Se a causa di un’eruzione solare l’umanità smarrisce la capacità di  comprendere il linguaggio, cosa sarà della Terra?

Scaricalo qui: Incommunicado spin-off, Delos Digital

Un superbrillamento solare piega il campo magnetico terrestre, la magnetosfera è letteralmente spazzata, come se qualcuno staccasse la spina per poi riattaccarla dopo lunghe ore. Niente sarà più come prima. La corteccia cerebrale degli esseri umani è stata investita da particelle che hanno danneggiato l’area di Wernicke, da cui dipende la comprensione del linguaggio: nessuno è più in grado di comprendere una sola parola, né scritta, né orale. La civiltà organizzata si scioglie come neve al sole, perché è impossibile comunicare anche i concetti più semplici. Non si può più insegnare, leggere, scrivere, persino parlare. C’è chi tenta di recuperare un linguaggio di segni grafici, ma la società ormai è a pezzi. Le due protagoniste, Dimma e Para, sono costrette a reimparare anche il significato dei piccoli gesti; per riuscirci si uniscono alla comunità Word 2, che contesta il tentativo di ridare senso a vecchi simboli e tenta di inventare un nuovo senso per i suoni, lontano dalla città, in modo che la comunicazione non interferisca con quella ufficiale.

Un originale spin-off del racconto Incommunicado apparso su Robot n. 95; storia diversa, con differenti protagoniste, ma ambientata nello stesso mondo che ha smarrito la capacità di comunicare.

Regole, morale, cambiamenti di mentalità e di linguaggio in un racconto lungo di Lukha B. Kremo
L’autore

Lukha B. Kremo è lo pseudonimo di Gianluca Cremoni Baroncini, Premio Urania 2015 con il romanzo Pulphagus® fango dei cieli e due volte Premio Robot, con Invertito e con Incommunicado, del quale il presente racconto rappresenta uno spi-off.
Ha pubblicato oltre cento racconti, tra cui Il gatto di Schrödinger, che nel 2011 è stato 1° nella classifica generale degli eBook su Amazon.it. Nel 2014 i migliori racconti sono stati raccolti nell’antologia L’abisso di Coriolis.
Ha fondato la Kipple Officina Libraria ed è condirettore della collana Avatar. Prende parte al movimento del Connettivismo nel 2005. A livello non professionale segue progetti di Mail-art e della Nazione Oscura Caotica, la simulazione di una micronazione sovrana e ha pubblicato diversi CD di musica elettronica con il nome di Krell.
Dopo aver vissuto molti anni a Milano, si divide tra Livorno e Torriglia (provincia di Genova).


L’incipit

Guardavo fuori dalla finestra la pioggia che sciacquava via la polvere e con lei tutti i ricordi di una vita che non era più la stessa.
Sul tavolino c’erano due pastasciutte scotte fumanti e due bicchieri di vino. Dall’altra parte la mia amica Dimma, mi pare si chiamasse così, da quel che ricordavo, o qualcosa di molto simile. A dire il vero non ricordavo nemmeno bene come mi chiamassi io, Sara o Para. Ricordavo i suoni che si usavano prima del disastro, ma erano suoni vuoti, privi di significato, scheletri senza carne.
Abitavo da sola e avevo perso i contatti sia coi miei genitori, che abitavano in un’altra città, sia con i pochi amici che avevo, a parte Dimma. I miei vicini non c’erano più, forse morti in qualche incidente. Gli altri si erano barricati in casa, come buona parte della popolazione.
I cellulari funzionavano a singhiozzo e, se si riusciva a prendere la linea, dall’altra parte chi rispondeva non sapeva come comunicare. Molto difficile la videochiamata, cadeva spesso la linea. Gesticolare non aiutava più di tanto, forse un po’ le espressioni, soprattutto i pianti e la rabbia. Dopo vari tentativi in cui non si capiva nemmeno se l’altro stesse bene, la gente si era fatta prendere dall’apatia e aveva perlopiù rinunciato ai contatti vocali.
L’area del cervello preposta alla comprensione del linguaggio era stata danneggiata ma non del tutto compromessa. Le persone non erano più capaci di capire le lingue usate fino a quel momento, le connessioni sinaptiche avevano come subito un reset, ma funzionavano ancora, sebbene non ai ritmi di prima. Non era chiaro, però, fino a che punto fossero in grado di creare e comprendere nuove lingue.
Dimma si ricordava dove abitassi ed era venuta a trovarmi; si era subito messa in moto per riprendere una vita normale, nonostante non fosse affatto facile. Era una ragazza mora, bella, con un carattere sanguigno, una di quelle che non conoscono la rinuncia. O forse ero io a vederla così, per contrapposizione; io portavo capelli chiari e avevo la pelle lattea, ero piuttosto pigra e in fondo non mi piacevo così tanto. Ci eravamo conosciute all’Università, dove lei frequentava una facoltà scientifica che non ricordo, più difficile della mia.
Ci abbracciammo e ci mettemmo a piangere. Avevamo un rapporto davvero particolare, eravamo inseparabili, anche in vacanza, tra di noi non c’erano segreti. Erano rare ormai le amicizie come la nostra, per quello me la tenevo stretta.
A gesti le feci capire che avrei cucinato. E lei, piena di entusiasmo, mi aiutò.
Però, al momento di mangiare, ci passò l’appetito. Come si poteva mangiare in quel modo? Senza riuscire a esprimere nulla?
Bevemmo solo il vino. Prima un bicchiere, poi un altro. Sperando che ci riportasse per miracolo le parole in bocca, come faceva in tempi normali. Ma il risultato fu soltanto una serie di risate amare, senza senso. Dimma non aveva più i genitori, non sapeva come, ma non c’erano più. I morti erano stati tanti, nessuno era in grado di quantificarli.
Tra un black out e l’altro, i rari canali televisivi ancora in grado di trasmettere mandavano film e vecchi spettacoli a ciclo continuo, i notiziari mostravano video senza commenti, ripresi da webcam nei centri di grosse metropoli. E le scene erano sempre le stesse: gente che grugniva, comunicava a gesti; numerosi incendi, domati a fatica; frequenti risse pubbliche; gruppi di persone che protestavano emettendo suoni privi di significato. Le polizie mondiali più organizzate fecero il possibile per evitare assembramenti, e si cominciò a utilizzare icone per comunicare con la cittadinanza. Si presero in prestito i segnali stradali per indicare i divieti, gli obblighi e i consigli.
L’economia mondiale aveva subito un crollo senza precedenti, ma nessuno era in grado di quantificarlo. In un solo giorno, il mondo era semplicemente tornato alla preistoria, con l’aggravante di un’enormità di apparati elettrici da mantenere.
Dimma cominciò a gesticolare in modo più deciso, non so se fosse l’alcol. In qualche modo mi convinse a uscire. Io non ero ancora stata fuori, avevo paura, ma lei mi diede il coraggio.
Le strade erano sgombre, con rare auto ancora circolanti perché i carburanti nei distributori erano esauriti e nessuno era in grado di rifornirli. La città era in stato di abbandono, i pochi che giravano sembravano dei condannati a morte durante l’ultima passeggiata.
Dimma mi trascinò nel centro storico della città. Era convinta che se la civiltà poteva rinascere, sarebbe stato qui.

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