Una storia di resilienza e speranza in tempi straordinari
Riccardo Muzi
“La transizione stimola la creatività della gente per unirsi, al di là delle differenze, e fare un uso migliore delle proprie risorse e dell’energia”. “Per me la Transizione va verso un’economia dove tutti hanno un valore, in cui c’è posto per le persone e per l’ambiente”. “La Transizione significa impegnarsi con la tua comunità, costruire la tua comunità e aiutarla”. “La transizione è immaginare come sarà la nostra comunità fra 20, 30, 50 anni per un domani inclusivo, ricco, dove la gente è felice e lo stile di vita sostenibile.”
Sarebbe così facile spiegare cos’è la cosiddetta “Transizione ecologica”, basterebbe dare voce a chi la pratica davvero. Invece da noi, il didascalico verbo, come di consueto, proviene dall’alto cercando di infarcire parole giuste con altri significati, strumentali al mantenimento dello status quo. Allora, lasciamo da parte l’operazione di camouflage da parte del potere che opera solo per auto mantenersi, abbandoniamo la comunicazione filogovernativa al riguardo e “transitiamo” verso il racconto di persone che, dal basso, provano a cambiare la società attuale immaginando un futuro davvero alternativo e sostenibile per tutti.
“In transition 2.0” è un documentario che raccoglie le testimonianze di persone e comunità, da tutto il mondo, che partecipano ad un esperimento sociale globale. Un susseguirsi di parole semplici, di facce comuni, di intuizioni e idee messe in pratica. Alcuni stampano i propri soldi, altri producono cibo, c’è chi localizza le proprie economie e chi crea centrali elettriche comunitarie. Se viviamo nell’era dell’incertezza e dell’individualismo, dell’alienazione, “In transition 2.0” ci propone un metodo di vita alternativo utile per tentare di uscire fuori dalla soffocante attualità con speranza, ottimismo e azioni da intraprendere.
Al contrario di quanto si possa pensare, nel documentario è presente anche l’Italia: dobbiamo pur uscire fuori dal luogo comune che siamo sempre gli ultimi in tutto. E, a proposito di comune, in quello di Monteveglio (provincia di Bologna) il movimento della transizione riesce perfino a partorire figure istituzionali locali. Monteveglio ora non esiste più, confluito a formare un comune più grande, Valsamoggia, ma la sua esperienza è rintracciabile nel blog che raccoglie le tappe del cammino del primo comune italiano ad essere riconosciuto, nel 2008, come “città di transizione”.
“In transition 2.0” è stato rilasciato nel 2012 ma la forza dei suoi temi rimane inalterata e il documentario sembra invece che abbia addirittura precorso i tempi, visto che, a livello governativo, di “transizione ecologica” se ne sta parlando (finalmente ma fintamente) solo nell’ultimo periodo. La transizione genuina non ha bisogno di un approccio posticcio, ma di un’ispirata immaginazione da riversare nella concretezza grazie a piccole e grandi comunità unite dal desiderio di una consapevolezza maggiore sull’ambiente e la sua salvaguardia. Che, tradotto in termini ancora più semplici, è la ricerca di un metodo per far vivere meglio noi stessi. Ma, incredibilmente, nonostante riguardi la nostra esistenza, è un concetto ancora lontano dall’essere capito, invischiati come siamo nel presente e distratti da una fantomatica rincorsa al “green”.
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