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Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, di Gianni Rodari, Einaudi Ragazzi, 1973, edizione 2010, copertina di Bruno Munari, p. 187.

 “Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore… Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni…”
Sono parole di Gianni Rodari, che chiariscono in modo esemplare la vocazione di questo libro diventato ormai un classico: parlare dei processi della fantasia e delle regole della creazione per renderne l’uso accessibile a tutti.
Frutto degli «Incontri con la Fantastica» che Gianni Rodari ebbe a Reggio Emilia nel 1972, “Grammatica della fantasia”, pubblicato per la prima volta cinquantadue anni fa, è un classico letto e tradotto in tutto il mondo. Unico testo teorico organico dello scrittore nato a Omegna, non è solo «un’introduzione all’arte di inventare storie»: è un invito al gioco e alla sperimentazione, alla liberazione dai luoghi comuni e dai pregiudizi, è una celebrazione dell’invenzione felice e dell’errore creativo…
Partendo dall’esame dei congegni che muovono l’immaginazione, l’autore non ci consegna, però, un ricettario per costruire storie, ma offre “materia prima”, idee, occasioni di riflessioni fantastiche utilissime per superare la muraglia della routine scolastica e per riconoscere il ruolo della creatività all’interno del processo educativo.
Uno scritto profondo e sempre attuale sul potere della fantasia e sulle tecniche per stimolarla, ma, forse, soprattutto, su come raccontare e trasmettere quell’arte a tutti, «non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo». Proprio per questo, “Grammatica della fantasia” è un libro colmo di umanità e speranza, che mette in gioco la forza educativa della parola e il valore dell’immaginazione come strumenti di emancipazione e libertà.


“Con un po’ di esercizio è possibile prendere lezioni di ottimismo anche da Giacomo Leopardi”, Grammatica della fantasia, p. 169

Grammatica della fantasia è un saggio visionario – sebbene Rodari non lo reputi tale -, situato in una postura politica precisa facilmente rintracciabile durante la lettura, reso tuttavia leggero e stimolante da un approccio ludico all’invenzione con le lettere, le parole, le storie.  
Nato come quaderno di appunti, generati dalla documentazione attenta di spunti e lavori sul campo e con i bambini, poi divenuto un intervento organizzato e infine confluito in un volume, propone, in quarantaquattro capitoli – più uno di approfondite riflessioni -, meccanismi lessicali per concepire, allenare, riattivare la fantasia, l’immaginazione, come ribadito all’inizio e alla fine del saggio, quasi a voler puntualizzare al massimo la responsabilità politica/sociale/culturale che Rodari ha assunto per sé.
Scrive infatti a p. 10: “Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo. Inoltre a p. 174: “Simulano”… “precedono”… “preparano la strada”… Non mi sembra arbitraio dedurne che se vogliamo insegnare a pensare dobbiamo prima insegnare a inventare. (In corsivo nel testo, N.d.R)

Rodari organizza il suo saggio intorno a una sfavillante parola chiave: utopia.
La sua grammatica si lega indissolubilmente alla pratica, viene legittimata dalla militanza nell’immaginazione che si allaccia all’addestramento fisico manifestato attraverso il gioco.
Così puntualizza a p. 114: Intanto, bisogna che il bambino faccia provvista di ottimismo e di fiducia, per sfidare la vita. E poi, non trascuriamo il valore educativo dell’utopia. Se non sperassimao, a dispetto di tutto, in un mondo migliore, chi ce lo farebbe fare di andare dal dentista?

Se Rodari si rivolge in prima istanza a3 educator3 e genitori, tra le righe esorta tutt3  a cogliere il suo invito di smarcarsi dallo status quo per divenire persone intere, complete attraverso un vero e proprio “lavoro” di creatività.
Ribadisce più volte la necessità di “lavorare” non di banale fantasia, bensì di una più proficua creatività, figlia produttiva dell’immaginazione.
La avvalora quando indica la “creatività come pensiero divergente, cioè capace di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza”, quando mostra la creatività di una “mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti, […] che rifiuta il codificato, che rimanipola gli oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi.”
La legittima attraverso l’idea paradigmatica di Marta Fattori “[…] tutti possono essere creativi, a patto di non vivere in una società repressiva, in una famiglia repressiva, in una scuola repressiva… È possibile un’educazione alla creatività.”  

“Grammatica della fantasia” è importante per il pungolo risoluto verso una presa di posizione collettiva. Troppo spesso si ascoltano appelli a un non ben identificato “futuro in mano ai giovani” che dovrebbero ribaltare le sorti di un mondo disintegrato e depredato, consegnato dalle generazioni precedenti come un dono velenoso che nessuno vuole.
Infatti l’opera si configura come manifesto programmatico, globale e comunitario per la generazione di un mondo migliore per tutt3, dove tutt3 sono responsabili e tutt3 devono contribuire.

Di conseguenza ne suggerisco la lettura, lo studio, l’interiorizzazione e la messa a frutto.

Romina Braggion
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