Marina Milani, “Erba verde è il nostro letto”, 416 pagg. € 20,00, 8tto edizioni 2024
Ho sempre pensato che un buon indizio dell’entrata a pieno titolo del solarpunk nell’immaginario comune, sarebbe stato il momento in cui fosse uscito dall’ambito dei lettori di fantascienza. È quindi con viva soddisfazione che leggo in questo libro di una protagonista intenta a scrivere un romanzo di genere solarpunk, senza bisogno di tante spiegazioni.
L’autrice Marina Milani, insegnante di Lettere in un liceo di Pavia, esordisce con questo romanzo nella narrativa di lungo formato. 8tto Edizioni è un’interessante piccola casa editrice indipendente di Milano, il cui nome richiama il movimento di tracciare il numero su un foglio, con la fine del segno che si connette all’inizio — proprio come il simbolo dell’infinito.
La storia ha una forma epistolare, composta da una serie di email, più documenti allegati, che si scambiano alcuni protagonisti negli anni in cui l’epidemia di COVID-19 costringe all’isolamento domestico. Tra questi protagonisti: il giovane Jonas Lyrer, di famiglia svizzera ma residente a Bergamo; Stella, una ragazza che lui ha conosciuto a Davos durante le contestazioni al forum dell’economia da parte di FFF (Fridays for Future, l’organizzazione ecologista di cui fa parte Greta Thunberg); Tanja, giovane intrappolata in un corpo maschile ma profondamente femminile nella propria coscienza, che è stata testimone dell’incontro tra i due e del loro breve idillio.
Jonas è l’ultimo discendente di una famiglia elvetica emigrata dall’Engadina a Bergamo per impiantarvi una manifattura tessile; di generazione in generazione, la loro fortuna è degenerata e si è dispersa, ma egli ancora vive con il padre e una zia nella villa costruita dagli avi. È grazie a questa continuità domestica che Jonas ha svolto ricerche per ricostruire la storia del bisnonno Hasso Lyrer, che nella seconda metà dell’Ottocento violò la vocazione manifatturiera per inseguire la propria vocazione botanica.
Nelle sue email dall’isolamento, Jonas racconta in maniera cronologica la storia del suo illustre antenato, a partire dalla ribellione contro il padre, per continuare con gli studi universitari a Firenze e le spedizioni naturalistiche in Borneo a fine ‘800, e arrivare progressivamente ai giorni nostri. Jonas invia anche trascrizioni di lettere e altri documenti, sperando che Stella, la cui ambizione è diventare scrittrice, trasformi il materiale in un romanzo-saga familiare (che, detto per inciso, è uno dei peggiori fenomeni della letteratura italiana di questi anni: un’ulteriore giustificazione del capitalismo e del patriarcato, come se non ce ne fossero già abbastanza; per fortuna Milani ci risparmia questa pappardella).
Con una certa costernazione di Jonas però, Stella trasfigura la trama storica raccontata dal suo amico in un romanzo di genere solarpunk, cambiando la natura dei protagonisti per attualizzarla. In questo modo, la passione naturalistica di Hasso Lyrer si salda con la sensibilità ecologista della nuova generazione, consapevole del danno inferto alla terra; e la sua ribellione giovanile è un’anticipazione della disperata presa di coscienza dei ragazzi di FFF. In questo modo l’autrice imbastisce una narrazione su più livelli: quello storico-letterale, nel passato, il racconto di un’indipendenza di pensiero che si pone controcorrente al senso comune, anche nei difficili anni del fascismo; e quello funzionale-metaforico del romanzo solarpunk, del quale non leggiamo neppure una pagina ma che riusciamo sempre a intravedere in controluce, perché in questo caso la Storia insegna, al contrario che nel mondo in cui siamo condannati a (soprav)vivere.
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