Hanzi Freinacht, da metamoderna.org 10 luglio 2022, traduzione dall’inglese di Silvia Treves

Senza un programma estetico, è impossibile ricreare veramente la società di oggi nelle direzioni desiderate. Non bastano le idee sulle cose che vogliamo evitare (disastri ecologici, pandemie, carestie, guerre, rischi esistenziali derivanti dalla tecnologia…). Abbiamo bisogno di qualcosa di più di una missione morale (ad esempio, “porre rimedio alla sofferenza” o “salvare gli animali”, come ho discusso in uno dei miei articoli precedenti ) o anche la ricerca della verità (“i misteri dell’universo, come sono rivelati dalla scienza, nella più grande ricerca dell’umanità…”).

Abbiamo anche bisogno di un desiderio estetico che ci chiami: un senso di bellezza, di buon gusto, di ispirazione, di creatività.

I nazisti lo avevano capito molto bene. E lo capiscono anche i regimi autoritari di oggi. I simpatici democratici, invece, sembrano faticare a capirlo. Per questo motivo, solo i regimi autoritari sono riusciti ad applicare con successo l’estetica che parla alle aspirazioni dell’umanità del XXI secolo: il Solarpunk.

Credo che il movimento solarpunk e la sua estetica offrano alcuni dei percorsi più praticabili a questo impulso – capace di portare avanti la transizione (verso la sostenibilità) e la trasformazione (della realtà sociale). Il Solarpunk può essere un veicolo di visioni metamoderniste, non come un insieme di idee e ideali astratti, ma come qualcosa di visceralmente sperimentato attraverso i sensi e quindi facile da comunicare, e attorno al quale costruire slancio e movimento. I solarpunk (cioè le persone impegnate in questa sensibilità progettuale) possono essere portatori di cultura metamoderna e quindi, in definitiva, di una società protopica, rafforzando questi attrattori [un attrattore è un modello o un equilibrio che in determinate condizioni è molto probabile che emerga e si stabilizzi all’interno di un sistema dinamico, come una società”–  Hanzi Freinacht. NdT].

Quindi questo è un argomento rilevante: diamo un’occhiata più da vicino alla posta in gioco.

Un cavallo di Troia per il metamodernismo

C’è una certa logica dietro al solarpunk come fulcro del cambiamento culturale metamodernista. Il metamodernismo – la pratica di considerare la modernità e il suo progresso come un oggetto a cui rapportarsi e da reindirizzare – vive all’incrocio tra realtà e finzione, con ingenuità informata, pragmatico romanticismo e così via. Lo stesso si può dire del solarpunk: è la fantascienza di un futuro prossimo nel quale l’umanità vive più a stretto contatto con l’ambiente, ma con i vantaggi della tecnologia avanzata, in una connessione più stretta con la vita e con gli altri. Poiché le visioni solarpunk sono immaginarie ma si sforzano di diventare sempre più tangibili e di offrire soluzioni reali, rafforzano naturalmente le tendenze del romanticismo pragmatico nella cultura. Ma c’è di più: i progetti solarpunk portano con loro una certa dinamica che indirizza sottilmente le persone verso la sensibilità metamodernista:

  • Supponiamo di costruire un movimento solarpunk attorno a 12 visioni: (strade più pulite, strade più verdi, espressione locale, e-democrazia e partecipazione, transculturalismo responsivo, strade colorate e artistiche, edifici belli e vivi, ambienti salubri, la migliore scelta architettonica, Nuovo Municipalismo, feedback AI e IoT [internet delle cose] per i beni pubblici e, naturalmente, energia sostenibile).
  • Ciò implica il dover iniziare a investire molto tempo, sforzi, denaro, materiali ed energia in determinati progetti per migliorare gli edifici, le strade, le reti elettriche, i trasporti, ecc.
  • E questo significa che le persone dovranno suggerire tali progetti per ottenere appoggio.
  • Per fare ciò verranno promosse strutture e strumenti digitali democratici per presentare le idee e decidere in merito.
  • Questo – con una vera posta in gioco – coinvolgerà le persone in una più profonda partecipazione democratica.
  • Ciò spingerà le persone a interessarsi dei processi di democratizzazione e di altri processi che discendono naturalmente da quel punto di partenza (le sei nuove forme di politica che discuto nel mio libro Nordica Ideology). Altrimenti, questi temi semplicemente non emergono come priorità nella vita delle persone.
  • E questo condurrà le persone in uno spazio di sovrapposizione tra il qui-e-ora reale e il possibile ancora da immaginare: il “nuovo possibile”, com’è stato definito da alcuni.
  • Questo è fondamentalmente il passaggio dalla cultura moderna a quella metamoderna o protopica.

Il Solarpunk può quindi essere un cavallo di troia che porta al metamodernismo. Il risultato finale atteso, o desiderato, non è in realtà una città scintillante, verde, tecnologica, pulita, felice e bella. Una società metamoderna, con la sua cultura più ricca, una governance superiore e un welfare da “società dell’ascolto”, è cioè una società profondamente più felice e gentile di quella attuale. La “roba” solarpunk è solo la droga di ingresso per far interessare le persone a cose che sembrano troppo astratte.

Non c’è da stupirsi che il metamodernismo e il solarpunk abbiano già iniziato a sovrapporsi. I miei amici australiani, Joe Lightfoot e Jason Fox, hanno già prodotto un Manifesto solarpunk metamoderno  che incorpora anche elementi neo-tribali, un tema già trattato in questa serie di articoli.

La triste realtà: Solarpunk autoritario

Quindi, per rafforzare gli attrattori della società metamoderna, dobbiamo sostanzialmente stimolare i movimenti solarpunk, i comuni, gli urbanisti, gli artisti, gli scrittori, le aziende e gli ecovillaggi, giusto?

Non così in fretta. Gli unici progetti solarpunk finora realizzati – in termini di estetica maestosa – sono stati guidati da agenti decisamente non metamoderni: da regimi autoritari e paternalistici. Singapore è, ovviamente, l’esempio più evidente. Ma i progetti cinesi e vietnamiti si stanno aggiungendo alla mischia. L’Arabia Saudita sta progettando un’intera città, The Line, completamente basata su un mondo post-automobile. Questi progetti possono sembrare solarpunk, le città future verdi e pulite che tanto desideriamo, ma sono tutt’altro che vivi e organici, non fondati sulla società civile, sui beni comuni e così via.

I solarpunk sono libertari idealisti, rappresentati principalmente in Occidente (a volte anche altrove), spesso legati a qualche versione della controcultura “nerd” (fantascienza visionaria/utopica, giardinaggio rigenerativo, tecnologia, misticismo della natura, paganesimo, hackathon [evento in cui programmatori, informatici, grafici mettono insieme le loro competenze per realizzare un progetto. NdT], arti digitali, giochi di ruolo e così via) – e rappresentati in misura minore anche nei Paesi in via di sviluppo. Tutto ciò si basa sul cyberpunk, semplicemente sul punk, sul fai-da-te, sulla sovranità energetica, su un romantico richiamo alla terra, al suolo e alla natura. Si tratta dell’amore per la libertà, della sensazione che ognuno di noi possa costruirsi una vita piccola ma bella, e comunque in grado di fare la differenza. Poggia sul senso dell’organico, della spontaneità, su quella vena da “caotico buono” ferocemente indipendente che c’è in ognuno di noi, parlando in termini di gioco di ruolo. Le sue icone intellettuali sono persone come la scrittrice di fantascienza  Ursula K. Le Guin, l’inventore Buckminster Fuller e l’architetto teorico Christopher Alexander.

Ma, ironia della sorte, l’estetica solarpunk – la banca di immagini che compare se si cerca il termine su Google – sembra avere due sfumature nettamente diverse.

  • Le immagini dipinte e animate si orientano verso un genere fantasy un po’ troppo fantasioso per essere preso sul serio, talvolta sovrapponendosi a temi di tipo New Age.
  • L’altro lato, quello fotorealistico e architettonico, mette in mostra esempi provenienti principalmente da Singapore, insieme ad altri progetti di prestigio innegabilmente belli ma dittatoriali, spesso rivolti a una ricca classe transnazionale di professionisti che dovrebbero giungere come turisti o residenti, ma che non hanno alcun interesse o voce in capitolo in una realtà solarpunk. I poveri, ovviamente, verrebbero chiusi fuori, o accettati solo come lavoratori migranti con pochi o nessun diritto civile e lavorativo. È una nuova versione verde e scintillante del modello di Dubai, una versione a livello di città-stato della gated community [comunità residenziale chiusa/enclave].

Tra i due, è chiaramente il solarpunk fotorealistico di Singapore a catturare l’immaginazione mondiale: porta un assaggio di futuro che pare concreto e credibile. Le immagini più lontane del solarpunk di tipo fantasy sono semplicemente troppo infantili e immaginarie per essere prese sul serio dalla maggior parte delle persone (l’arte fantasy e fantascientifica, a sua volta, imita le tecniche della pittura del periodo romantico, cioè l’accentuazione del colore, del contrasto, dei dettagli, della perfezione, su dipinti altrimenti quasi realistici, in modo da conferire loro quel bagliore magico). Di seguito sono riportati alcuni esempi di due filoni di arte/design solarpunk:

Arte Solarpunk, stile “fantasy/fantascientifico”:

Solarpunk fantasy –in queste immagini i cieli sono sempre blu:

Solarpunk fantasy – chiaramente un mondo di sogno lontano da qualsiasi pianificazione urbana:

Stile solarpunk “di Singapore:

Solarpunk in stile Singapore: notate come funziona anche in una giornata nuvolosa:

Veduta aerea del famoso “Garden by the Bay” di Singapore:

Solarpunk in stile Singapore: notate come funziona anche con le auto in vista:


Circa un anno fa, in treno, ho parlato con un cittadino statunitense che ha confrontato la sua città natale, San Francisco, con Singapore, dove attualmente risiede. Pur ammettendo che quest’ultima era autoritaria, non c’erano dubbi su quale preferisse: le sue descrizioni del degrado urbano di San Francisco e il suo apprezzamento per l’ordine e la pulizia parlavano da sole. Storie simili cominciano ad affiorare in tutto l’Occidente: un mio vecchio zio, postino in pensione di un Paese europeo liberale, stupito dall’ordine e dalla bellezza di Singapore, la definì “una società ideale” dopo una breve visita a suo figlio che studiava lì. Ascoltare i racconti su Singapore del mio vecchio zio è, immagino, l’equivalente di ciò che significò ascoltare i visitatori dell’America dei grattacieli dell’inizio del xx secolo.

Nel frattempo, centri liberali come Berlino e San Francisco non sono state adeguatamente rese solarpunk. Entrambe le città hanno comunità solarpunk e alcuni luoghi con vibrazioni solarpunk (come il Salesforce Park a San Francisco), ma non sono stelle di prima grandezza come Singapore.

Devo sottolineare il rischio che stiamo correndo? L’estetica solarpunk è incredibilmente potente, ma rimane nelle mani degli urbanisti che hanno abbastanza potere politico centralizzato per realizzare queste visioni. Tali poteri includono: capacità a lungo termine di pianificare su larga scala dall’alto verso il basso, finanziamenti per progetti a costo zero e, naturalmente, controlli alle frontiere per attirare solo i cittadini ricchi e negare ai non abbienti l’accesso o almeno la cittadinanza. Una società ideale – ahem.

Come hanno sostenuto a lungo i teorici fascisti e neo-tradizionalisti, sono spesso l’autorità, la disuguaglianza e il potere dall’alto a preoccuparsi degli obiettivi spirituali dell’abbellimento (reso possibile, quindi, dal differenziale di potere stesso, o, se vogliamo, dal surplus ottenuto dallo sfruttamento medesimo): i super-ricchi creano palazzi e mantengono in vita le gallerie d’arte, la Chiesa cattolica innalza cattedrali e così via, mentre i condomini comunisti o socialdemocratici sono generalmente funzionali e poco stimolanti; quindi il Louvre non è pieno di oggetti del xx secolo, ma di oggetti risalenti a tempi più diseguali e autoritari.

Se le bellezze e il fascino che catturano l’immaginario pubblico globale e definiscono esteticamente “il buon vivere” sono basate sul solarpunk, e se il solarpunk è sempre più nelle mani di poteri autoritari, cosa pensate che accadrà? Ci sono già altri punti di attrazione che suggeriscono che potremmo finire in un periodo di balcanizzazione globale combinato con una sorta di eco-fascismo o, almeno, di un eco-paternalismo esteso e deliberatamente esclusivo. Se i cittadini del mondo libero non inizieranno presto a offrire alternative valide al solarpunk autoritario, la battaglia per i sogni e i desideri umani sarà molto probabilmente vinta dai poteri autoritari. La gente venderà volentieri la propria libertà e la democrazia per avere la possibilità di vivere in quella che sembra una società ideale. Il richiamo di una manifestazione esteticamente superiore e di un ordine sociale che funziona senza intoppi spegnerà prima lo spirito di libertà e poi quello di uguaglianza.

La guerra fredda contro l’autoritarismo comunista non è stata vinta con argomenti morali. È stata vinta soprattutto con i beni di consumo, con stili di vita che suscitavano desideri genuini e viscerali: a titolo di esempio, si può ricordare che gli studenti occidentali di sinistra che visitarono la Germania Est comunista rimasero scioccati nello scoprire che i cittadini erano ossessionati dalle scatole di cereali vuote provenienti dall’Occidente e le usavano come decorazioni nelle loro cucine. E nel 1959, in quello che fu poi chiamato il Dibattito sulla cucina, il leader sovietico Nikita Chruščëv visitò l’Esposizione Nazionale Americana a Mosca. Qui gli fu mostrata una replica di una casa americana con tutti i più recenti elettrodomestici e rimase scioccato nel vedere il livello di benessere di cui godevano i comuni americani della classe media.

L’immaginazione mondiale è stata catturata dallo stile di vita del “Primo mondo”. È scoraggiante pensare che le lavatrici, i televisori a colori e i sobborghi della classe media abbiano vinto la battaglia tra la democrazia liberale e l’autoritarismo sotto una sottile parvenza di socialismo. Oggi, tuttavia, l’autoritarismo sta conquistando i cuori della classe media globale grazie alla sua capacità di garantire l’ordine – e di rendere la società solarpunk “dall’alto”.

Potresti mostrarlo a un bambino di sei anni e, cosa fondamentale, alla classe media

Se sei un attivista o uno studioso metamoderno e vuoi raggiungere gli altri con le tue intenzioni e visioni, potresti dire a una persona molto istruita e filosoficamente dotata: “Noi vogliamo rafforzare le tendenze metamoderne nella società in modo da trascendere i problemi e le tragedie della modernità…”. E, con molti sforzi e lunghe discussioni, potresti avere un compagno di viaggio sulla strada per andare oltre la vita moderna.

Ma ciò funzionerebbe soltanto se il tuo ascoltatore fosse un pensatore particolarmente astratto, e costerebbe un grande sforzo. Un po’ come portare una macchina del tempo in Inghilterra nel 1224 d.C. e cercare di spiegare a qualche contadino, anche intelligente, perché dovrebbe sforzarsi di ottenere la “democrazia liberale”. Certo, alcuni sarebbero incuriositi, ma tu perderesti il tuo tempo. E il loro.

Sì, una società metamoderna o prototopica è ciò che conta davvero. Ma alla maggior parte delle persone non importa nulla (“francamente, mio caro…”) di ideali e visioni elevate.

Se invece mostrassi ai nostri amici medievali il video di una nuova casa con acqua corrente e tutto il cibo disponibile al negozio di alimentari, potresti suscitare il loro interesse. Ok, questo mi interessa. Come ci arriviamo?

Di conseguenza, mostrando l’immagine che segue di una Berlino reimmaginata e “solarpunkizzata”, anche a un bambino di sei anni, ci sono buone probabilità che capirà intuitivamente cosa si vuole ottenere:

Una “Berlino solarpunk” di Alex Rommel

Se conosci Berlino, qui la vedi reimmaginata, con edifici abbastanza familiari da riconoscerla, ma anche così tanto ridefinita da rendere la sua interezza più viva e invitante. (Naturalmente cielo blu a Berlino, ma non importa).

Qui ci stiamo avvicinando a un “mostra non dire” mediato dalla bellezza. Non un’argomentazione razionale, non un risveglio morale: solo un senso di “ahhh, è bello, mi piacerebbe”.

Ed ecco l’aspetto cruciale: sai a chi piacerebbe? Non a pochi artisti psichedelici e aderenti al Burning Man [festival rivoluzionario dedicato alla comunità, all’arte, all’autosufficienza. NdT], punk, anarchici ed ecologisti profondi. Piacerebbe anche alla classe media. Persino il sottoproletariato potrebbe preferire il paesaggio più invitante del solarpunk al freddo, duro, cemento e ai vicoli pieni di rifiuti o ai parcheggi per roulotte.

In breve – questa è un’argomentazione che ho insinuato fin dall’inizio dell’articolo, ma che ritengo debba essere resa assolutamente chiara – l’estetica solarpunk è attualmente il miglior biglietto da visita per convincere le persone normali a cambiare il mondo, salvando così la civiltà umana.

Il Solarpunk è, per usare il linguaggio della grande riformista sociale della Londra di fine xix secolo, Mary Poppins, il cucchiaio di zucchero che fa andare giù la medicina. Ancora una volta: Non sto dicendo che lo zucchero sia più meraviglioso della medicina. Dico solo che è Mary Poppins.

Il Solarpunk è un’estetica che funziona, è una droga di passaggio per il metamodernismo e la Protopia. A voler essere cinici, si può dire che lo si può usare per ingannare la gente a volere cose sensate come la transizione verso una società ecologica, equa ed efficacemente governata. Un cavallo di Troia, come ho detto in precedenza.

La bellezza al servizio della verità

Non ho molte cose buone da dire sul lavoro e le idee dell’economista New Age Charles Eisenstein, ma non considero una coincidenza che il suo precetto – e titolo del libro – Il mondo più bello che i nostri cuori sanno essere possibile, abbia colpito così profondamente tanti lettori. I sogni non sono fatti di verità, né di dignità morale, ma di bellezza, di qualità estetiche. Eisenstein non ci ha chiamati a un mondo più razionale, né a uno moralmente dignitoso: ma specificamente a un mondo bello. È l’unica chiamata che possiamo, in tutta onestà, ascoltare. Questa è la dura verità sulla verità, la morale e la bellezza.

Per essere chiaro, non credo certo che la bellezza, intesa come valore, possa mai avere la meglio sulla giustizia e sulla verità; anzi, da tempo sostengo che l’essenza del fascismo e del suo marchio di totalitarismo consiste proprio in questa errata priorità (“tutto deve apparire come QUESTO, e non diversamente, al diavolo la verità e la moralità della questione!” … e da lì in poi si scatena una folle corsa per copiare lo stesso identico modello in tutto il mondo: stesse svastiche, stesse idee, stesse persone, stessa razza, stessi vestiti, stesse abitazioni…). La verità e la moralità devono avere la meglio sulle qualità estetiche: non ha senso dire “questa è una bella sessione di tortura”, o “che genocidio esteticamente piacevole”. Io sostengo che c’è una “verità sulla verità” e una “verità sulla morale” – ed è che gli esseri umani non sono in grado di agire pienamente su ciò che è vero e ciò che è giusto a meno che queste qualità non siano mediate esteticamente: l’eleganza della scienza, la giustizia poetica, e così via. Non siamo macchine: se il nostro mondo si inaridisce, si inaridisce anche il nostro spirito e quindi la nostra motivazione.

E se ci fermiamo a esaminarlo solo un po’ più a fondo, credo che questo punto si riveli una profonda intuizione esistenziale:

  • Il male del mondo si riconosce soprattutto dalla sua propensione ad anteporre la bellezza alla morale e alla verità, lasciando che il gusto soggettivo colonizzi queste ultime. Nel romanzo Michael di Joseph Goebbels (che in seguito diventerà ministro della propaganda della Germania nazista), “il popolo” è il marmo nelle mani di uno scultore, di un artista. La società in sé non è viva e la senzienza non merita intrinsecamente una considerazione etica: no, è solo roba che si può rimodellare in base a ciò che sembra bello. Ancora una volta, questo è esattamente ciò che hanno fatto i nazisti: hanno maniacalmente impresso su ogni cosa l’aspetto che il mondo doveva avere secondo loro, al diavolo la verità. Un enorme regime copia-incolla ha appiccicato la svastica su tutto ciò che si muoveva, e non solo. Gli stessi esseri umani dovevano avere un certo aspetto. Persino le loro tattiche militari sono state definite esteticamente, rifiutando di valutare razionalmente le priorità (dotiamoci tutti delle uniformi più belle e degli equipaggiamenti più avanzati e dei cannoni più grandi che la storia abbia mai visto e non ritiriamoci mai su nessun fronte!)
  • Al contrario, seguendo ciò che è veritiero e moralmente valido, alla fine della strada si rivela sempre una bellezza. Se ci si batte per ciò che è buono, c’è bellezza in quella lotta e questo di per sé accende l’immaginazione creativa. Seguite dove vi porta la ricerca della verità, senza badare a ciò che dice il vostro “gusto”, e la bellezza che vi aspetta sarà ancora più grande di quella che vi siete lasciati alle spalle.

Confrontate queste due immagini.

Raduno di SS a Norimberga, 1936, foto Bettmann/Getty Images:

Il rivelatore di neutrini Super-Kamiokande. Osservatorio Kamioka, ICRR (Istituto per la ricerca sui raggi cosmici), Università di Tokyo:


C’è una certa somiglianza tra le due, una bellezza su cui entrambe le immagini sembrano convergere, ammettiamolo. La differenza è che una è stata creata per il solo gusto della bellezza e a partire dalla carne umana, sulla base del principio “forza uguale giustizia” senza, in primo luogo, un’onesta valutazione sul vero motivo per cui tutti quegli uomini si trovano lì insieme. Tutti quegli uomini sono sedotti (e in parte costretti) a far parte di un unico insieme, ma senza un vero principio guida, solo fingendo di averne uno.

La struttura scientifica della seconda immagine è stata creata per amore della verità, emanata dalla fisica stessa. La bellezza che possiamo vedere riflessa nella camera del rivelatore di neutrini giapponese è più sublime, più duratura, più universale, perché deriva dal tracciare le tappe delle verità e dei misteri sempre più profondi dell’universo.

Non ho alcun dubbio che la soggezione provata dai soldati delle SS sia maggiore di quella degli scienziati giapponesi che stanno solo facendo il loro lavoro. Ma la soggezione provata in realtà non porta da nessuna parte, solo a un precipizio e a un’autodistruzione immanente. La soggezione al nazismo è reale a livello emotivo, ma non è reale, perché i presupposti su cui si basa sono del tutto ridicoli (siamo una razza dominante destinata a conquistare il mondo e il nostro leader sa cosa sta facendo, guidato dal destino!) Il compito abbastanza banale della manutenzione della camera dei neutrini è meno impressionante, ma punta a verità così sbalorditive che non possono che eluderci e attirarci nell’oltre: la natura della materia, dell’energia e dello spazio, le realtà quantistiche e così via.

La verità al servizio della bellezza

Cose tanto simili emergono da processi così diametralmente opposti. Eppure, la somiglianza è superficiale, falsa. Anche se l’immagine nazista è fatta di uomini vivi, da uomini vivi, la sua bellezza è morta. Mentre la camera dei neutrini è fatta di vetro e oro inanimati, la sua bellezza è viva. Solo una delle due è un’opera d’arte sublime, perché non si impone al mondo, ma traccia la struttura stessa della realtà e si rivela come una sorpresa: la bellezza che emana dalla verità. L’opposto dell’inautenticità, della postura, dell’imprimere istericamente sulla realtà ciò che vogliamo sia vero.

Scusate questa lunga deviazione. Ciò che voglio dire è: il movimento autoritario del “solarpunk-calato dall’alto” può sembrare elegante. Può essere seducente e sentirsi vivo come un raduno di Norimberga. Ma è una bellezza forzata, un’estetica da Disneyland. Non segue la funzione, né la morale, né la verità delle persone che vi abitano, né del pianeta e delle sue altre creature.

Il solarpunk emancipatorio – il vero solarpunk – deve invece scaturire da un’estetica che fluisce da soluzioni reali a problemi reali, da preoccupazioni e relazioni umane reali. Non può essere “progettato” solo per fare spettacolo, per il prestigio e il fascino di un certo centro di potere politico-economico.

La vera bellezza porta libertà perché, beh, va dove la verità la porta. Quindi, è interessante notare che c’è una verità sulla verità: la verità ha bisogno della bellezza per prevalere, mentre c’è anche una verità sulla bellezza: la bellezza è una falsa promessa se non emana dalla veridicità, compresa la ricerca sincera di affrontare le questioni morali.

Per questo motivo, abbiamo una relazione simile all’Uroboro tra verità, estetica ed etica. La verità ha bisogno della bellezza per manifestarsi, non può vivere da sola. La bellezza deve servire la verità per non essere malvagia – e ciò che è malvagio alla fine diventa sempre brutto. Non esistono genocidi belli, né gloriosi.

Il solarpunk autoritario, l’estetica solarpunk usata per sedurre le classi medie, per escludere le persone e per giustificare la limitazione della libertà, alla fine sarà anche brutto.

Un solarpunk che risolva i problemi reali per e da parte di esseri umani reali attraverso una comunicazione veritiera porterà alla libertà e alla sostenibilità che il solarpunk promette. Si tratta di una giocosa battaglia di design non solo per la giustizia, ma per il futuro dell’anima umana.

Dobbiamo quindi salvare il solarpunk recuperando la sua bellezza per scopi profondamente democratici: superare i limiti delle democrazie liberali e capitaliste tradizionali, non indebolirle e non tornare all’autoritarismo.

In questo modo non solo si salva la democrazia a livello planetario, ma si costruisce anche il movimento ambientalista auspicato da Greta Thunberg. Ma quello di Greta è un appello morale. Questo sarà un appello estetico, al quale non si può letteralmente resistere, progettato, a sua volta, tracciando le soluzioni reali e pratiche ai problemi di sostenibilità, inclusione e giustizia.

Traduzione di Silvia Treves

Hanzi Freinacht è un filosofo politico, storico e sociologo, autore di ‘The Listening Society‘, ‘Nordic Ideology‘ e dei prossimi libri The 6 Hidden Pattern of History e Outcompeting Capitalism.

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