Agatea, la giovane ragazza-tigre, accetterà di tornare sulla Terra per affrontare un duello contro il clan rivale?
Scaricalo qui: Tigre contro tigre, Delos Digital
In un lontano futuro, quella parte di umanità che ha scelto di vivere in zone del nostro pianeta ritornate allo stato edenista ha acquisito caratteristiche proprie di alcuni animali. Agatea è una giovane ragazza-tigre che ha lasciato la propria famiglia e la propria gens per emigrare nell’habitat spaziale di Tarcisia, un gigantesco ambiente artificiale che contiene anche vaste aree selvagge. In una di queste, Agatea dà spettacolo ai turisti cacciando grandi mammut con armi primitive: una pratica che comunque prevede il rispetto della vittima, e la sua comunione nella mente della cacciatrice, che ne assimila i ricordi facendoli suoi. Ma il padre di Agatea, Buzio, arriva su Tarcisia per ricondurre la figlia ai doveri di famiglia: accetterà la ragazza-tigre di tornare sulla Terra per sostenere una sfida con il clan avversario, gli Ordenho, su una disputa territoriale? Una suggestiva avventura in cui le controversie non si risolvono con sanguinose faide e i duelli non sono all’ultimo sangue, bensì disfide a livello estetico che devono ottenere il consenso di una società con un senso etico molto più sviluppato del nostro.
L’autore
Lorenzo Davia, laureato in ingegneria, si occupa di ambiente e inquinamento e collabora con la rivista Horror Magazine e altre riviste online pubblicando saggi e articoli sui videogiochi e il retrofuturismo.
Il suo racconto Ascensione Negata si è classificato nel 2017 secondo alla prima edizione del Premio Urania Short, mentre Umuntu Umuntu Ngabantu è arrivato terzo al concorso letterario di racconti di Fantascienza LGBTQI del 2017; è stato finalista al Premio Urania, al Premio Italia e al Premio Vegetti con il romanzo Capitalpunk pubblicato nella collana eAvatar da Kipple Officina Libraria, mentre nel 2023 con il racconto Testimone Vivente ha vinto il premio Urania Short.
E’ uno dei fondatori del Collettivo Italiano di Fantascienza, con il quale ha realizzato il podcast intitolato CIFcast ed è stato curatore delle antologie Pianeti dimenticati e 2050: Quel che resta di noi edite nel 2021 da Delos Digital.
L’incipit
La tigre uscì dall’ascensore, camminò fino al centro della hall dell’astroporto e si fermò, fingendo di guardarsi attorno ma in realtà volendo attirare l’attenzione.
Indossava un completo con giacca e pantaloni magenta inchiostro, scarpe in pelle clonata di serpente e un cappello beige a tesa media decorato con un nastro color giada.
I facchindroidi lo ignorarono, i passeggeri in arrivo o in partenza da Tarcisia non si fermarono ad ammirarlo, non lo degnarono di una seconda occhiata, i loro occhi passavano su di lui quanto bastava per evitarlo, dato che occupava il luogo di maggior passaggio. I commessi dei chiostri mantennero uno sguardo vago.
Con un gesto teatrale scostò un lembo della giacca per far finta di prendere qualcosa dal taschino interno, facendo bene attenzione a mostrare il panciotto a righe blu e rosa che portava sotto.
Nessuno restò impressionato dall’abbinamento di colori, dal taglio fa-vo-lo-so del panciotto e dal suo valore.
Buzio sbuffò, fece vibrare i baffi.
Degnò di studio l’ambiente. I facchini erano droni senza coscienza, i passeggeri appartenevano a gens umane e addlevate: grassi ippopotami, fieri leoni, un gregge di pecore e qualche rettile. Erano per la maggior parte umanoidi come lui, indossavano scialbi abiti adatti al viaggio a bassa gravità o tutine dai colori banali e dal taglio monotono, che sembravano andare per la maggiore tra i locali.
Trattenne un ruggito per lo spreco di esibizione. Era lì per cercare sua figlia, era sicuro che almeno avrebbe impressionato lei con la sua Arte.
Seguì le indicazioni olografiche fino al ritiro bagagli. Affittò un facchindroide. I nastri portarono le sue valigie e bauli. Aveva programmato una visita di tre giorni, giusto il tempo per trovare sua figlia, convincerla a tornare, e far ammirare a tutto l’habitat la sua Arte. Tre giorni, per i quali aveva calcolato che gli sarebbero bastati 35 completi (mattino – pranzo – pomeriggio – cena e sera con possibili ricambi e variazioni), 35 paia di scarpe, 40 cravatte, 40 fazzoletti da taschino, 80 cappelli. Man mano che le valigie arrivavano Buzio le caricava sul facchindroide, finché questo non brillò di luci rosse di allarme.
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