Andrea “Clockwork” Barresi
Il presente post è apparso in precedenza su Novilunio, una community di lettori e scrittori che ha deciso di prendere la tastiera in mano e costruire un nuovo modo di fare letteratura.
In quanto genere giovane, il solarpunk ha ancora poche testate editoriali disposte a prendersi il rischio di pubblicazioni importanti o su larga scala. Uno dei tentativi notevoli è quello del sito di informazione americano Grist.org, il quale ogni anno indice un concorso di racconti di narrativa climatica intitolato Imagine 2200. In pochi anni è diventato il punto di riferimento per gli autori di questo genere, e all’edizione di quest’anno sono stati inviati più di 1200 racconti.
Il mese scorso sono stati annunciati i dodici vincitori del concorso, che potete leggere (in lingua inglese) a questo link. In quanto appassionato del genere e delle sue potenzialità, ho provato a leggere l’antologia per cercare ispirazione e ho deciso di condividere con voi le impressioni che ogni racconto mi ha suscitato.
12 – Lynn D. Jung, We Cast Our Eyes to the Unknowable Now
Riassunto: Ambientata in un quartiere nel quale si trova un burrone non riparato tra due condomini. La protagonista torna a casa dal lavoro in un fast food e non trova la sorellina; sale sul tetto dove c’è un giardino pensile e da lì vede la sorellina nel burrone. Corre giù per andarla a prendere, e vede che sta lavorando a un’aiuola di piante locali. Dopodiché tornano a casa insieme.
Recensione: Molto, molto scarna. I dettagli solarpunk sono pochi e tutti buttati lì senza approfondimento, spesso spiegati dai personaggi al lettore; nessuno compie scelte e alcuni elementi interessanti (la sorellina ha l’asma, il burrone da riparare) non vengono esplorati. Buona prosa, titolo ingannevole.
11 – Arekpitan Ikhenaode, To Rescue a Self
Riassunto: Una giornalista climatica nigeriana ritorna a Lagos dopo che la sua investigazione su un’azienda fossile non è andata a buon fine. È l’anno 2100 e la città è radicalmente cambiata, ma riesce a ritrovare i suoi amici (che ora lavorano tutti nel settore ecolegale). Cercano di tirarla su di morale e le parlano di questo progetto che combina innovazione e tradizione. Poi visita un grande parco naturale in cui incontra alcuni del posto e le parlano di un metodo che combina OGM con piante native. Torna a casa e aiuta l’amico bulimico dopo un episodio, gli confessa che si è sempre sentita un fallimento e si promettono che miglioreranno.
Recensione: Si vede che è costruito meglio del precedente, ma anche questo mi ha deluso abbastanza, soprattutto perché è di un’autrice nigeriana. Non c’era molto di futuristico nonostante fosse il 2100 (investigare Big Oil è una roba da 2010 semmai; Saro Wiwa è morto nel 1995), gli amici super specializzati erano lì solo per fare battutine e gli elementi tecnologici non erano nulla di originale. Dal titolo mi aspettavo una storia introspettiva che andava a fondo di un trauma, e invece è praticamente un depliant turistico per un parco naturale.
10 – Rich Larson, This View From Here
Riassunto: La protagonista ha litigato con il padre e ora si nasconde a casa della nonna. Nella notte torna a casa propria in bici e la mattina dopo prova a parlare con il padre. Lui scoppia in lacrime perché si rende conto che ha proiettato sulla figlia i traumi sulla morte della moglie, e ha paura che venga coinvolta in qualche disastro climatico lontano da casa. Il giorno dopo la figlia lascia casa per trasferirsi in città.
Recensione: Bei dialoghi, ma non c’è nulla di solarpunk. Nulla di tecnologico che sia rilevante per la storia (la bici era elettrica, viene menzionato un dispositivo VR una volta), gli eventi estremi sono tutti ipotetici o lontani e in generale è un semplicissimo dramma familiare che potrebbe essere ambientato negli anni Novanta, sicuramente non nel 2200. Il titolo stavolta non mi ha ingannato perché è terribile.
9 – K.J. Chien, The Ones Left Behind
Riassunto: La protagonista gestisce un ristorante di bachi da seta a PuertoChina lasciatole in eredità dalla nonna. Il fornitore di cibo per bruchi la avvisa che c’è un problema con il sistema di raccolta di acqua piovana e che gli alberi hanno sete. Vanno dalla responsabile e questa spiega che è solo un blocco nelle tubature, roba da poco. Vanno ad aiutare l’assistente e sbloccano i tubi. Arriva il temporale e non causa danni. Tornano al ristorante e si cucinano una frittura di bruchi. L’amico le racconta che tutta la gente ricca di New York se n’è andata e loro sono quelli “rimasti indietro”. Lei lo accompagna nella serra dei bruchi e si baciano.
Recensione: L’inizio mi è sembrato quello di un altro dramma familiare con la protagonista che piange per la nonna e basta, invece sono contento che l’autrice abbia provato a impostare un problema infrastrutturale. Purtroppo è ridicolo (tubature otturate che la città di New York non ha nessuno per riparare?) e certamente non un problema da anno 2200 ma da 1800. Comunque ben scritto, con ottime descrizioni culinarie e bei dialoghi; titolo che ancora una volta non c’entra nulla, twist romantico non necessario.
8 – Lily Séjor, The Isle of Beautiful Waters
Riassunto: Una famiglia di pastori guadalupegni affronta la siccità. La protagonista viene portata dai genitori alla fonte nascosta in cui c’è ancora acqua. Dopodiché con le sorelle si raccontano alcune leggende sulle origini di Guadalupe. Una notifica li informa che un uragano è in arrivo; insieme iniziano a cercare la madre ma non la trovano. L’uragano arriva e la narrazione si sposta sul mitologico, mischiandosi con le leggende raccontate dalle figlie.
Recensione: È stato un racconto molto difficile da leggere; ci sono molti termini caraibici che non ho trovato neanche su internet e gli accenti hanno reso i dialoghi veramente ostici. La prosa è molto ripetitiva, gli eventi sono un elenco di azioni e non ho capito affatto la divisione in capitoletti. Anche il finale è molto criptico.
7 – Katharine Tyndall, Tangles in the Weave
Riassunto: La protagonista attende di compiere una metamorfosi e ha molta ansia. Altri personaggi (padre, amici, etc) le danno consigli su come affrontarla. Gli altri hanno “anime” diverse (scimmie, lupi, polpi), ma lei sa di avere un’anima da farfalla blu, estinta 200 anni fa. Sogna di essere una farfalla che si reincarna controvoglia in una persona. Va alla Casa delle Farfalle dove una tipa le spiega le visioni. Altro sogno in cui vede la sua città nel futuro e parla con la sua farfalla interiore. Poi si sveglia dopo 10 giorni, inizia un sacco di hobby, trova un ragazzo e lo bacia.
Recensione: Racconto molto onirico e personale. Forse è un’allegoria di genere ma o è veramente superficiale o non credo di averla colta. Mi è parso più vicino al genere fantasy, e gli elementi solarpunk sono troppo pochi per giustificarne la presenza in questa classifica.
6 – Kanechi Udogu, Plantains in Heaven
Riassunto: Ambientato in una Londra parzialmente sommersa. I protagonisti si spostano in barche a remi per portare materiali da una parte all’altra della città. La nonna di una dei personaggi è in difficoltà, e lei è la rematrice designata per le visite alla chiesa locale. Una dei personaggi chiede dei semi di banana verde, pianta legata al suo retaggio nigeriano, per rendere felice la nonna. Il protagonista accetta, alla condizione che l’aiuterà a coltivare le piante nel modo giusto. Mesi dopo iniziano a piantare le banane verdi negli edifici abbandonati e sommersi. Gli ispettori di sicurezza stanno per beccarli durante un controllo, ma riescono a sfuggirgli. L’edificio viene dichiarato a rischio strutturale entro i prossimi dodici mesi, ma i protagonisti decidono di continuare a crescervi le banane.
Recensione: La prosa piuttosto ostica, la banalità degli eventi e i repentini flashback a interrompere i dialoghi hanno reso molto difficile arrivare in fondo a questa storia. Il protagonista viene costantemente infantilizzato e ciò non mi ha coinvolto nella narrazione. Apprezzo il tentativo di mostrare le varie relazioni economiche tra personaggi e istituzioni. La penultima scena avrebbe dovuto ispirare tensione ma non mi ha trasmesso nessun senso di urgenza.
5 – Parker M. O’Neill, Our Continuity, Each of Us Raindrops
Riassunto: Un drone semina nuvole per creare una pioggia costante sull’intero stato di New York, secondo un programma che dura 320 anni. Il protagonista aspetta che una partita di football finisca perché un giocatore deve dargli una tartaruga; suo fratello è in Florida e ha una malattia rara, è presente alla partita con un drone che è i suoi occhi e le sue orecchie. Protagonista e drone sono in viaggio per recuperare quante più specie in pericolo di estinzione possibili. Arrivano su una spiaggia, inseguendo il drone della pioggia, e incontrano il fratello del giocatore che gli dice che alla radio hanno avvisato del ragazzo con il drone e sono tutti in allerta. Il drone dice al protagonista di andare avanti da solo, senza di lui non possono trovarlo. Dopodiché il drone si lancia nelle nuvole a inseguire il drone della pioggia.
Recensione: Molto bello e profondo, anche se un po’ complicato all’inizio (avevo confuso il drone-fratello e il drone-pioggia). Questo autore ha belle idee; mi sono immedesimato molto nei fratelli, ma anche nel giocatore di football nonostante non sia un personaggio positivo. Le continue descrizioni che mischiano meteo e sport e cultura delle First Nations sono veramente belle. Un peccato che siano tutti personaggi maschi, e che il finale sia monco.
4 – Jana Bianchi, Eulogy to Each and Every End
Riassunto: Maestra e apprendista sono i becchini del paese; devono seppellire uno che è morto a 118 anni. Preparano un vestito con delle spore in modo che decomponga il cadavere, ma devono studiarne le decorazioni in modo che riassumano la vita del defunto. Passano alla sagra dell’acqua di calce con cui ridipingono i muri del paese, poi vanno a vedere le stelle con gli amici. Sei mesi dopo si rompe un tubo e muore un altro paesano; i protagonisti parlano delle loro insicurezze mentre preparano il vestito. Passano altre settimane, trovano una sconosciuta morta per strada e le fanno un vestito. Un anno dopo la maestra muore e l’apprendista le fa il vestito.
Recensione: Dialoghi un po’ troppo espositivi, ma l’atmosfera del paesino brasiliano è meravigliosa. Purtroppo la prima metà è quasi puramente descrittiva, il primo “colpo di scena” è descritto tipo in due righe e non mi è per nulla piaciuto com’è organizzata la narrazione (mi viene detto dopo che il morto era un caro amico del protagonista e che avevano litigato). La premessa è molto interessante ma alla fine è un’altra storia di insicurezze.
3 – Dave Chua, Mousedeer Versus the Ghost Ships
Riassunto: Un peschereccio automatico entra nella baia dove vivono i protagonisti, che lo manomettono per liberare i pesci e dirottarlo. I protagonisti giocano a qualche gioco da tavolo, poi lavorano ad alcune piante. Individuano un altro macchinario automatico che ruba sabbia dalla baia ma non provano a fermarlo. La macchina si rovescia e una dei protagonisti è coinvolta nell’incidente; la recuperano e la portano in salvo.
Recensione: Nonostante mi piacesse l’inizio continuavo a distrarmi; ho trovato la prosa un po’ ostile ma non so dire bene perché. Semplicemente perdevo interesse e non avevo voglia di continuare la lettura. Interessante l’ambientazione sudestasiatica, ma non mi ha colpito nient’altro. Particolarmente fastidiosa la narrazione in prima persona senza che venga mai detto nulla sul narratore.
2 – Vinny Rose Pinto, Last Tuesday, for Eternity
Riassunto: Il/la protagonista androide ha un malfunzionamento al polso e capisce che dopo 130 anni è il momento di spegnersi, anche se si è innamoratǝ da poco. Insieme al “partner” vede un’altra coppia umano-androide, il secondo è stato riparato più volte. Il protagonista riflette su come dire al partner del malfunzionamento. Infine ne parlano, passano in rassegna tutte le possibili opzioni di riparazione; capiscono che il protagonista non morirà ma cambierà. I due vanno a un sito di sepoltura dove scelgono la pianta sotto al quale seppellire il protagonista. Un altro androide gli disassembla la mano, e poi la sua coscienza si dissolve.
Recensione: Ottimo incipit, fantastico il modo in cui si aggiungono progressivamente informazioni. I pronomi degli androidi sono un po’ cacofonici all’inizio ma ci si fa l’abitudine, e il resto della prosa è limpidissimo. Androide forse troppo umano, ma comunque reso alla grande; peccato per i dialoghi un po’ espositivi, soprattutto nella seconda metà. Finale ambiguo che non ho capito bene.
1 – Sage Hoffman Nadeau, Meet Me Under the Molokhia
Riassunto: La protagonista abita in Libano, di fianco ai prototipi di “molokhia” dismessi. Mentre vaga per un bosco ha una visione di una persona che afferra un serpente, forse un djinn. La raggiunge sua cugina, chiacchierano e mentre torna a casa incontra di nuovo il djinn che le rivela il suo nome. Due giorni dopo, mentre fa dei lavori in giardino, la incontra di nuovo. La porta sul tetto e le racconta che i suoi nonni erano benefattori molto ricchi. La zia l’ha vista con il djinn e le racconta che anche lei era innamorata di uno di loro. I due si incontrano di nuovo e si baciano al tramonto.
Recensione: Apertura molto banale con il solito infodump. Il djinn parla come se fosse una coetanea della protagonista, e subito inizia il flirt: praticamente un racconto romance con due dettagli solarpunk buttati dentro all’inizio. Assolutamente fuori luogo nel concorso, a mio parere.
Conclusioni Generali
Come avrete notato dalle recensioni, la maggior parte dei racconti mi ha lasciato generalmente deluso. Mi aspettavo il meglio che il solarpunk avesse da offrire, invece dopo le prime storie ho dovuto ricalibrare le aspettative a una generica narrativa climatica che esplora molti meno temi del solarpunk. I racconti incentrati sulla tecnologia sono una minoranza, la gran parte sono drammi personali o familiari che, per quanto non esterni al genere e assolutamente necessari e validi, non dovrebbero essere la colonna portante di tutte le storie.
Avrei voluto più avventure, più anticapitalismo, più immaginazione sui rapporti che abbiamo e che avremo con la tecnologia e con il resto della società. Il 2200 è lontano, e questi racconti non mi aiutano per nulla a visualizzarlo; sono miopi, bloccati su un presente comprensibilmente spaventoso e da esorcizzare. Si fatica a puntare lo sguardo al di là degli ostacoli.
Andrea “Clockwork” Barresi
Tutte le immagini a corredo dei racconti sono tratte dal sito Grist
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