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di Martina Sandre

Questo articolo, integrale dell’editoriale sulla newsletter di ottobre, vuole prima di tutto essere un invito alla riflessione verso il significato profondo che diamo alle cose. Questo è il filo principale da tenere in considerazione durante la lettura del seguente testo. Mi rendo conto che ciò che troverete scritto è un argomento molto ampio che necessita approfondimento in tutte le sue ramificazioni, ma da qualche parte bisogna pur cominciare perciò vi chiedo pazienza e per il resto si dia tempo al tempo.
Non mi dilungherò in questo spazio riguardo all’analisi individuale dell’impatto ambientale delle pratiche che saranno presentate, più tradizionali o innovative che siano, nonostante tutto sia strettamente interconnesso all’argomento, in quanto merita un articolo specifico corposo e dettagliato. [M.S.]

Nel suo perpetuo ripresentarsi la stagione autunnale ci mette di fronte ad uno dei nostri tabù moderni: la Morte e il nostro rapporto con essa, con chi non c’è più e quel mondo al di là di questo. Ma non solo, in autunno si concentrano anche quelle celebrazioni di ringraziamento alla terra per il raccolto ricevuto, lasciandosi dietro le spalle la bella stagione e queste celebrazioni sono strettamente interconnesse tra loro, nonostante il nostro tentativo di separazione.

Queste tematiche nella storia hanno trovato voce nella ritualità umana, che si fa scudo e abbraccio di fronte alla paura dell’ignoto, del grande tutto in cui siamo immersi.

E mentre la tradizione del riunirsi con amici e familiari in tali occasioni si è conservata nel tempo, il momento di raccoglimento riflessivo, di pausa e contemplazione di quell’abisso che è l’esistenza umana (o magari il futuro della nostra società percepito da alcuni come un baratro) personificato nella Signora Morte, si è trasformato con il passare degli anni. Tagliate le radici questo nostro timore viscerale è stato accolto dalla tendenza dell’ultimo tempo: il consumismo. Vivere con la paura dell’ignoto è estremamente spaventoso, per fortuna possiamo affidarci ai festoni di Halloween nelle vetrine dei negozi già ai primi di settembre.

© Martina Sandre, 2024

Il Solarpunk in quanto tale mira ad una riconciliazione con l’ambiente naturale, quindi vi invito: approfittiamo delle tematiche che ottobre e la stagione autunnale ci presentano e prendiamo quel momento di riflessione.

Parliamo un po’ di Morte e di Vita, con un piccolo focus sull’interconnessione con l’ecosistema.

Nell’Africa Meridionale quando l’abbondanza portata dal periodo di piena del fiume Okavango comincia a scemare, gli elefanti, bulldozer naturali, abbattono alberi facendo cadere a terra il cibo rimasto.

[…] questa cena demolitrice innesca una reazione a catena che ha ripercussioni ben oltre il deserto, innescando un altro fenomeno naturale: il fuoco.
I rami secchi fanno da miccia a incendi boschivi stagionali che danno nuova linfa alla savana, e tra queste fiamme parte un nuovo filo nella vasta rete della vita, un collegamento che connetterà i continenti.
Mentre le sterpaglie e la terra bruciano, microscopici nutrienti abbandonano la loro vita terrena alzandosi in cielo assieme al fumo, fino ad incontrare le nuvole. Nell’atmosfera pennacchi di fosforo viaggiano grazie alle correnti d’aria e i sistemi climatici. I fertilizzanti attraversano tutto l’Atlantico fino a raggiungere i cieli dell’America del Sud, dove la loro magia cade con la pioggia sulla maestosa Foresta Amazzonica.
Metà del fosforo che arriva qui arriva dagli incendi africani, fornendo un’ancora di salvezza intercontinentale per le tremilioni di specie che abitano questi luoghi.

Mentre assisto a questa meraviglia portata sul mio schermo dal documentario “Un Mondo di Vita”, qualcosa in me scatta. Negli ecosistemi la morte è strettamente legata alla vita, si tratta di Sinergia. In natura, quando animali e piante muoiono, i nutrienti presenti nei loro corpi rientrano nel circolo della catena alimentare e penetrano nel terreno dove il micelio delle colonie di funghi li aspetta. Micelio che con le radici degli alberi ad esso legate crea l’importantissimo wood wide web. (potete leggere a riguardo recuperando l’articolo “Semi: proteggiamo le nostre reti fungine” qui scritto da Silvia Treves)

Qual è invece il contributo che la nostra morte porta alla vita, all’ambiente circostante ed all’ecosistema? Il mio corpo esanime non verrà direttamente offerto agli animali dei boschi italiani, ma almeno le fibre del mio corpo torneranno alla terra e in quale modo?

Tumulazione, inumazione e cremazione sono attualmente i tre principali metodi tradizionali usati in Italia e non solo. La  tumulazione consiste nell’ inserire una doppia bara, interna in zinco ed esterna in legno, in un loculo. L’inumazione è la sepoltura della sola bara in legno in una fossa scavata nella nuda terra, per questo anche chiamata “sepoltura a/in terra”. Ebbene, con questa pratica il mio corpo torna alla terra, il micelio ne sarà felice, ma quale vita ne deriva? In Italia le attuali normative non permettono sepolture con piantumazione di alberi. Nei cimiteri urbani la vegetazione non è granchè e non sono concepiti come luoghi creati per poter essere vissuti anche nella propria quotidianità. Ti riunisci alla terra, ma questa è stata alienata dalla vita.

Con la terza pratica, la cremazione ( attualmente in crescita in Italia), l’urna cineraria sigillata può essere conservata in casa, posta in loculo, oppure dispersa in adibite aree del cimitero o in luoghi naturali che rispettino le regole vigenti della legge italiana. La cremazione quindi è al momento la pratica percepita come più a contatto con il mondo naturale e il rientrare nel ciclo vita/morte/vita che connette al Tutto.

Ma lo spargimento delle ceneri a livello simbolico non basta a contrastare l’estraniazione con cui l’uomo si pone alla natura a livello materiale e concettuale. Se per tanto tempo abbiamo ignorato come il nostro stile di vita consuma l’ambiente (e noi), nei tempi recenti si sta sempre più sviluppando una coscienza attenta all’ecologia che porta a prendere in considerazione e soppesare l’impatto ambientale in ogni settore, compreso quello delle pratiche funerarie. Le problematiche più conosciute sono il disboscamento per il recupero di terreno degli spazi cimiteriali e di materiale per le bare, l’inquinamento del terreno per gli agenti chimici con cui corpi e bare vengono trattati in alcuni paesi, e dell’aria per quanto riguarda le cremazioni. Altro aspetto che meriterebbe un’ indagine mirata è l’utilizzo in maniera massiccia di marmo e granito nell’arte funeraria, il conseguente sfruttamento delle cave e il loro impatto sulle montagne, che sappiamo già essere tragico.

Sono infatti il motore dell’impatto ambientale e una rinnovata sensibilità che muovono nuovi progetti di sperimentazione sul come prendersi cura dei nostri defunti in relazione all’ambiente.

[…] nella mitologia norvegese i mangiatori di peccati sono mangiatori di carogne che divorano i morti, li tengono nel ventre e in incubazione li portano a Hel, che non è un posto ma una persona. Hel è la Dea della vita e della morte. Mostra ai morti come tornare a vivere. Diventano sempre più giovani, finchè sono pronti a rinascere e sono riportati in vita.” – Clarissa Pinkola Estés, “Donne che corrono coi lupi”

© Martina Sandre, 2024

Dalle possibilità legate al mondo dei funghi (come il vestito di spore o la bara creata con il micelio), al compostaggio umano e le molteplici varianti di urne, capsule e feretri biodegradabili, molte sono le alternative green che man in mano si stanno esplorando e sperimentando in giro per il mondo. Opzioni volte ad abbassare l’impatto ambientale della loro produzione, utilizzo e lascito, oltre che a portare nutrimento al nostro rapporto con le sinergie naturali. Tramite la terra la nostra essenza materiale, i nutrienti, va a costituire parte della linfa vitale della flora e della fauna attorno a noi e così torniamo ad essere baciati dal sole. Ecco il ritorno alla Vita. Nella cultura occidentale siamo stati educati a concepire in maniera spezzata uno degli aspetti più profondi e antichi della Natura: nella medicina cinese il polmone è collegato alla stagione dell’autunno, quando un respiro finisce, un altro inizia. La Morte nasconde il principio della creazione. In essa ci diamo completamente, i limiti si assottigliano fino a disgregarsi e l’Uno torna al Tutto e Tutto é Uno. Il cedere completamente i nostri corpi alla morte e quindi nuovamente alla vita è una forma di Dono, atto che può essere maggiormente consapevole. La donazione di organi è un gesto che risuona e ci allinea con questo moto di cura che la morte può avere nei confronti della vita.

Adottando trasformazioni pratiche, siamo in grado di plasmare cultura e mondo simbolico.

Attualmente le pratiche green sono legalmente accettate in minima parte e in pochi paesi. In Italia decreti, valori morali e religiosi non permettono a queste nuove vie di prendere piede, nonostante una crescita di interesse. L’unica al momento possibile è il sotterramento delle ceneri tramite capsule biodegradabili, che andranno a nutrire un albero piantato in un secondo momento. Rimane importante pensare anche agli affetti in lutto e alla loro preferenza sul come elaborarlo, per questo è essenziale che le pratiche e i luoghi tradizionali vengano ripensati, andando incontro alle necessità ambientali e sociali presenti e future. Su questo aspetto si distinguono in Inghilterra i cimiteri rurali: luoghi concepiti per unire in coesistenza la bellezza del paesaggio naturale, ispirato ai giardini inglesi, con l’arte scultorea e architettonica, inoltre vissuti come un’ area pubblica ricreativa, adibita a contemplazione e riflessione sulla vita e sulla morte.

Riti e spazi funebri che coinvolgano la natura e siano in armonia con essa, hanno la possibilità di trasmettere a chi rimane una percezione della morte come un momento di trasformazione, continuità, rivestita di speranza.

In mezzo ai progetti che coinvolgono direttamente la concezione di cimitero e i metodi funerari, sulla linea dei cimiteri rurali e visione solarpunk, colpisce in particolar modo il progetto italiano “Arborvitae”, anche conosciuto come “I am a tree” o “grabtree”. Prendendo in considerazione le città sofferenti dalla cementificazione e dall’inquinamento, il progetto si focalizza sulla rigenerazione del territorio tramite la forestazione urbana di boschi commemorativi. Un bel paesaggio per le città del futuro, dove l’ecosistema viene ripristinato e dove poter piacevolmente andare in bicicletta a trovare i propri cari al parco.

Il solo fatto che ci sia la volontà di esplorare modi innovativi, di profonda sensibilità nel rapportarsi alla morte come parte integrante della vita per chi non c’è più e chi rimane, è degno di nota e di valore culturale, in grado di riqualificare il nostro ecosistema.

Non otterremo però una sinergia benefica e sostenibile solamente scegliendo la maniera più ecologica per affrontare il passaggio trasformativo della nostra morte, ma con un cambiamento di mentalità a suo riguardo in ogni nostro ambito. L’interconnessione di tutte le cose insegna a prendersi cura del tutto. Migliorare il nostro rapporto con la Morte che dà alla Vita, significa anche ripensare alla relazione che abbiamo con la morte degli oggetti. Abbiamo la mentalità abitudinaria per cui oggettifichiamo ogni cosa, riducendola al suo mero utilizzo da sfruttare a nostro vantaggio. Una volta che per noi non ha più valore, non apportandoci un guadagno esclusivo, allora l’oggetto perde la sua qualità intrinseca, non è più meritevole delle nostre cure, non serve più a niente. Ecco che questo diventa un rifiuto da smaltire. Come cambierebbe il mondo se considerassimo i nostri scarti come preziosi? Meritevoli di una trasformazione che permetta loro un migliore integramento sinergico con il nostro ecosistema. Ecco quindi come seguendo il sentiero di Signora Morte un’altra porta si apre su un vastissimo argomento, mostrandoci nuovamente interconnessione e sinergie dei sistemi.

There’s no such thing as waste, is just stuff in the wrong place

Martina Sandre

Fonti:

Documentario “Un mondo di Vita” – Netflix

Libro “Donne che corrono con i Lupi” – Clarissa Pinkola Estés

Arborvitae

La bara green e altri modi bio per salutare il caro estinto, da La Repubblica

La storia dei cimiteri a la loro evoluzione


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