Uno degli indici più importanti per una buona gestione ambientale del territorio è il consumo di suolo.
Siamo tutti consapevoli di quanto un territorio come per esempio quello della Lombardia venga costantemente sottratto a ogni uso che non richieda asfalto o cemento.
Vale la pena chiedersi se questo “consumo” sia irreversibile; sarebbe utile cioè sapere quanta parte di questo suolo potrebbe, al tempo stesso, essere recuperato.
A tutti noi sarà capitato di vedere, lungo le strade, capannoni, magazzini e vaste aree di parcheggio abbandonate: se per i primi bisognerebbe anche valutare eventuali fondazioni in cemento, riguardo alle seconde sembrerebbe facile decorticare lo strato di asfalto e rimettere allo scoperto il terreno (qualcuno ricorderà scene del genere in Largo! Largo! di Harry Harrison).
Purtroppo, una ricerca in rete non permette di trovare numeri riguardo al territorio “recuperato” in Italia, anche l’IA Gemini si arrende; l’intelligenza umana cercherà di approfondire, ma per il momento questa nota si focalizzerà sul solo asfalto.
Da questo punto di vista ci sono notizie migliori.
Vediamo anzitutto meglio di che si tratta: L’asfalto è una miscela naturale di idrocarburi solidi e semifluidi, per lo più costituiti da bitume; solido e di colore scuro si rinviene come impregnante delle rocce calcaree, l’insieme si chiama “roccia asfaltica”; da esso si estrae il bitume.
Cos’è invece l’asfalto a freddo? è un conglomerato bituminoso realizzato unendo leganti bituminosi, materiali inerti e additivi ecocompatibili. A differenza dell’asfalto a caldo, che viene utilizzato per asfaltature ampie e (come suggerisce il nome) per essere posato deve essere portato a 150/160° C, l’asfalto a freddo non richiede alte temperature per la lavorazione, rendendolo ideale per piccoli interventi; in più, grazie alle sue caratteristiche, può essere applicato in diverse condizioni climatiche.
Veniamo ai dati di utilizzo.
Innanzitutto risulta che la produzione europea di asfalto (che, ricordiamolo, è un derivato degli idrocarburi) è tornata ai livelli del 2013. Solo in Italia, pur senza raggiungere il picco del 2021-22, il valore del 2023 è ancora del 40% superiore a quello di 10 anni prima; negli USA, che impiegano annualmente circa una volta e mezzo la quantità di asfalto dell’Europa nel senso più esteso, il consumo addirittura non ha mai smesso di aumentare, registrando anche in questo caso un +40% negli ultimi dieci anni.
Si registrano anche progressi tecnologici, che permettono di formare l’asfalto non solo nella tradizionale modalità Hot, ma anche Warm e addirittura Cold : senza entrare in dettagli tecnici, è intutivo che queste tecnologie permettono di formare il conglomerato (asfalto) unendo bitume e aggregati a temperature via via più basse, con risparmio energetico. Per dare un’idea, in Francia l’asfalto Warm è passato dal 10% al 15%, il Cold dal 5% al 7% nei 10 anni esaminati; in Spagna le due tecnologie occupavano inizialmente il 10% anche se non sono poi cresciute insieme al fabbisogno complessivo (non sono disponibili dati riguardo ad altri grandi paesi europei).
Inoltre, il 15% dell’asfalto utilizzato in Europa è di recupero. Questo è interessante soprattutto se scomposto per paese: proprio i più grandi utilizzatori (Germania, Italia, Regno Unito) nel 2023 hanno visto percentuali di asfalto recuperato pari anche al 50% del consumo totale, il che permette un 30% di riutilizzo effettivo (il primo valore è la quantità di asfalto recuperato “lordo”: strati stradali strappati o macinati, produzione di scarto o surplus; il secondo è l’asfalto effettivamente pronto per il riutilizzo, eventualmente dopo frantumazione, macinazione, miscelazione). Vale la pena notare che questo avviene soprattutto in Germania e Italia, nonostante che in questi paesi, rispetto a Francia e Regno Unito, il settore si presenti molto più frammentato, con un numero di operatori almeno doppio nelle varie fasi del processo.
Antonio Ippolito
Fonti:
Asphalt in Figures – key figures of the European asphalt industry



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