Animali umani, del Discorso dell’Abisso non avete capito nulla

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Dopo la catastrofe climatica che ha colpito il pianeta, la sindaca di Barcellona, parzialmente sommersa dall’innalzamento del livello dei mari, decide di trasferire lo zoo all’interno del Park Güell. Il problema è però convincere gli animali non umani, quelli che hanno preso coscienza della crudeltà di  millenni di sfruttamento a partire dal Discorso dell’Abisso, pronunciato anni fa da un grande uccello marino come atto d’accusa contro le fondamenta della civilizzazione dell’umanità. La flotta della sindaca si avvia sulle acque, pronta al trasloco, ma la trattativa con gli animali è nelle mani di una giovane scriba che si trova al suo seguito, assunta solo perché ha millantato la perfetta conoscenza della lingua delle bestie… La sindaca e i suoi scopriranno quanto rancore covino tuttora esseri viventi trattati in maniera disumana, che la sofferenza ha finalmente emancipato da un sanguinoso sfruttamento. Un racconto-gioiello che mescola commedia picaresca e tragedia drammatica, e ci costringe a guardare con occhi diversi la nostra relazione con le altre specie viventi.

Diritti animali, morale, etica, cambiamenti di mentalità in un racconto di Maria-Antònia Martí Escayol

Titolo originale: Les màquines d’escórrer els cors, © 2022 Maria-Antònia Martí Escayol
Traduzione dal catalano di Raul Ciannella

L’autrice

Dottoressa in Storia, scrittrice, traduttrice e docente presso l’Universitat Autònoma de Barcelona (dal 2000), Maria-AntòniaMartí Escayol è specializzata in scienze umane ambientali, storia moderna e cultura dell’Asia orientale; il suo lavoro attuale si concentra sull’ecocritica e sui legami tra pratiche estetiche e giustizia ambientale. È stata ricercatrice, tra l’altro, presso la Sophia University di Tokyo (Giappone) e docente presso la Truman State University del Missouri (USA). Come scrittrice, alcune delle sue opere di fantascienza, solarpunk e horror sono state tradotte in inglese, italiano, portoghese e cinese. Nel 2014 è stata finalista al Premio Minotauro de ciencia ficción, terror y fantasía. Ha tradotto, tra gli altri, la scrittrice e scienziata inglese del XVII secolo Margaret Cavendish e la storica della scienza Carolyn Merchant. È stata anche co-direttrice della rivista di fantascienza e fantasy MaMuT.


L’incipit

A metà mattinata la sindaca sale in cima alla torre più alta del centro storico. Il vestito di lino le arriva alle ginocchia, le sue espadrillas sono di sparto. Un soffio d’aria scombina alcuni dei capelli sfuggiti alla treccia e le gonfia il vestito, scoprendo le gambe. La consigliera alla Cultura le rabbocca l’acqua nel bicchiere, come solo lei sa fare, e alcune gocce cadono sulla città. Dall’alto, guardando la spiaggia della Plaça dels Traginers, i bagnanti sembrano fagiolini, mentre spolpano succulenti cocomeri, lanciano palloni, frisbee, aquiloni e risate. Su entrambi i lati della torre, le funivie avanzano cigolando lungo vertiginosi cavi tesi tra Collserola, Montjuïc e le muraglie mobili di contenimento sollevate al largo, di fronte all’orizzonte infinito. I legionari alati volano lungo le mulattiere del litorale controllando il livello dell’acqua; se sale, bisogna comunicarlo all’assessorato del Mare. Più su, nella luce polarizzata del nord, danzano le navi della Colonnella, sorvegliando le barche dei profughi provenienti dalle terre inondate del Mediterraneo. Ancora più su, ai confini dell’atmosfera, le fregate trasformano l’energia del sole che tutto muove. La sindaca apre la conversazione.
— Cosa resta a Minorca?
— Niente.
— E a Maiorca?
— Tre greggi di pecore rosse e due pastori maschi.
— E le nostre muraglie?
— L’acqua è salita di nove millimetri nella zona est, che siamo riuscite a controllare con una filtrazione nella muraglia della nuova Pechino.
— Guarda, guarda, sta arrivando il cazzone rognoso.
La consigliera torce il collo muscoloso, mi sorride, mi fa l’occhiolino e sussurra: poetizzare.
Le accompagno sempre, su e giù, e scrivo tutto con pazienza, inchiostro e carta. È ciò che desidera la sindaca. “Tutto ciò che faccio, che si trasformi immediatamente in letteratura”, ha preteso. “Tutto ciò che faccio, che abbia l’essenza di un’opera d’arte, appassita e poetica”, ha aggiunto. Le piace la prosa nostalgica, ha 16 anni e non sorride molto.


Breve nota introduttiva, di Raul Ciannella

Il presente racconto è stato pubblicato per la prima volta in catalano nell’antologia La ciutat invisible. Vuit relats ucrònics barcelonins e prende spunto da un progetto urbanistico, mai realizzato, del paesaggista, architetto e scrittore Nicolau M. Rubió i Tudurí del 1960, che immaginò di trasferire lo zoo del Parc della Ciutadella al Park Güell di Antoni Gaudí.
A partire da questo progetto Maria Antònia Martí Escayol ha elaborato una favola postumana dal sapore allegorico, la cui maglia narrativa si snoda lungo un articolato gioco intertestuale. Se il titolo riprende una confessione che il poeta e sacerdote catalano Jacint Verdaguer trascrive da una vittima di una possessione demoniaca, tutto il testo è costellato di riferimenti a opere che trattano il nostro complesso e problematico rapporto con la natura e gli animali. Ne risulta un racconto atipico in cui è il lettore, attraverso il suo orientamento etico e morale a stabilirne il portato utopico o distopico. Molto presente la poesia catalana, dal già citato Verdaguer, a Santiago Rusiñol, allo stesso Tudurí al contemporaneo Enric Casasses. Ma i più attenti potranno scovare rimandi anche a J. L. Borges, Aristofane, alla Bibbia, al “divenire animale” di Deleuze e Guattari. A partire dalle teorie postumane e della nuova ecocritica materialista, Martí Escayol ricava la propria poetica nella quale difende un continuum naturacultura e reitera la sua posizione animalista.

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