La crisi climatica provocata dall’uso di combustibili fossili aumenta la temperatura del pianeta, provocando, fra gli altri effetti, estati torride sempre più difficili da sopportare. La soluzione più comune è raffreddare gli ambienti con un uso esagerato dei condizionatori. Ma il raffreddamento richiede quantità enormi di energia, riscaldando ulteriormente il pianeta e rendendo le nostre estati prive di via d’uscita. Una possibilità è quella di ispirarsi alle abitudini dell’Europa meridionale, dove le estati a 35 °C erano comuni anche prima del picco della crisi climatica:
Facciamo alcuni esempi:
- usare tende e persiane per bloccare la luce solare prima che entri in un edificio,
- usare la ventilazione naturale per far uscire il calore aprendo le finestre al massimo nelle ore più fresche,
- Dosare bene le attività esterne giornaliere: in Spagna, le persone sono più attive al mattino e alla sera, mentre le ore centrali e più calde sono dedicate alla siesta e le attività esterne sono sospese.
Una ricerca australiana consiglia l’approccio Prima di tutto il ventilatore elettrico che prevede l’uso dei condizionatori di appartamenti e uffici solo se la temperatura ha superato i 27°C. Infatti, i ventilatori elettrici da soffitto, piantana o scrivania consumano solo una piccola frazione dell’energia necessaria per far funzionare i condizionatori ma permettono di abbassare la temperatura percepita anche di 4°C.
Le pompe di calore possono essere usate come condizionatori reversibili: in inverno aspirando il calore all’interno dell’edifico e in estate espellendolo. Tuttavia, non sono la soluzione migliore perché sono costose e le case più vecchie avrebbero bisogno di essere ammodernate per utilizzarle. L’ideale sarebbe abbinarle all’uso dei pannelli solari sui tetti.
Ma cosa accadrà in futuro? Uno studio dell’università di Oxford ha indicato il concetto di “giorni di raffreddamento” che permette di valutare la frequenza con cui le persone dovranno utilizzare misure aggiuntive come l’aria condizionata; uno dei risultati è che i paesi europei alle latitudini settentrionali dovranno affrontare il maggiore aumento relativo di giornate troppo calde. Ma com’è possibile?
Semplice: gli edifici nell’emisfero settentrionale sono costruiti per resistere al freddo, massimizzando l’apporto solare e riducendo al minimo la ventilazione: insomma sono quasi delle serre.
Finora abbiamo parlato di singoli edifici, ma che fare per le isole di calore in città?
La vegetazione e l’acqua contribuiscono a raffreddare l’ambiente circostante attraverso l’evapotraspirazione, rilasciando umidità nell’aria e abbassando così le temperature. Nei parchi, ad esempio, ci sono alcuni gradi in meno che nelle aree edificate.
Le aree rurali, di notte, si raffreddano molto rapidamente grazie all’esposizione al cielo e alla minore ritenzione di calore, mentre le città hanno una temperatura più calda mediamente di 4-5°C.
L’intensità dell’isola di calore aumenta con le dimensioni delle città: le più grandi hanno infrastrutture più dense, un traffico più congestionato e meno spazi verdi; quindi, trattengono maggiormente il calore rispetto a quelle piccole e alle aree suburbane.
La maggior parte delle soluzioni elencate fa riferimento a una pianificazione urbana sostenibile: aumento degli spazi verdi, uso di materiali riflettenti e miglioramento della disposizione delle città possono contribuire a creare ambienti più vivibili. Ovviamente, tutto ciò chiama in causa le amministrazioni urbane e i governi, che dovrebbero prevedere stanziamenti per aiutare i cittadini senza sforare il bilancio del carbonio.
Chissà se i governi europei riusciranno a garantirci questi risultati!
Silvia Treves
Fonti:


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