Franco Ricciardiello
Carlo Santulli, La biolingua dell’economia circolare, pp. 132, Opera Narrativa 2024, ISBN 9791281689084, € 10,00 (cartaceo), € 4,50 (ebook)
Ogni epoca umana ha la sua lingua, e le lingue si evolvono e mutano con una velocità difficile da controllare. Quando poi a modificarsi è l’ intero paradigma scientifico-tecnologico, chi non riesce a tenere dietro ai cambiamenti della lingua rischia di non possedere più gli strumenti per capire il mondo. E poiché il linguaggio è il pensiero, questo disallineamento della comprensione rappresenta un vulnus per tutta la società, non solo per l’individuo.
Santulli, professore di scienza e tecnologia dei materiali presso l’università di Camerino, rientrato in Italia nel 2006 dopo un lungo periodo lavorativo nel Regno Unito, racconta i pro e i contro della trasformazione dell’economia in senso circolare (riciclo, riuso, recupero) utilizzandone la lingua, piena di anglicismi — peraltro spiegati e sviscerati in maniera ammirevole — ma soprattutto ricca di concetti nuovi. La sua non è una posizione acriticamente entusiasta per uno sviluppo sostenibile; evidenzia difficoltà, greenwashing, rischi di effetti collaterali, ma parte dal presupposto che il passaggio è inevitabile, non solo perché in caso contrario non ci sarà futuro, ma soprattutto perché il mondo nuovo è già in movimento.
Indipendentemente dall’inerzia ideologica di alcuni governi, individui, comunità e persino parte dell’industria e della ricerca si stanno già spostando nella direzione della sostenibilità.
Questo libro è un ausilio scritto con uno stile semplice e preciso, tra l’altro ricco di riferimenti alla cultura pop, una intelligente introduzione al linguaggio nuovo. Il cuore dell’operazione può essere sintetizzato in un paragrafo di pag. 38:
“È ovvio che l’economia circolare è un’utopia, ma questo non deve impedirci di perseguirne l’avvicinamento, come un concetto di uso ottimale delle risorse. L’economia realmente circolare è un’utopia come il raggiungimento del rendimento unitario nei motori, o come la perfetta rappresentatività in democrazia, per esempio, ma questo non significa che non bisogna avvicinarvisi il più possibile.”
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