di Riccardo Muzi
Il mainstream cinematografico va preso e buttato nel secchio? Forse no, nemmeno da un punto di vista solarpunk. Anche perché prima di collocarlo nell’immondizia dovremmo capire come differenziarlo. E se proprio ci teniamo a trattarlo come pattume, a questo punto dovremmo anche scegliere cosa possiamo salvare prima del definitivo smaltimento. Insomma, alla fine ci lavorano un sacco di persone: registi, scenografi, sceneggiatori, attori, comparse, maghi degli effetti speciali… un po’ di rispetto prima di passare ai giudizi tranchant.
Tenendo in conto anche l’eventuale intervento delle produzioni che mettono bocca dappertutto, rimodellando le storie per questioni di puro marketing, e svalutando la portata artistica della pellicola. Applichiamo, quindi, la quasi chirurgica operazione denominata “salviamo il salvabile” a due film come “Valerian e la città dai mille pianeti” e “Passengers”, però in un’ottica solarpunk.
Valerian e Passengers sono opere sulla cui identintà pop – mainstream, crediamo non si debba discutere troppo. Il primo ha alle spalle una produzione colossale e un regista dal nome roboante (Luc Besson), il secondo con un budget leggermente inferiore ma con la stessa linea editoriale: alta concentrazione di amore romantico e con la fantascienza a fare quasi da scusa per mostrare maestria nell’utilizzo degli effetti speciali. Il digitale dà, il digitale prende. Per essere più espliciti: non vi è dubbio che la tecnologia digitale ha fornito la possibilità di dar forma alle visioni più complesse ma, allo stesso tempo, ha intrappolato alcuni registi nell’esercizio di stile. A parziale giustificazione di Besson c’è da considerare il fatto che essendo lui un fan del fumetto da cui è tratto il film, questo possa averlo indotto ad alcune esagerazioni.
In ogni caso, non si può negare l’ottima riuscita dell’incipit di Valerian: da salvare senza esitazioni. Anzi, se la pellicola non fosse stata un gigantesco flop, molto probabilmente l’inizio sarebbe stato annoverato nella lista delle “migliori prime scene dei film di fantascienza”: la stazione spaziale internazionale che, con il passare del tempo, cresce nello spazio e, modulo dopo modulo, si evolve; prima teatro di incontri fra astronauti terrestri di diverse nazionalità e poi fra umani e diverse razze aliene. Un susseguirsi di strette di mano che racconta l’evoluzione attraverso l’amicizia, lo scambio, la condivisione della conoscenza. La sequenza, seppur leggermente didascalica, è di grande impatto emotivo. Un momento in cui Luc Besson, dimostra il suo genio riuscendo a descrivere, in poche inquadrature, un mondo futuro che ci piacerebbe attendere anche in termini solarpunk. Ma la realtà “valeriana” (malgrado si presti ad un facile doppio senso, non si sottintende qui che il film sia noioso n.d.a.), poi scopriremo, non è tutto rosa è fiori e trascina con sé una serie di mastodontiche criticità attuali: crisi economica, immigrazione, xenofobia. Ristora l’anima futuristica e solare il salto narrativo sul pianeta Mul. Il regista francese fa indossare, allo spettatore quasi inconsapevole, i visori della realtà virtuale: si parte per un’esperienza immersiva all’interno di una visione che ammicca all’estetica dei più avanzati videogiochi. I Pearls, gli abitanti del pianeta Mul, vivono in armonia fra loro e con la natura circostante, un habitat marino di abbagliante bellezza. Esseri progrediti, con una tecnologia avanzata ma omogenea alle loro vite e preziose risorse naturali desunte con rispetto: delle perle, per l’appunto. Di fronte a questo ecosistema extraterrestre da sogno il pensiero potrebbe evocare, non sbagliando, l’Avatar di Cameron. I riferimenti sono espliciti, le modalità di ripresa anche (3D).
E poi c’è il resto del film che segue soprattutto andamenti blockbusteristici basati su una linea romance dettata dalle schermaglie amorose dei due protagonisti: Valérian e Laureline. Quest’ultima nel titolo scompare così da far scappare un rimprovero al regista, soprattutto perché in passato, ne Il quinto elemento, il cineasta francese aveva incentrato il proprio universo fantascientifico su una giovane umanoide: Leeloo.
Amor Sacro, amor profano, amor fra le stelle del firmamento. Anche Passengers si muove in questi ambiti space – sentimental. Qualcosa non va nell’immensa astronave “Avalon” che trasporta 5.000 passeggeri dormienti che hanno mollato la Terra per un viaggio interstellare di 120 anni verso un nuovo pianeta, lontanissimo ma tutto nuovo. Per farla breve: nella mega e ipertecnologica astronave si ritrovano un giovane uomo e una giovane donna, svegli prima del dovuto a causa di un guasto. E cosa può accadere fra i due, visto e considerato che il resto dell’equipaggio dorme della grossa? Accade ciò che può considerarsi banale da un lato ma anche quotidiano e inevitabile dall’altro. Ciò che invece non ci si aspetta è che, ad un certo punto, all’interno di Avalon compaia un albero. Un guizzo verde che scompagina l’asettico e avveniristico ambiente dell’enorme nave spaziale. Non possiamo certo escludere che possa essere un escamotage green per attirare sensibilità che stanno maturando nel mondo contemporaneo. Il giardinaggio spaziale potrebbe essere simpatico, ma non è l’oggetto del desiderio di questa ricerca di cose da selezionare e conservare del cinema mainstream. Ad attirare decisamente la nostra attenzione, al contrario di Valerian, stavolta è il finale di Passengers. Cercando di evitare in tutti i modi l’odioso spoiler, non ci addentreremo in dettagli. Ci prendiamo la libertà di dire che quel guizzo verde alla fine si impadronirà dei grigi ambienti interni della Avalon. Non solo amore romantico allora, forse anche amore e rispetto per la Natura anche se incastonata nelle metalliche mura di una vascello spaziale. “L’amor che move il sole e l’altre stelle”, teniamolo sempre a mente.
Crediti
Titolo originale: Valérian et la cité des mille planetes; Paese di produzione: Francia; anno: 2017; durata: 137 min; regia: Luc Besson; soggetto: Pierre Christin, Jean-Claude Mézières; sceneggiatura: Luc Besson; fotografia: Thierry Arbogast; Musiche: Alexandre Desplat. CAST: Dane DeHaan, Cara Delevingne, Rihanna, Ethan Hawke, Mathieu Kassowitz, Herbie Hancock, Rutger Hauer.
Titolo originale: Passengers; Paese di produzione: USA; anno: 2016; durata: 116 min; regia: Morten Tyldum; sceneggiatura: Jon Spaiths; Musiche: Thomas Newman. CAST: Jennifer Lawrence, Chris Pratt, Michael Sheen, Andy García.
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