie di incontri online per raccontare alla cittadinanza cosa succede.
Nel frattempo, in una calda mattina di agosto, il Politecnico ha pensato bene di portarsi avanti e ha buttato giù a colpi di ruspa una trentina di alberi antichi di alto fusto.
Tutto però è ancora in gioco. Milano avrà un Bosco o un complesso studentesco (dove magari studieranno la transizione green-fluo)?
La risposta dipende un po’ da tutti noi.
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Lo abbiamo già detto in diversi post, lo ripeto ora a parole mie: un grattacielo di design in centro, con alberelli ficcati dentro a forza e un costo al metro quadro da ricchi del cazzo, NON è un’opera solarpunk né qualcosa da cui prendere esempio.
Il Bosco La Goccia invece è un luogo selvaggio oltre l’umano e insieme un common che ha ispirato, aggregato, messo in azione tante forze e reti che operano dai margini con atti di disobbedienza, di arte, di aggregazione, di adorazione. Il solarpunk milanese è questo. Difendiamolo e aiutiamo chi ne ha cura!
Raccolta fondi per il ricorso al Presidente della Repubblica
Pagina facebook del Comitato La Goccia
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