Romina Braggion
Ho dimenticato il motivo del mio recente interesse verso Rodari e, purtroppo, da piccola non ho avuto la fortuna e il piacere né di leggerlo, né di incontrare una persona che me lo abbia fatto amare con la profondità che merita.
L’opera, e il relativo portato sociale, culturale e politico di Rodari, sono stati annacquati e dileggiati con il trascorrere del tempo, mala tempora currunt.
Di conseguenza è bene rinnovare la lettura, lo studio e la riproposta dell’intera opera di Rodari affinché vengano messi a dimora desiderabili semi utopici, non solo nelle giovani menti, ma soprattutto nelle menti adulte di chi si occupa dell’educazione della prima infanzia e de3 ragazz3.
Il percorso che propongo è lo stesso che ho affrontato durante la riscoperta del Maestro di Omegna.
Quindi, seguendo l’ordine:
- un saggio scritto da Alice Bigli, recensito qui;
- una bibliografia, a tema Utopia, che ho predisposto dopo accurate letture, pubblicata qui;
- infine, ma non ultimo, il saggio fondamentale di Rodari – lo inserirei nel programma di studio di chiunque voglia insegnare, dall’asilo all’università – “La grammatica della fantasia”, recensito e pubblicato qui.
Mi auguro di essere riuscita nell’intento di stimolare la voglia di riproporre Rodari nella maniera che lui stesso avrebbe desiderato: con responsabilità e la pratica dell’ottimismo.
Soprattutto, auspico di avere io stessa versato, attraverso l’analisi dei suoi scritti, il succo fecondo dell’immaginazione e dell’utopia.
Credo che l’intento di Rodari sia stato proprio questo: avere seminato una pianta di cui tutti possano godere dei frutti.


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