Silvia Treves
“Puoi riciclare qualsiasi cosa abbia una spina, una batteria o un cavo”
Questo slogan, coniato per l’E-Waste Day 2023, sottolinea il valore dei rifiuti elettrici ed elettronici (Raee).
Tipici Raee sono PC, televisori, monitor, elettrodomestici, tablet e cellulari dismessi. Nel 2022 sono stati prodotti 53,6 milioni (mln) di t (tonnellate) di rifiuti elettronici, dei quali solo il 17% è stato correttamente raccolto e riciclato. Per il 2023 sono stati previsti 61,3 mln di t e 17,4% di riciclo corretto.
Purtroppo, l’82% di questi Raee finisce in discarica, viene bruciato, o trattato in modo inadeguato.
Secondo uno studio condotto nel 2022, su 74 Raee scartati, 13 restano a casa nostra; di questi, nove sono ancora funzionanti e quattro sono rotti. Si stima che nel Regno Unito 125 mln di cellulari dormano nei cassetti.
Siamo pigri? No, incoscienti. Perché in questi Raee ci sono veri tesori che, altrimenti, dovremmo recuperare in altro modo, a prezzo di danni ambientali e ingiustizie sociali.
Le fonti rinnovabili, come eolico e fotovoltaico, ci permettono di fronteggiare il cambiamento climatico, ma necessitano di minerali critici come litio, rame, grafite, zinco, cobalto, rame, nichel, oro, tantalio e terre rare (Scandio, Ittrio e 15 lantanidi).
Vi sono tre modi di procurarseli: aprire o riaprire miniere, scavare nelle profondità marine e frugare tra i Raee delle nostre città.
Miniere
Oltre l’80% delle aree minerarie globali riguarda minerali fondamentali per la transizione energetica; il trattamento dei rifiuti estrattivi, però, richiede ingenti quantità d’acqua. Le scorie vengono stoccate in aree molto vaste non di rado colpite da inondazioni; in tali casi, è certa la contaminazione dei sistemi idrici circostanti. I danni ambientali includono emissioni di gas serra.
Il lavoro in miniera può essere pericoloso per i lavoratori, provocare malattie respiratorie e, in numerosi stati, è legato alle violazioni dei diritti umani. È il caso delle miniere di coltan (columbite e tantalite), una sabbia nerastra lievemente radioattiva da cui si estraggono niobio e tantalio indispensabili per i nostri cellulari. La Repubblica Democratica del Congo produce il 50% del coltan mondiale, i lavoratori più richiesti sono in bambini.
Estrazione mineraria in acque profonde (deep sea mine)
dsm è l’estrazione di metalli e minerali dai fondali del Pacifico equatoriale orientale, a grandi profondità.
Gli elementi estraibili (da veicoli gestiti in remoto) sono rame, cobalto, manganese, nichel, zinco, argento, oro e bario sotto forma di noduli polimetallici.
Danni ambientali provocati da dsm
La biosfera delle pianure abissali del Pacifico è ricca e diversificata. I fondali sono abitati da coralli che hanno formato barriere coralline vecchie di milioni di anni, nelle quali trovano casa creature bioluminescenti adattate a quel mondo. L’habitat, che conosciamo solo in parte, contribuisce alla regolazione del clima globale e al sequestro e stoccaggio del carbonio. Quasi il 50% delle specie che lo popolano dipende dai noduli, che si formano in decine di milioni di anni, grazie alla presenza di microorganismi; l’alterazione di questi fondali sarebbe permanente.
Questi luoghi sono gestiti dalla International Seabed Authority (ISA), l’ente delle Nazioni Unite che, entro il 2023, avrebbe dovuto (ma non l’ha fatto) produrre un codice e delle regole di mining. Ora, in teoria, sarebbe possibile presentare domande di estrazione, ma cento organizzazioni ambientaliste internazionali, tra cui Greenpeace, Oceana, SharkLife e Save Our Seas, hanno chiesto all’ISA una moratoria globale sulle attività, in attesa di valutarne approfonditamente l’impatto ambientale.
Abbiamo alternative?
Ridurre la domanda di minerali critici per la transizione energetica sviluppando tecnologie più efficienti: in un decennio, per esempio, il contenuto di argento delle celle solari è diminuito dell’80%.
Riciclare materiali recuperati da Raee
Dal riciclo di 1.000 tonnellate (t) di Raee domestici si possono ricavare circa 900 t di materie prime seconde di materiali comuni come ferro, plastiche e vetro, ma anche 25 t di rame e 20 t di alluminio. Recupero del rame trascina con sé il recupero di materiali critici per la transizione energetica come l’oro: 1.000 t di smartphone contengono 350 kg di oro.
Poiché le economie dei Paesi industrializzati sono scarsamente circolari, la percentuale di riciclo dei metalli critici è ancora basso. Per rame e alluminio il massimo è 30-50%. Dovremo imparare al più presto a fare di meglio.
Sprecare di meno
Evitando di comprare l’ultimo modello di smartphone e facendo invece riparare quello vecchio consentiremo ai minerali critici di favorire la transizione energetica senza provocare sconquassi al pianeta e compiere ingiustizie sociali.
Silvia Treves
Fonti
Riciclo dei RAEE: a che punto siamo, su Economia circolare
Planet tracker (in inglese)
Europa: parte la corsa alle terre rare, su La Svolta
I costi del deep-sea mining, su Il BoLive
Leggi gli altri post dei SEMI
Cos’è il solarpunk: leggi il manifesto
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