Milena Debenedetti, Gli svuotati, Atlantis n. 24, Delos Digital 2023, € 2,99
Milena Debenedetti è da diversi anni una presenza conosciuta, che svaria tra fantasy e fantascienza; qui ci offre per la prima volta un racconto di ambientazione solarpunk, miscelando le suggestioni di entrambi i generi. Il racconto è incentrato su un tema che sta destando preoccupazione crescente: la dipendenza da social media e lo svuotamento emotivo che ne consegue. È ormai argomento quotidiano la trasformazione indotta dai social media a livello macro (lo straniamento dei rapporti con gli altri, lo sfarinamento della coesione sociale, il controllo sulla circolazione di notizie e idee unito all’acquisizione delle più dettagliate informazioni su ognuno di noi); questo racconto la affronta a livello micro, ovvero della dipendenza scientemente indotta dalle endorfine rilasciate dai Like, e simili.
Lo sfondo è una società dell’immediato futuro, in cui certi sviluppi ora in embrione, come l’impianto di chip neuronali, saranno stati attuati in massa grazie all’illusione di meravigliosi “servizi a valore aggiunto”, fino a creare problemi tali da portare a una rivolta generalizzata contro la tecnologia alienante; di conseguenza il Partito dei Semplici raggiungerà finalmente il potere, realizzando una società orizzontale e collaborativa, ma dovrà riparare i danni anche umani lasciati dalla società precedente, in particolare dal chip YAGR, l’algoritmo You All Go Rhythm.
Personalmente ho sempre trovato affascinanti quei racconti un po’ onirici che mettono in scena una metafora dei processi mentali (mi vengono in mente Il buon viaggio di Le Guin e Viaggio sul fiume di Robert F. Young). In più, l’alternanza tra la linea narrativa solarpunk e quella apparentemente fantasy tiene lontano il rischio che il primo sia didascalico e il secondo poco consistente: tra carne coltivata e case organiche, la nuova società più umana è ben descritta, dai principi (“non lavoriamo per il profitto, ma le risorse sono sempre scarse e dobbiamo prioritizzare”) alla vita quotidiana (simpatica l’idea delle collinette di macerie che in ogni villaggio ricordano la civiltà consumistica, dove fin da bambini si va a innaffiare piante), ma il centro della narrazione resta profondamente umano: la necessità di affrontare il dolore, il mal di vivere senza fuggire nelle consolazioni artificiali.
Al più, ci avvisa l’autrice, ci si può aiutare con una poesia di Ungaretti…
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