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Antonio Ippolito

Partita un po’ in sordina a maggio con un battage pubblicitario di infografiche criptiche esibite in metropolitana, questa iniziativa ha ripreso slancio a settembre. Non è tanto una mostra quanto una Expo sulle disuguaglianze, uno smörgåsbord[1] di mostre le più svariate su tutte le possibili forme di diseguaglianza, che sfrutta le molteplici possibilità espositive del Palazzo dell’Arte, nell’ambito della 24° Triennale.

A grandi linee il piano terra è dedicato agli aspetti sociali delle diseguaglianze, mentre il primo piano a quelle biologiche.

Di grande impatto le infografiche Shapes of inequality e Atlas of the changing world: oltre alla bellezza grafica e alla rilevanza dei dati, trasmettono un metodo preciso per la misurazione delle caratteristiche sociali. Tutti sappiamo che nel Terzo Mondo si sta male e che ci sono molti migranti, ma vedere graficamente le differenze, anche tra i paesi di una stessa regione, è illuminante; come lo è rendersi conto di come l’Italia sia, nonostante tutto, un paese molto meno diseguale degli USA, dove l’aspettativa di vita tra i quartieri di una stessa metropoli può variare anche di trent’anni… nonostante negli USA la spesa procapite per la salute sia la più alta al mondo (sommando pubblica e privata, naturalmente; e avendo come risultato l’aspettativa di vita più bassa dell’Occidente, l’unica in calo).

Alla razionalità delle infografiche fa da contraltare l’impatto emotivo di Cities, sezione introdotta da un filmato di Amos Gitai, il più noto regista israeliano, dove su uno sfondo di scontri tra popolazione ed esercito una serie di attori recita in ebraico brani pacifisti di profeti dell’Antico Testamento; intorno pendono i “quilts” o patchwork realizzati da superstiti e parenti delle 72 vittime dell’incendio alla Greenfell Tower di Londra, assurto a simbolo della scarsa considerazione verso le minoranze che vi abitavano; è un esempio di “craftivism”, manifestare tramite la creazione di oggetti artigianali.

Altri video narrano della vita prima e dopo il trasferimento dalle Vele di Scampia; un afflato utopico viene dalle Svalbard, sotto controllo norvegese ma unico territorio al mondo ad accettare immigrati e lavoratori senza alcun tipo di particolare visto (mentre scorrono le immagine della vita nelle isole, il documentarista ricostruisce la nascita del concetto ottocentesco di “territorio nazionale” e del passaporto moderno, tramite un congresso a Parigi nel 1920: documento che, ricorda, sembrava assurdo a Stefan Zweig e a tanti altri nostalgici del “mondo di prima”). Un efficace poster è dedicato al “redlining”, l’insieme di pratiche bancarie volte a mantenere la segregazione razziale nelle città USA anche quando sarebbe stata ormai illegale. Toccante anche Radio Ballads, una serie di interviste a gruppi marginali di Londra.

Gli amanti dell’architettura saranno entusiasti di Towards a more equal future: aree progettuali, dove si mostrano progetti per rendere più vivibili bidonvilles e slums ma partendo dal basso, senza trasformarle in quartieri per i ceti medii ed espellere gli abitanti originali. E per i visitatori milanesi i video di Milan. Paradoxes and opportunities offrono una scomposizione della città in 91 NIL (zone omogenee dal punto di vista socioeconomico) per capire dove redditi, costo dell’abitare, età media, numerosità delle famiglie aumentano o diminuiscono (non sempre in sintonia!).

Antonio Ippolito

Note

[1] Tradizionale colazione svedese a buffet comprendente numerose diverse specialità: parolona usata da Theodore Sturgeon nel suo bel racconto Maturità, e che da quarant’anni aspetto di poter riutilizzare.

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