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Riccardo Muzi

Novembre 1994. Esce “Spirito”, album dei Litfiba, terzo capitolo della cosiddetta tetralogia degli elementi (Fuoco – Terra – Aria – Acqua) che iniziò con “El Diablo” del 1990, proseguì con “Terremoto” del 1993 e si concluse con “Mondi Sommersi” del 1997. Non ci soffermeremo sul fatto che la timeline appena snocciolata sia stata anche il viatico artistico che avrebbe poi portato al momentaneo scioglimento del gruppo rock toscano, ci addentreremo invece nelle liriche di due brani che, ad un ascoltatore solarpunkizzato, potrebbero far vibrare più di qualche corda, dell’animo e della propria chitarra.

La prima canzone che passeremo al setaccio della nostra solar esegesi è “No Frontiere”, traccia numero 7 di “Spirito”, LP che non ha attirato a caso la nostra attenzione, infatti, rispetto ai lavori precedenti dei Litfiba, presenta sonorità più ariose e “solari”.

“No frontiere”, in particolare, evoca un mondo senza barriere e divisioni, un luogo immaginifico dove le frontiere fisiche e culturali svaniscono per lasciare spazio ad una visione di fratellanza universale. Il pezzo è ricco di passaggi suggestivi: si parte superando l’”orizzonte dello specchio” e con una “spedizione dirottata sul non ritorno”: un viaggio oltre i limiti del conosciuto, in una dimensione di apertura e trasformazione continua.

Il brano si muove dallo spazio sospeso del “vuoto fra cielo e terra” e si dirige “verso le mani fonti della vita”, richiamando le nostre radici primordiali come vere sorgenti di energia e rigenerazione.

Ecco che appaiono le “stelle dell’orsa e del delfino”, simboli di elementi naturali e cosmici contrapposti a una realtà spesso segnata dall’odio e dalla divisione; luoghi lontanissimi ma idealmente raggiungibili grazie alla presa di coscienza della loro reale esistenza. È qui che troviamo “gente che vive amando ciò che ha e non odiando ciò che non avrà”: la convivenza umana è pacifica e accogliente quando la società in cui si vive non è sbranata dal profitto e dai mercati.

Le “galassie” e i “milioni di soli che danno fiori e riti di pace” descrivono un eden infinito, armonioso e luminoso, in cui la natura si manifesta attraverso colorate forme di vita; i pianeti “dove non si scoppia” e le notti passate “a far l’amore” raccontano di vite senza conflitti e di un benessere collettivo.

Nel finale “No frontiere” diventa un motto, un grido emblematico per un mondo senza barriere, fisiche e mentali; la voce di Pelù ci avvisa che, nel suo viaggio senza confini, incontrerà “il mistero della vita”, facendoci lentamente immergere nelle dimensioni della percezione mistica e della sacralità di ogni forma di vita.

“No frontiere” è un brano che permette di veleggiare con la mente attraverso momenti di grande impatto visivo-evocativo.

Ma torniamo con i piedi per terra. Lo facciamo con l’aiuto di un altro brano dei Litifiba dalle inconsapevoli attitudini solar. Sempre tratto dall’album Spirito, “Tammuria” è un vero e proprio canto politico e di critica sociale, celebrativo del sole e delle nostre radici. In questo caso, radici più vicine e territoriali.

Le note e le liriche della canzone stabiliscono subito un rapporto profondo con la tradizione: “tammùria”, ritmo tipico della musica mediterranea, si diffonde ovunque “sui tetti, sui muri, e le strade”. La stessa parola “Tammùria” ripetuta più volte crea un effetto ipnotico, come in una danza tribale.

Il mondo in cui viviamo è disorientato: “orari, vecchie coincidenze sbagliate, saltate, perdute” e “speranze nell’aria senza risposte”. La confusione generalizzata e la mancanza di certezze nel presente e soprattutto nel futuro, sembrano poter esser dissipate dal sole che nasce “su di noi” e che “è uguale per tutti”.  L’energia infusa dalla nostra stella è naturalmente democratica, ai terrestri il compito di accoglierla: “scalda se lo vuoi e brucia se lo vuoi”. 

Ma, per edificare una società migliore, non basta scaldarsi e trarre forza dai benefici raggi solari, serve anche scuotere dal torpore chi è anestetizzato dai meccanismi mediatico-politici insiti nella nostra quotidianità “Se un dittatore dal nuovo balcone, spaccia in TV la gioia, Tu scuoti la noia e gli sguardi Di chi non lo capisce”. Chissà a chi si riferivano? (domanda retorica, tenuto conto che il brano è del 1994)

Insomma, tra una tammuriata e un abbattimento di frontiere, già negli anni 90 i nostri Piero Pelù e Ghigo Renzulli, sembra proprio avessero delle idee molto chiare e molto solar: superare ogni confine fisico e mentale, riscoprire le proprie radici e la connessione con la terra, emanciparsi dai desideri imposti dal sistema economico capitalista. Elementi imprescindibili per costruire un futuro migliore, più sostenibile e armonioso. E tutto a firma Litifiba.

E adesso chi glielo dice che sono i nostri “Eroi nel vento” perché sono stati dei precursori del Solarpunk in Italia? Mentre decidiamo chi sarà il o la portavoce, buon ascolto!

Riccardo Muzi

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