recensione di Silvia Treves
Fenice citoplasmatica, Irene Drago, racconto lungo “Atlantis” ebook, 41 pagine, € 1,99, Delos Digital,
“Andrea ha studiato e collaborato con le migliori menti della biotecnologia […] adesso ha accettato un lavoro in una divisione all’avanguardia della ricerca medica a Teheran, nella Seconda Repubblica Islamica. Ma tutte le sue conoscenze e reazioni, e tutti i mezzi dell’ingegneria genetica avanzata sembrano impotenti contro il cancro che sta per mangiare viva sua figlia”.
Cito queste poche righe, tratte dalla prefazione al nuovo romanzo breve di Irene Drago, per collocare la storia nel contesto di un futuro non troppo lontano. Fenice Citoplasmatica è un testo ricco e complesso che si svolge in più luoghi e riecheggia tra un passato e un presente separati da pochi anni.
Del testo ho particolarmente apprezzato alcuni aspetti.
La struttura reticente della narrazione: occorre seguire Andrea con pazienza per mettere a fuoco il suo mondo e la sua storia. Gli elementi vengono sparsi qua e là, non descritti ma mostrati, perché il protagonista e gli altri personaggi già li conoscono e non hanno necessità di ripeterseli. La reticenza è una forma narrativa elegante, che dà grandi soddisfazioni, un patto sottinteso fra chi scrive e chi legge, chiamato a partecipare attivamente alla storia.
I luoghi. La vita di Andrea oscilla tra l’Italia e l’Iran. L’ambientazione italiana mi ha risucchiato: per me è il futuro a medio termine di luoghi di ricerca frequentati in passato:
“i vecchi armadi di metallo carichi di documenti dimenticati da chi mi aveva preceduto […] La polvere sulle vetrine di chiaro sapore littorio […] Le etichette incomprensibili sugli scaffali. Le targhe commemorative, i busti nell’atrio”.
Spazi poco a poco abbandonati dai ricercatori per migrare in laboratori moderni, ma irrinunciabili per la Signora di quello strano regno: Ricci, una docente e ricercatrice “antica” e mal sopportata dai suoi discepoli, che pare ormai fuori del tempo, ma dalla quale tutti, prima o poi, ritornano…
In Iran Andrea vive fra una Teheran futuribile e Bushehr, sul Golfo Persico. Teatro, anni prima, di un terribile incidente alla centrale nucleare, ora l’intera area è studiata da ricercatori che tentano di bonificarla con l’aiuto dell’ingegneria genetica e della microbiologia. È un luogo tremendo eppure affascinante, dove
“la sabbia iniziava a cambiare, scricchiolava come neve e acquisiva sfumature catramose”
e dove si svolge una guerra silenziosa tra le radiazioni mortali e la vita che muta ma non si arrende.
Percorso dal dolore di Andrea e di Alma per la sorte della figlia, Fenice citoplasmatica riserva, oltre al coinvolgimento emotivo, molte altre sorprese: prima fra tutte un lucido discorso sul concetto primomondista di malattia e di salute che merita di essere letto, riletto e meditato. A seguire un’attenzione scientifica che ho molto apprezzato.
C’è poi un capitolo che, come biologa, ho gustato davvero tanto (sto sulle generali per evitare spoiler) e che mi ha rivelato il significato profondo del titolo.
In conclusione, Fenice citoplasmatica è una lettura molto soddisfacente che ho voluto completare seguendo la diretta di una chiacchierata sul romanzo e su molto altro: solarpunk, scrittura distopica, analisi del presente e immaginazione del futuro.
La consiglio vivamente, limitandomi a citare questa bella spiegazione per la scelta di ambientare parte del romanzo in Iran:
“[…] volevo anche togliermi da questa visione mitteleuropea del racconto e dell’avventura, sia mitteleuropea che americaneggiante, statunitense più che altro […] Camminare in altre scarpe”.
Irene Drago ha scritto altre opere più “dark”, come Liberi tutti e Cielo di carta, entrambi nella collana Futuro Presente (Delos Digital).
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