Riccardo Muzi
Trama:
In una natura islandese dalla bellezza talmente struggente da sembrare l’ultimo paradiso in terra, si dipana la vita di Halla. All’apparenza una donna comune, ma la sua quotidianità nasconde una vita segreta: armata di coraggio, arco e frecce, compie azioni di sabotaggio contro le multinazionali che stanno devastando la sua splendida Islanda. Una sfida ancor più grande l’attende: la sua richiesta di adozione è andata a buon fine e una bambina sta per riclassificare le sue priorità.
Recensione:
Dei giorni di vita che ci concede Madre Natura per razzolare sulla sua pelle, siamo abbastanza liberi di farci quello che ci pare. Si può fare una scelta più comoda e tradizionalista: lavoro, famiglia, mutuo, casa e infine morte; oppure si può optare per la lotta senza quartiere nei confronti di chi attenta alla salute della troppo generosa e democratica Gea. Halla prende la strada più impervia, si traveste da persona normale e, sotto copertura, combatte segretamente la sua battaglia in difesa della Terra (“Una donna in guerra” è il titolo originale in islandese). La donna elettrica è un film difficilmente incasellabile in un genere ben definito, per una scelta arguta e ardua da parte del regista Benedikt Erlingsson. Anche probabile che il trattare temi fondamentali in modo adeguato e non banale esige il ricorso a un ampio spettro di registi narrativi. Così passiamo dalla commedia surreale al dramma, dall’action al thriller, da una singola a una doppia (?) protagonista. Senza ombra di dubbio però siamo alle prese con un’opera dalla forte connotazione politica, che non ammicca al politically correct, non tenta mediazioni, ma va concretamente al sodo: per difendere la Natura da noi stessi bisogna lottare. Lottare anche quando l’informazione ti appiccica addosso l’etichetta di ecoterrorista. Se il nostro ecosistema viene violato è necessario, per il bene di tutti, seguire una legge superiore a quella che ratifica l’invasività delle multinazionali. Una normativa non scritta e ancestrale alla quale Halla si ispira e se ne fa interprete. In un fiabesco gioco del “do ut des”, la Terra percepisce le buone intenzioni della donna e la aiuta, la difende e le offre riparo nei momenti in cui sembra che non ci sia più una via di scampo. È davvero incredibile l’equilibrio che si instaura nel tessuto narrativo de La donna elettrica: la leggerezza e la magia del racconto, non sviliscono mai l’imponenza delle problematiche affrontate come l’inquinamento e il cambiamento climatico. Anzi, è proprio questo approccio emotivamente depotenziante che imprime alla pellicola un passo diverso, e molto più efficace, rispetto ad altri film che si sono soffermati su questi ambiti. Parlare di ecologismo non significa per forza di cose sottostare alla legge dell’annunciazione e della prefigurazione della catastrofe. La donna elettrica è un film divertente, godibile e allo stesso tempo impegnato; da tutti fruibile e universale come il messaggio che racchiude in sé. La sua visione, ed è questo forse il tratto più originale dell’opera, stimola in maniera sana la parte più battagliera del nostro animo impigrito, regalandoci una freccia in più da scagliare contro una società che non ha alcun rispetto per la Dimora che da sempre amorevolmente la ospita.
Crediti:
Titolo originale: Kona fer í stríð (Islanda 2018); Durata: 100 min; regia: Benedikt Erlingsson; Sceneggiatura:Benedikt Erlingsson & Ólafur Egill Egilsson; cast: Halldóra Geirharðsdóttir, Jóhann Sigurðarson
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