Antonio Ippolito

Pochi giorni fa i media raccontavano di un ragazzo di Colico fuggito da casa, che ha attraversato mezza Europa per raggiungere, pare, un’isola greca (e peraltro tornato poi spontaneamente a casa). Probabilmente non sapremo le sue motivazioni, e forse non le capiremmo: però il fatto ci ricorda l’imprevedibilità inquietante dell’adolescenza, il suo bisogno di conquistare una propria realtà, per quanto possa apparire soddisfacente (agli altri) quella in cui già si trova.

“Il nostro seme inquieto” sono appunto gli adolescenti in un’utopia: molte utopie ci sono state narrate come realtà zuccherose, senza più conflitti, con il risultato di apparire barbose: immaginate quanto lo sarebbero per gli adolescenti che ci vivono!

Abbate usa con acutezza psicologica l’inquietudine adolescenziale proprio per rendere umano e dinamico il conflitto tra due visioni dell’utopia: che non è costituita da cori angelici, ma da persone reali che vivono, lavorano e soffrono, semplicemente con un po’ meno alienazione e un po’ più consapevolezza rispetto a come si vive oggi.

A qualche decennio da oggi, il collasso della società consumistica ha portato i superstiti a vivere organizzati secondo i rigidi princìpi del Nuovo Progresso, che prevedono una “decrescita felice”, un limite di un figlio per donna, un tetto a quanto ogni persona può lavorare, decretato dalle Filiali del Tempo, per cancellare l’impronta ambientale inflitta nei decenni precedenti e arrivare a ricostituire il capitale naturale del pianeta. Scopriamo tutto attraverso le vicende di una famiglia che vive nella campagna umbra, famiglia peraltro già “ai margini della società” perchè la madre ha avuto due figlie e il nonno, nel tempo libero, lavora (gratis!) come medico anche se non gli sarebbe permesso; è una famiglia caratterizzata da empatia genuina, oltre che dallo studio delle virtù curative delle erbe (la “viriditas”, concetto caro ad Abbate). In una famiglia già di “liberi pensatori” non poteva mancare il figlio “ribelle”, che aderisce a una corrente di pensiero illegale: l’Alternativa Umana, che propugna, al posto della decrescita e della riduzione dell’umanità, una convivenza più attenta all’ambiente, potenziata dall’uso di macchine complesse. E se il giovane Luca, con la generosità dei suoi ideali ma anche la “volontà di potenza” dell’adolescenza, finisse per fuggire verso una comunità AU ai margini del mondo civilizzato? Cosa dovrebbero fare un nonno erborista e una nonna hacker?

Antonio Ippolito
Giulia Abbate, “Il nostro seme inquieto”, Atlantis n. 28, delos Digital
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